domenica 31 gennaio 2010

Car Sharing: i miei primi due giorni



E dunque, dopo aver dato addio alla skassona, l'Ing. decide che invece di acquistare una nuova macchina, avremmo potuto fare il car-sharing: niente più bollo, assicurazione, benzina inclusa nel prezzo, due anni gratis, con la rottamazione della skassona. E il posteggio sotto casa. Cosa vuoi di più?

Campanello d'allarme 1: l'ultima volta che l'Ing. è stato così entusiasta per una nuova iniziativa di mobilità sostenibile è stato quando hanno aperto la fermata del Passante vicino a casa. Com'è finita? Dopo aver utilizzato il Passante tre volte, ha ricominciato ad andare in ufficio in macchina.

Campanello d'allarme n.2: l'Ing. torna a casa e comunica che: le due società che gestivano il car sharing (Guidami e Milano Car Sharing) si sono fuse in un'unica società, controllata da ATM. Mancamento della sottoscritta: ATM è la classica azienda monopolista centralista la cui filosofia può essere riassunta nella massima: tu inizia a pagare, poi vediamo se ti fornisco anche un servizio.

Nonostante tutto, dato che la strada verso il miglioramento dell'umanità procede spedita e senza tentennamenti, travolgendo chi si fa prendere da dubbi poco ecologisti, l'Ing. ha fatto tutte le pratiche e ha concluso l'iscrizione al car-sharing. Tre settimane per l'attivazion. E vabbe'.

Giorno 1.
Prenoto una Ka, tanto per cominciare senza troppi traumi.
Mi arriva una macchina voncia - e vabbe', siamo a Milano, trovatemi una macchina lucente.
Pronti via.
Faccio qualche commissione, poi vado a prendere i bimbi a scuola per le 13.
Salgono in macchina e mi accorgo che dietro è davvero sporca - e vabbe' un corno.
Provo a legarli e mi accorgo che una cintura di sicurezza è rotta.
Inizio ad incazzarmi.
Consegno la macchina, faccio casino con le procedure di rilascio e la Ka rimane lì, sull'ingresso del garage: non si può più mettere in moto, ci manca solo che rimangano chiusi dentro anche i miei figli, a bloccare l'entrata delle macchine. Ben presto dietro di noi si forma una coda strombazzante.
Vorrei solo sprofondare, e invece mi tocca chiamare il call-center.
Dopo 20 minuti buoni, tra minacce mie e del garagista, riusciamo a far ripartire la macchina.
Sono le 14, e finalmente rincasiamo.
Devo riprendere la macchina nel pomeriggio.
Seconda chiamata al call-center per farmi cambiare la macchina.
Mi rispondono che non ci sono altre vetture disponibili e che in fondo che problema c'è, se la cintura di sicurezza dietro non funziona.
Giriamo la città allegramente slegati.
Torna a casa l'Ing. Dato che non ho ancora capito come ottenere qualcosa da lui, ma ho capito perfettamente come farlo incazzare, esordisco con un: "Sai che i tuoi figli oggi hanno girato per la città senza cinture di sicurezza?"
Prima mail di protesta.

Giorno 2.
Prenoto la macchina sul sito.
Quando mi presento a prendere la macchina, non posso entrarci.
Sono già in ritardo per andare a prendere la piccoletta.
Il gestore del garage allarga le braccia: "Noi non possiamo fare nulla, non abbiamo più la chiave per aprirle"
Terza chiamata al call-center.
Mi accorgo che ho sbagliato la prenotazione di un'ora, invece di prenotare dalle 15:30 ho prenotato dalle 16:30.
Facciamo la prenotazione telefonica.
Avrò speso 10 euro di chiamate al call-center e prenotazioni telefoniche, in due giorni.
Prendo la piccola, andiamo a danza, viene la sua amichetta a giocare, devo andare a prendere quell'altro che sta dal suo amico. Una volta arrivata (in ritardo, al solito) a prendere quell'altro, quell'altro non ne vuole sapere di venire via, la mamma mi offre un aperitivo e che faccio, le dico: "Scusa, no, devo riconsegnare la macchina?". No, e facciamo tardi. Consegno la macchina con mezz'ora di ritardo. Non so ancora quanto mi arriverà di pagamento maggiorato. Per inciso, la macchina era sempre quella: sempre sporca, e sempre senza cinture di sicurezza.

