martedì 30 marzo 2010

... E liberami dai lombardi


Caro Boss,
diamoci del tu, posso? Sai, anch'io sono una persona abbastanza influente, dalle mie parti. Certo, non oso paragonarmi a te, ma insomma...

Ti scrivo di prima mattina, questa notte sono stato eletto per la quarta volta Governatore della Lombardia... Sì... Esatto... Quella regione così ricca, sì, Milano capitale della moda, la sanità, la sussidiarietà, Motore d'Europa... Cosa? Quale regione più inquinata del mondo?!? Ah sì, da lassù vedi tutto nero? Strano, i nostri sistemi di rilevamento funzionano benissimo!!

Vabbe' insomma, Boss, non cambiamo discorso.
Ti scrivo perché ti volevo ringraziare. Ti volevo ringraziare perché sono un figo. Però, ho un problema.

Sai, quindici anni fa, quando diventai Governatore per la prima volta, era tutto bellissimo: il Grande Movimento Cattolico, la sussidiarietà da costruire, il nuovo che avanza, e io così giovane e già così in alto! Sono stati anni meravigliosi, abbiamo fatto grandi cose: ospedali eccellenti, leggi meravigliose, associazioni, studenti che volantinavano per me.

Quindici anni, e neanche uno che abbia tradito: la prossima volta dì a tuo figlio di passare da me, prima.

Sai Boss, il problema è che inizio ad annoiarmi. E che a Roma non mi ci vogliono, non c'è verso. Si sono presi persino quella vecchia garampana del Sindaco, che detesto ma tu sai che è che è solo sana e santa competizione, e io: nisba.

Io vorrei fare il Primo Ministro, oppure il Ministro degli Esteri: bello sono bello, potente sono potente, la castita l'ho predicata pure io, cosa mi manca?

Vadi, il problema è proprio questo: è che, per il momento, l'unico cupolone che posso ammirare è quello del San Raffaele.

Caro Boss, liberami dai lombardi. Almeno tu.

Tuo
Roberto F.

domenica 28 marzo 2010

Digital Divide



Oggi il piccolo ing. ha deciso di ricavarsi uno spazio privato.

Questa sua sacrosanta esigenza è stata assolta svuotando lo sgabuzzino dalla quantità di cose inutili (a suo insindacabile giudizio) che rendevano inagibile il suddetto sgabuzzino.

Dopo aver spostato in ingresso scarpe, stivali e carta igienica, il piccolo ing. ha preso dunque possesso del suo spazio privato.

Il cui confine è stato significativamente segnalato, come potete vedere dall'immagine sopra. Sul retro del foglio, i nomi delle uniche persone ammesse alla condivisione di cotale spazio: la sorella, e i suoi due amici del cuore.

venerdì 26 marzo 2010

Per una notte, per fortuna


Mattiamola così.
Una guarda Raiperunanotte come segno di protesta civile.
E si ritrova alla Festa dell'Unità.
O, meglio: magari le Feste dell'Unità fossero ancora così, pensa, sebbene lei non ci abbia mai messo piede.

Si ritrova davanti ad una folla di persone che non trova più, in questo Paese, una rappresentanza politica. E questo è un fatto grave, molto grave.

Si ritrova Morgan e Venditti che cantano insieme, e non può fare a meno di pensare che, come dice l'Ing., se Venditti si fosse suicidato alla fine degli anni Ottanta sarebbe passato alla storia come un grande cantautore.

Si ritrova a fare le parti del povero Floris, che pare il martire nella caienna del Palavozza. Povero-Floris, in evidente difficoltà, prova a dire qualcosa di moderato, e lo fischiano.

Al terzo operaio in cassa integrazione va a spiare Nientology.

Si commuove, nonstante tutto, a guardare la folla di persone che sta lì fuori e a pensare che Murdoch e Santoro, in Italia, sono i paladini della libera informazione.

Si chiede, per quanto tempo ancora si andrà avanti ad affrontare il nuovo con i soliti vecchi schemi mentali.

Si annoia da sola, come al solito, a pensare alle storie che né a Uno Mattina, dove il nostro Presidente del Consiglio parla agli elettori di riferimento, né da Santoro, comparirà mai.

lunedì 22 marzo 2010

Storia di un sabato diverso, di Cascine dal nome buffo e di una terra che accoglie


La campagna intorno a Pavia è un paesaggio che scorre veloce dall'autostrada, quando andiamo al mare. E' un paesaggio che regala meravigliosi tramonti, in estate. E nugoli di zanzare spiaccicati sul parabrezza.

