mercoledì 28 aprile 2010

Scusi, va a Barcellona?


Alle 5:45, con il cuore infranto e 4 ore di sonno alle spalle, salgo su un taxi che mi aspetta sotto casa.
"Mi porta a Cadorna?" chiedo al tassista che sembra la fotocopia di Jovanotti, solo con gli occhi un po' più a palla.

"Va a Barcellona?"
"No, veramente no"
...
Piazza Ascoli
...
Viale Regina Giovanna
...
Porta Venezia

"Ah, ma è per la partita!!!"

Il tassista mi guarda nello specchietto retrovisore come se avesse in macchina un'aliena.

Segue giustificazione legata all'orario, gli eventi cosmici e la mia evidente inettitudine di genere sull'argomento.

"Signora, ho quarant'anni e un'emozione così l'aspetto da una vita!"

Segue dotta disquisizione secondo la quale lo scudetto è lo scudetto, ma la Champions è la Champions. Nel caso non l'avessi capito.

"Signora, la vuole leggere la Gazzetta di oggi? Ah ma no, non fa per lei"

Non è bello, quando anche i taxisti non ti danno alcuna speranza di cambiare.

lunedì 26 aprile 2010

La differenza tra Milano e non-Milano


Grande Nonna e ZioManager abitano entrambi fuori Milano. La loro casa e l'annesso giardino differiscono in base all'epoca storica alla quale i due appartengono: il giardino di Grande Nonna è circa dieci volte quello di ZioManager.

Entrambi i giardini, comunque, sono una delle cose che mio figlio ama e desidera e invidia di più a Grande Nonna e a ZioManager (più di una volta ha espresso desiderio di andare a vivere da GrandeNonna, vi lascio solo immaginare il crepacuore paterno).

Entrambi i miei figli hanno faticato parecchio, a capire la differenza tra Milano e non-Milano.

Sabato sera, di ritorno da casa di ZioManager.

Piccoletta: "Ma perché c'è così tanto silenzio, in questa via? Siamo rimasti solo noi e quel signore con il cane e sono tutti a dormire?"

Tento spiegazione di approccio sul fatto che nei paesi intorno a Milano non ci sono tanti posti dove andare, non è come in città dove invece ci sono cinema e ristoranti, ma ottengo in risposta un mutismo poco rincuorante.

Interviene piccoletto: "Vedi, la differenza tra Milano e non-Milano è così: qui ci sono gli alberi, a Milano ci sono i grattacieli"


Giuro, sulla vicenda degli alberi non ho proferito parola, con i miei figli. Ma passate da Porta Nuova di sera con dei bambini, e sarà come portarli sul set di Batman.

venerdì 23 aprile 2010

Memo da una città triste (e questo è triste, da qualsiasi punto di vista lo si guardi)

Mi sono sentito dire che gli alberi in un contesto urbano hanno bisogno di terra per le radici, e gliela abbiamo data. Mi sono sentito dire che gli alberi in città soffrono, e abbiamo trovato il modo di farli stare bene. D’altronde, se soffrono gli alberi figuriamoci la gente e i bambini. Mi hanno fatto notare che alcuni alberi provocano allergie, e abbiamo selezionato piante che non emettono pollini. E poi che perdono le foglie, e bisogna raccoglierle: giusto. E poi che coprono le insegne dei negozi: vedete voi. E infine, che rubano spazio ai parcheggi per le automobili. E su questo hanno ragione: gli alberi prendono inevitabilmente il posto dei parcheggi e del traffico automobilistico. 
Solo oggi ho avuto modo di leggere la lettera di Renzo Piano al Corriere. Questo, riportato, è il passaggio che più mi ha colpito.

Ieri hanno dipinto le strisce blu per i parcheggi a pagamento sotto casa. Una puzza indescrivibile.
E la Marisa, che in portineria attaccava bottone in lingue mai sentite sulla faccia della terra con gli operai-pittori: "Signoooooooora, e come fa adesso il sig. Brambilla, che ha TRE macchine? Sa, POVERINO, a lui quelle macchine servono, lui ha un ristorante, COME FARA'?!?"
Il ristorante sta a 1 km da qui.

mercoledì 21 aprile 2010

Di commento in commento, dritti alle domande esistenziali


Seguendo il thread del post precedente
(ma come parloooooooooo)
ecco cosa tiro fuori dal magico cilindro oggi.