Il gestore del garage: "Signora mia, si lamentano tutti da quando l'ha presa in gestione l'ATM, noi prima le avevamo in carico, le pulivamo, ora non possiamo più neanche aprirle"

La mamma a scuola: "Ah, hai fatto il car sharing... Mi spiace!"

Il piccolo ing, tutto orgoglioso, ai suoi amici: "Noi facciamo car-sharing!!!"

La strada verso la mobilità sostenibile è lastricata di buone intenzioni, e molte incazzature, per ora. In compenso la mia anima filosofica ha acquisito un'ulteriore, profonda verità sulla vita: una macchina non è solo un mezzo, è anche un luogo.

venerdì 29 gennaio 2010

La mamma è liquida (ma i bimbi no)



"... Allora adesso la mamma sta con te e giochiamo insieme tutto il pomeriggio..."
"Ma solo con me?!?"
"Sì' tesoro"

Per forza, devo tenerti lontana da tuo fratello che sta in cameretta a giocare con il suo amico, sennò finisce che tu rompi e lui ti mena, e ha pure ragione.

"Ma allora senza telefonate e senza computer!"

La mamma sarà pure liquida, ma la piccoletta di certo no.

domenica 24 gennaio 2010

Tutta un'altra musica


Lui ha deciso che è giunto dunque il momento. I figli sono ormai abbastanza grandi da poter essere introdotti alla conoscenza dei Beatles e per l'occasione sceglie One, la compilation con tutti i singoli arrivati al numero uno della classifica inglese. Per questa operazione ha deciso di utilizzare gli spostamenti delle vacanze natalizie.

In macchina, ritornando verso Milano.
Parte l'intro di Hey Jude, e Lei esclama, soprapensiero: "Certo che Hey Jude è una di quelle canzoni che ti stufano, dopo averla ascoltata un milione di volte".

Lui si volta a guardarla, incredulo, con la bocca aperta come per dire qualcosa, ma non dice nulla.

Alza gli occhi al cielo, e mentre fissa nuovamente la strada, con tono gelido afferma: "Non capisco come tu possa dire una cosa del genere".

Quindici giorni dopo.
E' un sabato mattina grigio e freddo, Lei sta preparando la colazione. Lui si presenta sulla porta della cucina.
"Dove è finito il mio libro con tutti i testi delle canzoni dei Beatles?"
Un tascabile BUR di 30 anni, sgualcito e giallo.
"Non lo so, amore, prova a guardare in libreria vicino ai tascabili dei Peanuts, sono uguali, SantaK li avrà messi tutti insieme"

Lei inizia a fare colazione, Lui arriva con in mano il libro, si siede ed inizia a sfogliarlo, senza degnare nessuno della sua attenzione.
"Cosa cerchi?"
"Sto cercando il testo di Hey Jude, sai, è da un po' che ce l'ho in mente".

Seduta sulla panca, Lei sorseggia caffelatte e ha una strana sensazione, come essere in un romanzo.

mercoledì 20 gennaio 2010

Senza paracadute


Si ammalano i bimbi
Piovono lavori
Latitano i nonni
Si accumulano scadenze
Se ne va SantaK

Ho l'impressione di essermi lanciata da 5000 metri senza paracadute.
Tra dieci giorni vi dirò se mi sono schiantata, o no.

Intanto vi lascio con questo divertente gioco che la piccoletta si è inventata una sera a cena.

Scegliete, senza pensarci su, uno tra questi tre simboli:
fiore,
stella, o
cuore?

Fatto?