La campagna intorno a Pavia è un paesaggio che sta nel mio DNA: il luogo dove sono nata, e dove ho vissuto per molti anni, era così prima di essere inghiottito dai palazzi, dalle strade, dai centri commerciali e dalle sedi di importanti multinazionali. Il mio ricordo è una cascina intorno alla quale, man mano, sono sorti palazzi e il traffico è impazzito: una vecchia sciupata, che guarda incredula un mondo che dimentica troppo in fretta.

Un mondo dai ritmi diversi dove si può respirare profondo: così pensavo sabato mattina, bigio di pioggia, mentre uscivamo dall'autostrada a Bereguardo e lasciavamo le macchine alla loro folle corsa. Noi andavamo in un piccolo borgo dove ancora se ti fermi a chiedere indicazioni alle due vecchiette che incontri per strada senti Cara, va' che bell, un occhio amorevole sui tuoi figli e un'espressione in una lingua che non sei mai riuscita a pronunciare, sebbene tu la capisca perfettamente.

Andavamo su invito di Letizia di Ecor alla giornata aperta delle Cascine Orsine, un'azienda dove si coltiva il riso biodinamico e le rane sono tornate a gracidare. Le Cascine Orsine sono un'azienda agricola, ma sono anche una meravigliosa cascina rosso pompei contro il grigio del cielo e della terra, sono uno spaccio di prodotti alimentari biologici (aperto solo il sabato), sono la proprietà di una grande famiglia milanese che ha potuto permettersi il lusso di sperimentare, ma che comunque non era obbligata a farlo (potevano fare altro, che so, costruire Milano2). Abbiamo visto le mucche, gli agnellini che prendevano il latte dalla mamma, la paglia e il toro. Andavamo, tra giornalisti e blogger che si occupano di cucina ed alimentazione, mostrando la nostra evidente biodiversità e ammettendo di avere diecimila intolleranze alimentari, tra persone che capivano perfettamente



Il piccolo ing., che da quando gioca a Farmville ha deciso che, tra le altre cose, da grande andrà a vivere in campagna, ha avuto modo di contare più di cinque trattori. E, come dicono in campagna, ha fatto giornata.



Per fortuna la lezione pomeridiana, tenuta da un professorone direttore di una rivista dal nome emblematico, ha pensato a quelle come me: spiegazione della differenza tra agricoltura convenzionale, biologica e biodinamica. Per fortuna.

Che a tavola, mentre mi sforzavo di far ingoiare due tagliatelle al farro al piccolo ing., il quale al contrario ha iniziato una disquisizione sul fatto che le tagliatelle non sono pasta, e nello specifico non sono la pasta al pesto chimico che vuole lui (ci mancava solo che urlasse ad alta voce: "Mi avevi promesso che andavamo da Mc Donald's!!"), era iniziato un discorso sui tempi di cottura del riso integrale e, a latere, sulle forme di suddetto riso, connesse alla valenza energetica in base al chicco lungo o rotondo. Immaginatevi io, che manco so distinguere il Carnaroli dal riso Roma, in questa disquisizione, annuire con il sorriso ebete di una che ha la situazione perfettamente sotto controllo.

Mentre il professorone parlava, io pensavo. Pensavo alla valenza simbolica del cibo, pensavo alla qualità del cibo e della vita, pensavo ai ritmi e al nostro corpo, pensavo alla GDO e alle questioni politiche ed economiche legate ancora oggi alla produzione di cibo, pensavo a come cambiare ancora un po' il nostro modo di mangiare e consumare.

Ho pensato a come cambiare, e ho pensato alle maggiori difficoltà che incontro: cambiare modo di fare la spesa, cambiare tempi da dedicare alla preparazione dei pasti (e questa è la sfida più grossa, in effetti), come inserire cibi nuovi nella dieta dei miei figli (altra sfida epocale).

Ci siamo smaronati, andiamo? Alle cinque e due minuti l'sms dell'Ing., abbandonato con prole nel cortile piovoso della cascina, non lasciava adito ad ulteriori pensamenti. Il lunedì mattina mi vede piena di buoni propositi e tante domande, ma soprattutto molto curiosa di vedere come continua questa sfida personale verso l'Intolleranza zero. E mi porto nel cuore questo paesaggio.


venerdì 19 marzo 2010

Mercato della Terra ai Marinai d'Italia


Di solito non uso questo spazio come bacheca, ma l'evento che mi hanno segnalato è molto interessante, oltre che organizzato in un angolo di Milano che davvero adoro.