Igraine scrive:
Già. Ed è anche pieno (il mondo, suppongo, ndr) di mamme che vanno per tentativi, ma soprattutto di persone che devono tenere il lavoro che hanno perché non hanno la forza di cambiare o non hanno alternative. E devono guadagnare, anche se non sono realizzate. Che tipo di mamme saranno?
La domanda è intrigante e non può che farmi sorridere. Che tipo di mamme saranno, coloro che non hanno la forza di cambiare?

Da quando ho figli, mi sono messa il cuore in pace: che tipo di madre sarò lo scoprirò quando i miei figli avranno 30 anni, suppergiù. Quindi, occhio e croce, considerando che viviamo in tempi bui, diciamo che mi rimangono ancora 25 anni, per capire che madre sarò.

L'altra cosa che sempre mi colpisce, in questi discorsi, è la passività.
Ho fatto lavori che odiavo. Ho accettato lavori che dovevo accettare per forza.
Ma ho sempre pensato che non era tutto lì, e che comunque c'è sempre una chiave di volta anche per uscire dalle situazioni peggiori. Che anche le situazioni peggiori ti insegnano qualcosa, se tu sai farti insegnare qualcosa su di te, sul mondo, su come funziona.

Quando ho letto La fortuna non esiste (un meraviglioso libro sulla speranza, ma quella che ti guadagni) ad un certo punto Mario Calabresi si sofferma a chiedersi se quello che fa andare avanti nonostante tutto sia fede od ottimismo: non so se sia fede, o ottimismo, o forse incoscienza (perché bisogna essere anche un po' incoscienti, a dirla tutta).

Quando vedo le torme di operai in cassa integrazione con la disperazione nello sguardo, padri di famiglia che non sanno di cosa daranno da mangiare ai propri figli, mi si contorcono le budella.

Intanto, perché vedere un padre disperato fa contorcere le budella.

E poi perché, ogni santa volta, non posso fare a meno di chiedermi:
"Ma questi, sono venuti al mondo per stare alla catena di montaggio? A tutti i costi?!?"
Ma possibile che non ci sia neanche l'idea di un'altra prospettiva, di un'altra possibilità, di un'altra vita?!?
Questo, è quello che mi uccide del sistema: essere convinti che non c'è un'altra prospettiva.


Non lo so. Io il fallimento, come prospettiva ultimativa, non riesco ad accettarlo.
Sarà che sono giovane?
(Eh sì, perché in Italia capita che a 37 anni quasi suonati tu ti senta dire che sei giovane)


Anche per le mamme, in fondo, è così. C'è chi fa la madre martire di marito-lavoro-figli senza altra possibilità. Ma perché non ha neanche l'idea che possa essere altrimenti.
C'è chi cerca un'altra prospettiva, anche se cambiare è difficile, rischioso, ti espone forse al linciaggio e ad un'alta percentuale di fallimenti.

Il problema forse non è solo e non tanto dover lavorare, è non poter cambiare prospettiva.

Non so, voi che ne dite? Cosa rispondiamo ad Igraine?

domenica 18 aprile 2010

Non è solo un commento ad un vecchio post


Questa mattina ho trovato questo nuovo commento al vecchio post Di mamme e downshifting.

Io sono una figlia che non è cresciuta con la propria madre, perché lavorava. Sempre. Mai ad una recita, mai ad una partita di pallavolo, mai ai colloqui con i professori, mai ad accompagnarmi da qualche parte. A volte non la vedevo per giorni perché tornava tardissimo e io già dormivo. Questo mi ha creato molto vuoto dentro, non poter condividere con lei certe cose ci ha allontanato. Del resto, lei era costretta perché era una mamma single, ma se avesse avuto scelta e avesse preferito la carriera, nel mio cuore non glielo avrei perdonato. Io spero di riuscire a fare downshifting!!
LaStancaSylvie
E' stato un pugno nello stomaco.