Secondo me, il simbolo che avete scelto dice molto di voi.
Tra dieci giorni vi dico anche il simbolo che ho scelto.
Tanto per non smorzare la tensione.
E se posto prima, tanto meglio.

domenica 17 gennaio 2010

Nightmare (post esorcista)

Aiuto. E' successo di nuovo. Un incubo tremendo.

Ho sognato il Salento, vacanza, lo splendido B&B dove eravamo questa estate. Solo che pioveva, era buio, e c'era una nebbia di quelle che non vedo più da almeno 15 anni. E poi c'era LEI, eravamo ad un incontro in una piccola baita-prefabbricata. Lei è una omertosa, e una presuntuosa snob intellettuale. Una stronza, se non si fosse capito. Una con la quale devo continuare a fare buon viso a cattivo gioco, ma che se potessi impalerei all'istante.

Ok, a questo punto avete scoperto che in me, come nel 99% delle mamme blogger represse, cova una serial killer e che i miei figli sono vivi per miracolo.

Perché io sono una che a prescindere cerca di instaurare un rapporto collaborativo e a smenarci anche del mio, se tutto ciò è a beneficio del risultato. Ma sono anche una che, quando ha perso la pazienda, l'ha persa davvero.

Il problema è che ora Lei viene a trovarmi anche nei sogni.

Mi era successo solo un'altra volta, una vita fa, con la collega M. La collega M. mi si presentò in ufficio con gli occhiali da sole alla Grace Kelly, e mi disse: "Piacere, io vengo dall'ufficio stampa Mediaset". La collega M. era bravissima a tenere le pierre, a differenza della sottoscritta chiaramente, ma aveva dei piccoli problemi con l'elaborazione di una farse comprensibile in lingua italica. Ma la collega M. pensava di scrivere come Leopardi, e la prendeva sul personale, e questo costituì un piccolo problemino. La collega M. ammutinò la redazione cinque giorni prima del nostro matrimonio, e della mia partenza per 3 settimane di viaggio di nozze. Quanti eravamo, in redazione? Due. (La terza avveva ammutinato una settimana prima, era un periodo un po' così).

Per la prima settimana di luna di miele, ogni notte sognavo la collega M. E tutte le mattine, svegliandomi, stramaledicevo prima me e poi lei (o al contrario, a seconda del tipo di incubo).

Uno che fa selezione del personale alzerebbe il sopracciglio e direbbe: "Incapace di gestire i rapporti conflittuali e l'emotività, scartata" (ma poi mi piacerebbe vederlo all'opera, con simili donzelle).

Allora, come e più di adesso, avevo sicuramente ANCHE altri pensieri ed altre angosce da elaborare.
Ma Lei, di notte, non me la voglio proprio più sognare.
Questo post sarà sufficiente per esorcizzare la sua presenza notturna?

mercoledì 13 gennaio 2010

Buonasera, è la polizia

Ore 21:15, i bimbi ed io rincasiamo dopo essere stati dalla Grande Nonna.

Ore 21:30, siamo pronti per mettere a nanna i bimbi. Ho appena vinto la gara di infilamento veloce del pigiama.

Ore 21:32. Suona il citofono.

E chisaràmai, a quest'ora?!?

Rispondo.
"Sì?"
"Buonasera signora, è la polizia"

Ho ammazzato qualcuno? Non mi pare. Ho menato a sangue la vicina? Solo virtualmente, e molto tempo fa. Ho perso qualche figlio? Non mi pare. Multe? Boh.

"Mi dica"
"E' sua la macchina... quella color... Posteggiata..."
"Posteggiata qui davanti"
"Ecco, sì, appunto, può scendere? C'è la portiera aperta"
"Urca! Aspetti, mando mio marito"

Questi sono i momenti in cui amo alla follia l'Ing.

"Ing., è la polizia, per la macchina..."
"La polizia?!?!"
"Ehm, sì... Scendi tu? Però portati il cellulare!!"

Sia mai che me lo portano in questura e poi mi tocca rivestirmi per andare a prenderlo.

L'Ing. scende, e dopo cinque minuti è di ritorno.