Eccolo.

Il Mercato della Terra di Milano dopo il successo delle prime due edizioni, replicherà sabato 20 marzo, per festeggiare la primavera, dalle 9 alle 15 presso il Giardini Largo Marinai d’Italia, dove era ospitato l’antico verziere, storico mercato ortofrutticolo cittadino nei dintorni della Palazzina Liberty.

Al mercato contadino, organizzato da Slow Food, partecipano quaranta produttori provenienti principalmente dal Parco Agricolo Sud Milano. Sono inoltre rappresentate le aree agricole di Bergamo, Como, Lecco, Lodi, Monza e Brianza, Pavia e Varese e tra gli ospiti, dal Guatemala, anche il Presidio internazionale Slow Food del caffè di Huehuetenagno.

Nelle bancarelle si potranno acquistare formaggi, salumi, pane, birra, ortofrutta e molto altro ancora. La migliore qualità del territorio si ripropone alla città, garantita dalla più sicura delle certificazioni esistenti, la faccia di chi produce.

Il mercato, storicamente luogo di incontro e scambio, è animato dalle Condotte Slow Food della Lombardia che organizzano brevi Laboratori del Gusto per comunicare e sensibilizzare la popolazione sulla qualità dei prodotti agricoli del territorio. In particolare la Condotta Slow Food delle “Valli Orobiche” racconterà il suo territorio attraverso la presentazione dello “stracchino all’antica” prossimo Presidio Slow Food.

Grande importanza verrà riservata ai “Tavoli della Convivialità”, spazi dedicati agli utenti del mercato che vorranno fare una sosta con i prodotti appena acquistati o semplicemente fare “due chiacchiere… da mercato”.

Il Mercato della Terra di Milano fa parte del più ampio progetto Nutrire Milano, energie per il cambiamento, sostenuto dal Parco Agricolo Sud Milano, dalla Fondazione Cariplo e dal Comune di Milano.

Bello, se non fossi altrove, ci andrei di sicuro.

Ma domani siamo in Cascina. Ci crederò quando lo vedrò. E vi racconterò.

giovedì 18 marzo 2010

Cenerentola e la speranza di un mondo diverso


Ieri pomeriggio ho passato un'ora buona insieme a tre quattrenni vestite come improbabili principesse e truccate (sa se stesse medesime) con ombretto e fard rosa ovunque, un rimasuglio di quelle cose che prima compero, e poi mi chiedo cosa avevo in mente, quando le ho comperate.

Ad un certo punto, all'apice dell'educazione per stereotipi, abbiamo messo in scena Cenerentola: a turno, una faceva Cenerentola e le altre due le sorellastre, Genoeffa e Anstasìa, come le chiamano loro. Io facevo il principe, dato che il piccolo ing. si è fieramente rifiutato di assolvere a questo compito, che chiaramente comportava per lui uno sforzo eccessivo (e poi adora i ruoli da comprimario, quindi non è stato facile assoldarlo come Duca).

Siccome il Principe ad un certo punto si è accasciato per terra e non aveva più voglia di ballare (diamo un input realistico, ho pensato: dove lo troveranno mai, queste, un uomo che balla dopo che se le è conquistate? Bisogna che imparino subito certe leggi della vita), non so come, è venuta fuori questa divertente discussione.

Giulia nei panni di Anastasìa: "... Perché noi ci avevamo ragione, a strappare il vestito a Cenerentola, perché Cenerentola aveva fatto il vestito con le nostre collane e le nostre stoffe"

Approvazione incondizionata di Genoeffa e Cenerentola

Me stessa medesima nei panni del principe: "Beh, ma voi le avevate buttate, le collane e le stoffe, non vi servivano, e poi avevate ugualmente abiti molto belli, per cui..."

Chiara nei panni di Genoeffa: "Ma erano nostre lo stesso, e quindi i topini non dovevano prenderle per fare il vestito a Cenerentola, se le sorellastre si sono arrabbiate non è colpa loro"

Piccoletta nei panni di Cenerentola: "Ma siccome sono stati i topini a prendere le stoffe, LA COLPA E' TUTTA DEI TOPINI"

A larga maggioranza, con la sola esclusione del Principe, è stata appoggiata la mozione contro i topini in favore delle sorellastre.