Dedicato a tutte le mamme single, e a tutte le mamme che devono lavorare, ma forse non vorrebbero, o solo vorrebbero lavorare un po' meno, e un po' meglio, e con uno stipendio degno di questo nome.

Rimane, lacerante per me, la questione della rappresentanza e del potere delle donne che scelgono di diventare madri.

Infine, dedicato a Sylvie. In bocca al lupo.

giovedì 15 aprile 2010

I figli che ti fanno venire i sensi di colpa, e quelli che invece no


Postilla al post sul sano egoismo.

Periodo denso di impegni.
E dimentichiamo il libro che il piccoletto voleva portare a scuola nel cestino della bici.
E cortocicuitiamo la comunicazione interna piccoletto-mamma-GrandeNonna-piccoletto-papà (perché mamma ieri sera era fuori casa, in gran segreto dalla GrandeNonna che altrimenti l'avrebbe cazziata assai) e così piccoletto non può invitare il suo amico a giocare nel pomeriggio, come gli era stato ipotizato all'inizio di questo delirante girotondo di cose non dette e madre assente.
E vado a bere l'aperitivo, fuori a cena, a chiacchierare con, a bere il caffé con, al FuoriSalone con... le mamme di piccoletta, ma non con quelle di piccoletto.
E buttiamo via il questionario della Milano Ristorazione, senza pensare che dopo 10 giorni le maestre chiederanno a piccoletto il questionario indietro. Noi, a quel questionario, non ci sogniamo neanche di rispondere, ma poi bisogna spiegarlo alle maestre commettendo l'imperdonabile errore di chiedere loro un'assunzione di responsabilità (tipo: indirizzare il biglietto di spiegazione alla maestra e chiedere loro di inoltrarlo alla Milano Ristorazione).
E non facciamo un pezzo di compiti, perché lui afferma che lo devono finire a scuola e invece no, ma tu un po' ti fidi e un po' non hai voglia.
E gli insegniamo una nota sbagliata sul flauto, perché ce la siamo inventata.


Periodo denso di impegni.
E il mio senso di colpa nei confronti di picoletto dilaga.

Ora, io ho anche una figlia.
Una di quelle che, fin da quando avevano un mese, se l'è cavata da sola.
Il mio senso di colpa nei confronti di mia figlia al momento si limita a:
non le ho organizzato mai una festa di compleanno (compie gli anni in agosto).
Il mio senso di colpa nei confronti di mio figlio sta assumento proporzioni astronomiche.

Ora, io mi chiedo.
Perché ci sono dei figli che ti fanno venire una marea di sensi di colpa, e quelli che invece no?

martedì 13 aprile 2010

Di Mine Vaganti e sano egoismo (post molto spoiler, ma che ci volete fare)

E dunque.
Al solito, dovrei fare TUTT'ALTRO ma siccome ho questo post nel taschino da tre giorni è inutile che continui a girarci intorno.
Sabato sera, con un incredibile colpo di mano, siamo andati nel piccolo cinema del Ponente Ligure a vedere Mine Vaganti, l'Ing. ed io. Sa il cielo quanto tempo era che non andavamo al cinema insieme.
Ma Ozpetek è un nostro marchio di fabbrica, una di quelle "cose" che condividiamo, dalle Fate Ignoranti in poi.

E quindi.
Volete sapere se mi è piaciuto, Mine Vaganti?
NON LO SO.
Mi ha molto colpito, come sempre fa Ferzan, che quando esci dal cinema vorresti essere suo amico e chiedergli quelle cose che i giornalisti non si sognano mai di chiedergli, tipo: "Ferzan, ma perché non fai ballare quello schianto della Grimaudo con gli amici gay di Tommaso? Perché così si combatte ad armi pari", oppure: "Ferzan, ma perché Tommaso non prende mai una decisione? Fino a che punto si è buoni, e fino a che punto "codardi"?", oppure ancora: "Ferzan, ma perché dici che gli amori impossibili sono quelli che durano tutta la vita?". E poi gli vorresti chiedere perché i personaggi stanno tutti così a galla, ma non si va mai fino in fondo. Come quella spatafiata di Tommaso sulle persone che non si lasciano mai... Ma che è?!?