"Cosa ti hanno detto?"
"Che stavano passando, hanno visto la portiera aperta e si sono fermati. Hanno controllato i documenti e ci hanno chiamato"
"E tu cosa gli hai detto?"
"Che è stata mia moglie"
"E loro cosa hanno detto?"
"Che se lo immaginavano..."

Da ieri sera, tra l'Ing. e le forze dell'ordine è scattato un patto di mutua solidarietà e reciproca stima.

lunedì 11 gennaio 2010

Riflessioni di una massaia postmoderna sul futuro del web (e intanto l'Ing. continua a smanettare sulla Wii, tra un po' ci farà anche il caffé)


Dieci anni fa.

Dieci anni fa esatti mettevo piede nella prima (ed ultima) web agency nella quale ho lavorato. Era tutto arancione e c'erano quadri per terra, scatoloni e tv, e un gran casino. Erò lì per un colloquio, facevo l'insegnante in una scuola privata di Saronno. Dal paleolitico allo sbarco sulla luna, insomma.

Arrivò il PM, e mi chiesi se per lavorare in una web agency bisognava andare in giro come se si avesse appena finito di montare un campeggio.

Il colloquio iniziò con:
"Hai visto il sito?"
"Veramente no, non ho il PC"

Proseguì con:
"Hai mai scritto per Internet?"
"Veramente no"

E finì con:
"Anche la mia fidanzata abita al Paesello, si chiama Carola"
"Ah! Veramente, non la conosco".

Mi presero.
Per disperazione, ma mi presero.
Inutile dire che fui il miglior acquisto del mese di gennaio.
Il PM andò avanti a chiamarmi Roberta per almeno due settimane, e quando smisi di rispondergli imparò il mio nome. Quando chiamavo gli uffici stampa, e dicevo che scrivevo per un sito, un mutismo di almeno di 2 minuti era prassi normale. Qualcuno riattaccava.

Oggi passavo davanti ad un'edicola e guardavo le locandine della nuova, incredibile idea promozionale del Corriere: il Brain Trainer. Una vena di malinconia e un pensiero: "Ma ormai la carta stampata è destinata a rincorrere idee create altrove?" Postilla: "Che senso ha rincorrere cose che si fanno meglio con altri mezzi?"

Oggi, Gianni Riotta scrive su IlSole24Ore un lungo articolo dedicato a Jaron Lanier, "guru del web e firma di Wired" (un classico, tzsé).

Lanier critica l'indifferenza che ormai regna sovrana: possibile che il parere di Amartya Sen valga tanto quanto il mio?
No, chiaramente no.

Possibile che il web sia infestato di scalmanati che insultano gratuitamente?
Succede, ma anche no.

E qui si gioca il grosso della partita: in questo pot-pourri in salsa web, la verità "sgocciolerà via", come teme Jaron Lanier?

Sono fuori da un po', dal dibattito filosofico, per sapere come sta la verità. Agli inizi del Novecento, tuttavia, la verità non se la cavava tanto bene, e il Web 2.0 era di là da venire. E infatti la conclusione pacificatoria di Riotta è: "gli esperti e l'informazione di qualità parlano ai cittadini, e i cittadini fanno sentire la propria voce senza rancori e follie anonime". Amen.

La differenza allora non sta nello "sgocciolare" della verità "in sé", ma nell'essere persone (e soprattutto nell'educare persone) capaci di distinguere la differenza.

Ma ho una domanda, alla quale francamente non so dare risposta.
Siamo sicuri che la verità sia una questione pertinente del Web 2.0?
(Io propendo più per il no, che il Web 2.0 è uno strumento, e come tale va considerato, senza pretendere di caricarlo di poteri taumaturgici oppure senza denigrarlo a ogni piè sospinto, decretandone il declino ogni due giorni, come fanno i media mainstreaming) (Però, non lo so)

venerdì 8 gennaio 2010

La Principessa e il Ranocchio


Il 23 Dicembre, calzati i doposci, mamma e bimbi si sono avventurati tra mucchi di neve e sotto la pioggia, in onore di un film che MAMMA voleva assolutamente vedere.