Il problema è che anche l'Ing. (quello che dovrebbe essere grande), la sera, ha appoggiato la mozione anti-topini.

Capite, come va a finire la redistribuzione delle risorse, nel Duemilaedieci? Coi topini in galera.


martedì 16 marzo 2010

Dopo lo Schiscetta Day, la sciopero della pasta in bianco

Ricevo, e pubblico.

Cari Genitori,
forse avrete già saputo che in una scuola di Milano (Primaria Iseo) il giorno 11 Febbraio sono stati rinvenuti, nelle lasagne al ragù servite a tavola, dei pezzi "di cute di animale con presenza di un gruppo di setole", tradotto in parole povere: pelle bovina con pelo.

Milano Ristorazione ha prontamente risposto alle nostre richieste di spiegazioni affermando di aver sostituito il fornitore.

Il problema è che, anche per quanto possa sembrare incredibile, IL FORNITORE CHE HA SOSTITUITO QUELLO ATTUALE, E' LO STESSO CHE ERA GIA' STATO SOSPESO LO SCORSO ANNO PER LO STESSO IDENTICO PROBLEMA.

In molte scuole la Commissione Mensa ha applicato questa forma civile di protesta: i genitori dei bambini hanno richiesto, il giorno in cui il menù prevede le lasagne, la dieta in bianco. E' un nostro diritto chiedere tale dieta e la nostra richiesta non necessita di nessun supporto medico od altro, è sufficiente una comunicazione alle maestre la mattina stessa.


Stralcio dal Corriere sullo sciopero della Pasta in bianco:
... Ma l’azienda che fornisce 75 mila pasti alle scuole di Milano non ci sta: «Questa contestazione non ha senso. L’unico risultato è quello di aver fatto buttare denaro pubblico. Perché i pasti non voluti sono stati gettati nella spazzatura, alla faccia di chi muore di fame».


lunedì 15 marzo 2010

Mia figlia mi guarda (e commenta)


"Ti sistemo io i capelli, mamma!"
"Okkai"
"Ecco mamma, adesso sembri proprio LA NONNA DELLA GIULIA"

"Mamma sei bella"
"Grazie, amore"
"Mamma, ma questi cosa sono?"
"Brufoli, tesoro"

"Mamma, sei bella"
"Grazie, amore"
"Mamma, ma perché hai i brufoli se sei bella?"

"Mamma, ma tu sei una bambina?"
"No amore, sono una mamma, tu sei una bambina"
"E allora perché ti vesti da bambina?!?"

Non so se nel weekend è stato più difficile sostenere la sindacalista della CISL che si è presentata ad un convegno su maternità e lavoro dichiarando di avere scelto di non fare figli, o mia figlia.

giovedì 11 marzo 2010

Schiscetta Day a Milano






La scorsa settimana, alcune scuole di Milano hanno pacificamente protestato per il servizio offerto dalla società che gestisce la mensa di tutte le scuole milanesi, la Milano Ristorazione. A fronte di un aumento (considerevole, soprattutto per chi ha figli unici) della retta mensile, il servizio e la qualità del cibo sembrano essere peggiorati.

Quindi, i bimbi sono andati a scuola con un sacchetto vuoto, con scritto ben chiaro SCHISCETTADAY (in un milanenglish esagerato, per la traduzione chiamate il Don Lisander).

La notizia e le foto arrivano un po' in ritardo, per motivi tecnici (la sottoscritta era in vacanza e la piccoletta nulla sa, dello SchiscettaDay che si è celebrato lo scorso venerdì alla sua scuola) ma mi piace segnalarvi questa iniziativa, che è stata ripresa dalle cronache locali e che meriterebbe un'accurata riflessione e qualche inchiesta giornalistica in più. Siamo inondati di volantini promozionali sulla qualità del cibo della Milano Ristorazione (per lo più aleatori, con un lungo elenco di fornitori di cui nulla più si sa, oltre al nome), ma più di una mamma alza il sopracciglio dubbiosa. Qualcuno griderà alla manipolazione del minore inconsapevole, per questa protesta?

martedì 9 marzo 2010

La morale della favola



Spesso mi hanno accusato di dover trovare una morale della favola a tutti i costi.
Io, però, ho questa fissa di trovare un senso, alle cose che mi succedono (che forse c'era una canzone che diceva più o meno così, ma non ricordo).