Epperò.
Epperò è un film sull'importanza di scegliere per sé (e sbagliare, anche "in proprio" come dice la vecchia nonna a Tommaso), ma anche sulla responsabilità che ogni legame porta con sé - una responsabilità che giochiamo tra desiderio di donare e necessità di preservarci. E questo che può sembrare un esercizio teorico, è prassi di tutti i giorni, per coloro che scelgono di stare dentro le relazioni, e soprattutto dentro le relazioni con dei bambini. E' per questo che Mine Vaganti mi sembra un po' dissonante, e anche un po' contradditorio, a dirla tutta. Perché in Mine Vaganti c'è come l'istinto di "preservare" la relazione, ma nessuna motivazione reale, vera, intrinseca - c'è la confusione del sentimento, ma nessuna opzione di scelta.

Ma forse è una contraddizione che sta dentro la relazione.

Non lo so Ferzan, mi piacerebbe che me lo spiegassi tu.
Però io ero lì, su quella spiaggia e in quella pineta, la scorsa estate, e finalmente l'ho vista proprio come desideravo io.

p.s. Ferzan, Scamarcio come omosessuale è davvero poco credibile, lasciatelo dire. Però adoro questo tuo piglio di prendere sempre gli attori più amati dalle donne per trasformarli.

p.p.s. Ferzan, dì tu all'Ing. che la Grimaudo è nata negli anni Ottanta, così chiudiamo il discorso, eh.

giovedì 8 aprile 2010

La vita sociale delle mamme


La vita sociale delle mamme è frenetica: merende a casa con happy-hour mammesco, parco, feste di compleanno, corsi di danza-scherma-disegno-karate-nuoto-inglese-canto-pattinaggio, e poi cene di classe, suddivise, a seconda della rappresentante, in: cene con i padri, o cene senza padri. Prima di Pasqua sono stata ad una deliziosa cenetta di mamme della classe della piccoletta, senza padri e, conseguentemente, senza figli.

Alle 23:30 i camerieri, esausti, ci imploravano di andarcene, che dovevano chiudere.
Noi li abbiamo guardati con sufficienza e abbiamo pensato che "Dove-sarà-finita-la-Milano-che-non dorme-mai", poi abbiamo fatto capannello per un'altra mezz'ora davanti al ristorante.

Ma non è finita qui.
Poi ci sono le amiche, le poche sopravvissute a: singletudine, mammità non coincidenti, mammità coincidenti ma con insuperabili divergenze sulla mammità, mammità scatenanti senso di competizione, traslochi, catastrofi, varie ed eventuali.

E poi ci sono le mamme blogger.
Che, diciamocelo, hanno il loro bel daffare tra MomCamp, cene, incontri ravvicinati del terzo tipo (che Milano è piccola e mica penserai di aprire un blog e non trovare almeno altre due blogger che conoscono quello che conosce tuo marito, in tutte le combinazioni in cui si può declinare la suddetta ipotesi) e inviti di ogni sorta a: cinema, teatro, prova pannolini, prova dolcini, prova cremine.

E così, ecco il prossimo appuntamento: il MomMixer, lunedì 12 Aprile.

Essere mamme è una faticaccia mondana, altroché.
Ma ci divertiamo un sacco, quando incontriamo le mamme giuste, fuori e dentro il web.

Ci vediamo al The Hub in Via Paolo Sarpi?
(Oddio, cosa mi metto?)

domenica 4 aprile 2010

Pasqua coi draghi





Una piangeva dalla paura, l'altro si è addormentato a tre minuti dalla fine.
Una bellissima storia di amicizia e di un'avventura che lascia il segno - che avventura è, sennò?

Buona Pasqua!