Il cinema strabordava di bimbe e nonne e baby-sitter, sì, anche qualche mamma occhialuta come la sottoscritta, e svariate adolescenti (alla faccia di New Moon). Maschi, quasi zero: il piccolo Ing., trascinato suo malgrado, si è accasciato muto sulla poltrona e ha assunto un'espressione di riprovazione assoluta per 2 ore filate (ad eccezione di un'unica scena, infilata apposta ad uso e consumo del pubblico dei fratelli-martiri), mentre mamma e piccoletta venivano via via rapite in estasi mistico-principesca.

Mamma aveva una consapevolezza in più, e guardava il film ripetendosi "E' l'ultimo, non ne faranno più così", e già solo formulando questo pensiero amarcord una lacrimuccia spenzolava dai suoi occhi (alla fine del film avrebbe avuto il suo bel da fare, in questo senso).

Avrebbe dovuto alzarsi e guidare la rivolta dei nostalgici: Abbasso il 3D, Viva il cartoon! Invece niente, si godeva quelli che, per ora, sono stati annunciati come gli ultimi momenti dell'ancien régime Disney, che d'ora in poi non farà più film "disegnati". E cercava di spiegare che la protagonista non era "blu", come sosteneva la piccoletta.

Con chicca finale:
"Mamma, ma non dovevano intitolarlo La Principessa e il Ranocchio!!"
"Ah sì? E come dovevano intitolarlo?"
"La Cameriera e il Ranocchio"

Piccoletta, manco fosse la Contessina della Padanìa, ha comunque ragione: non ci fregate così, cari signori Disney. Adesso, prima di mettere in soffitta i cartoni "disegnati", ci regalate un'altra Principessa. Vera, questa volta. Una principessa vera, e "blu".

lunedì 4 gennaio 2010

Di sport, passione ed istruzioni per la vita: pensando ai miei figli


Il post di Mamma Cattiva, e poi quello di Silvietta, hanno risvegliato in me una serie di ricordi e di emozioni sepolte da tantissimo tempo, ai quali ancora adesso faccio fatica a dare ordine e una collocazione temporale.

C'è stata la danza, in un periodo indefinito tra la scuola elementare e la scuola media: la danza classica che non perdona, che esige umiltà, fluidità, tenacia, grazia, un corpo modellato, una volontà di ferro. Esige presenza sul palco e (come ho già scritto nel commento al post di MC) il mio profondo senso di inadeguatezza faceva sì che ogni saggio diventasse un incubo. Quando ero all'università ballavo latino-americano con un amico carissimo: ad una specie di saggio mi incollai al muro e mi rifiutai di muovere un passo. Il mio carissimo amico, cui sono debitrice di questa crisi di ansia per la vita, trovò un'altra compagna di ballo (e come dargli torto?!?) e io capii definitivamente che basta, questa vita alla ribalta non faceva per me. Ma la danza mi è rimasta dentro come un'aspirazione di bellezza.

C'è stato il nuoto, alla scuola elementare: chiesero a mia madre di farmi fare nuoto agonistico, lei disse di no (ma se il maestro di ballo le avesse proposto di mandarmi all'Accademia del Teatro alla Scala, mi ci avrebbe spedito di corsa). Non so esattamente quando smisi di nuotare, molto presto, comunque. Eppure, buttarmi in vasca rimane per me ancora oggi l'unica opzione sportiva possibile, nuotare mi rilassa come nessun altro sport praticabile in città: quando stavo al Paesello e facevo la studente, andavo a nuotare all'ora di pranzo nella piscina con i finestroni sulla pista di atletica, nessuno in acqua, ne conservo un ricordo meraviglioso.

Al liceo lasciai tutto: una visita dall'ortopedico, e finii a fare ginnastica correttiva due volte alla settimana. Suonavo il pianoforte, abbandonato a 18 anni, per pentirmene poi a 25.