Gennaio e Febbraio sono stati due mesi di caos puro - e poco calmo.

Ad un certo punto, anche il caos tocca il suo vertice, in episodi apparentemente di poco conto, quei secondi che scivolano via veloci in una giornata ma che ti restano dentro per tutta la vita (come dire, Joyce le chiamava epiphany, per intenderci).

Sono attimi.
Ma sono attimi in cui capisci e senti cose che sapevi da mò.

E così, in questo ultimo attimo di epifania, ho pensato al Judo e al Tai-Chi.

La cosa che mi ha sempre veramente affascinato, di queste arti marziali, è la capacità di sfruttare la forza dell'avversario per sconfiggerlo, invece di contrastarlo direttamente. E' una disciplina fisica, ma è anche un atteggiamento mentale.

All'apice parossistico del caos, mi sono detta: "Ok, sapete che c'è? Ora io mi siedo qui, a braccia conserte, accanto al fiume che scorre. E vada come vada, tanto non muore nessuno."

Non mi dannerò più per stare dietro a tutte le richieste, non tenterò più di forzare gli eventi e cambiarli secondo uno schema mentale mio (o, peggio ancora, neanche mio), ma userò gli eventi per arrivare da qualche parte (ah ah, non chiedetemi dove, però!!)

Prendo quello che succede per quello che è, senza lasciarmi governare.
E se non lo governo, pazienza.
Ne sfrutto la forza, comunque.

Mi sono resa conto che ho passato troppi anni a tentare di mettere insieme le tessere in un recinto troppo piccolo per farcele stare tutte. Per cui, ho deciso di togliere le staccionate al recinto.

E funziona, eh.
Ti obbliga a un continuo esercizio mentale, e a chiederti come puoi utilizzare questa cosa senza contrastarla a priori. Ma la prospettiva cambia completamente.

Vedete, per esempio.
Questa mattina doveva arrivare alle 9 il nuovo angelo del focolare domestico - che 'sto focolare domestico, sono giorni che nessuno passa più l'aspirapolvere, per dire.
Voi l'avete vista?
Io no.
Siete riusciti a chiamarla sul cellulare?
Io no, il cellulare è spento.
Arriverà?
Boh.

Intanto, scrivo un post.
E mi chiedo se questo nuovo atteggiamento mi porterà all'illuminazione, o dal dottore con un'ulcera perforante.

giovedì 4 marzo 2010

Ci sono, eh. E faccio un appello a tutte le donne

Son viva, eh.
Imperdonabilmente viva, direi.
E scrivo questo post di fretta e senza rileggere, ma lo devo scrivere che la festa della donna si avvicina e certe cose devo proprio scriverle (male e senza rileggere, ma le devo scrivere).

E dunque, questo post in fondo nasce un bel po' di tempo fa.
Nasce quando sono andata a comperare un regalo da Abercrombie&Fitch, che non sto a spiegarvi ma dico solo che all'ingresso ci sono i modelli a torso nudo e le ragazzine che si fanno fare le foto (dalle madri, alcune, poco emancipate) e i commessi più bellocci di Milano (anche se mi sentivo più Mrs. Robinson che Poison Ivy, comunque).

Che, al di là di tutto, quando sono entrata ho pensato:
MA DE CHE, NOI DONNE VOGLIAMO FORSE L'UOMO OGGETTO?

Che è una sensibilità che ho io, perché sono Mrs. Robinson.
Ma che manca del tutto alle ragazzine di oggi, mi sembra.

Oggi mi arriva nella casella di posta elettronica una mail. Un'interessante iniziativa di una grossa catena di distribuzione di consumer electronics o come cavolo si dice in occasione dell'8 Marzo: donne, venite a vedere Iron Man, omoni coi bicipiti d'oro che stireranno per voi.
Omoni.
Coi bicipiti pompati.
Stireranno.
Per voi.

Perché il retropensiero di tutto ciò è:
la donna stira (che volete che faccia, d'altro?)
la donna che stira è una povera frustrata che non vede l'ora di vedere un uomo (figo) che stira al posto suo.

Donne, per favore.
Non facciamoci fare fesse.
La parità non è l'uguaglianza.

Andare a vedere gli uomini che si spogliano l'8 Marzo è quanto di più avvilente ci sia.
E' la negazione stessa della festa dell'8 Marzo, diciamocelo.

La parità non è l'uguaglianza.
E su questa cosa, noi donne, abbiamo ancora di che meditare.