Di tutto questo girovagare, mi è rimasto ben poco: non sono riuscita a conservare una passione "per me". Guardo l'ing, al quale invece si può togliere tutto, ma non la pallavolo (insomma... quasi tutto: i fumetti bisogna lasciarglieli) e lo invidio molto. Se nella vita avessi preso sul serio uno sport, avrei appreso quelle qualità di cui oggi sento tanto la mancanza?

E poi, i miei figli: penso che più che il talento, alla loro età valga la passione. E mi chiedo, preoccupata: e se non si appassionano a niente?!?
Il piccolo ing. lo scorso anno ha fatto basket, quest'anno fa scherma... Troverà qualcosa per il quale penserà che vale la pena fermarsi? E se non lo trova, come devo fare?

Voglio (assolutamente) che facciano sport, perché davvero penso che fare sport ti dia, in fondo, un bel po' di istruzioni per la vita. E, come mi dissero due madri di 13enni, incrociate molto tempo fa:
I maschi bisogna sfiancarli, come i cavalli (Maria Teresa, madre di 3 maschi)
L'ho mandata a pallavolo, almeno il sabato ha la partita e non mi chiede la carta di credito per andare a fare le vasche in Corso Vercelli (Paola, mamma con le scarpe di Ferragamo)

E infine: se si presentasse l'opportunità di far intraprendere loro una disciplina a livello agonistico, acconsentirei?
Probabilmente sì (previa autorizzazione dell'ortopedico dei bimbi, che dopo aver messo il plantare al piccolo ha risposto alla mia domanda sullo sport: "qualsiasi cosa, ma non a livello agonistico"), ma la risposta vera è NON-LO-SO.

venerdì 1 gennaio 2010

2010, what else?


Con un colpo di scena di quelli in cui è vera maestra, la sottoscritta il 31 gennaio alle ore 16:00 decideva che un capodanno in casa non si poteva davvero vedere.

Ha accolto con gratitudine l'invito e l'infinita pazienza di Francesca, e con la famiglia si è presentata a cena con 45 minuti di ritardo - la sottoscritta pensava che la cena non fosse placée, e che il suddetto ritardo non comportasse eccessivi disagi, sebbene alla sottoscritta fosse stato affidato l'incarico di portare vino per tutti, chissà come mai, oltre ad un'insalata natalizia con il melograno che ormai è il suo cavallo di battaglia.

Il capodanno con 12 adulti e 11 bambini dai 7 ai 3,5 anni è scivolato via veloce e allegro, e vedere 11 bambini che fanno il countdown ha suscitato nella sottoscritta un'emozione forte e bella - non ascrivibile ad alcun tasso alcolico, dato che la sottoscritta ha passato il capodanno più sobrio della sua vita adulta - se si esclude quello che ha passato in Mangiagalli e quello in cui ha scoperto di essere incinta della piccoletta.

Per il resto, ci siamo ritrovate a fumare sul balcone come delle quindicenni, nascondendoci dai bimbi, a versare una lacrimuccia di sconforto mentre Max Pezzali, inguardabile, cantava NordSudOvestEst e a pensare a dove eravamo nell'estate del 1993, a parlare (male, in genere) del suocerame, di scuola e di bimbi, di cinema, di pilates (le altre, chiaramente) e di vacanze estive.

E poi è arrivato questo, un regalo portato ad ogni famiglia da Maria Pia, una di quelle persone che si conoscono la sera di capodanno e che si spera di incontrare ancora, nell'anno a venire. Per mille ragioni, ma anche per questa.



Ognuno ha ricevuto un piccolo libro-gioiello diverso delle Edizioni Pulcino Elefante, a noi (guarda un po') è capitata proprio questa meraviglia con una strabiliante copertina giallo ocra, uno dei miei colori preferiti (ma se chiedete all'ing., non lo sa, quindi è proprio tutto un caso), e con all'interno la frase La libertà è un incendio (avrei voluto metterlo tutto sul blog, ma per ragioni di copyright mi trattengo, a malincuore).

Mi sono innamorata di questa piccola opera d'arte e da ieri sera me la tengo ben stretta, pensando un po' anche a MammaCattiva.