mercoledì 30 dicembre 2009

Quelli che si ammalano il 30 Dicembre


Dopo una settimana di prigionia con i bimbi,
benedetta dalla neve, dalla pioggia e dal freddo

di Natale da copione
(anzi, no: dopo tutto il copione, la sera di Natale sei andata a berti una tisana a casa della tua amica e ti sei pure sentita in colpa, perché non rimboccavi le coperte ai bimbi, contravvenendo chiaramente alle regole)

di compleanno del piccolo ing., e fanno 7 anni, e ormai il racconto della sua nascita è entrato nell'epica familiare
(ma tu, no: sei entrata nella fase in cui ogni compleanno di quello piccolo è una impietosa pugnalata alle spalle, e pensi che ne uscirai solo verso i 15 anni)

di scatole e scatole di giochi che invadono la casa, senza trovare alcuna collocazione
(ma tutto, in questa casa, ti sembra non trovare una collocazione, e aspetti mensole e mobili da neanche tu sai più quanto)

di telefonate minatorie per una serie di scadenze del tutto improbabili tra il 10 e il 15 gennaio, tu metti giù e ti chiedi come farai
(il 7 gennaio dovresti sparire dalla faccia della terra, e non hai ancora trovato una baby-sitter)

ti alzi una mattina, dopo aver curato la piccoletta che alle 4 è arrivata nel lettone con la febbre e la tosse

e ti rimetti a letto, che non stai davvero in piedi.

Chiami l'ing., che è al lavoro e non ti dà retta
(le mogli ammalate non sono contemplate nel pacchetto di acquisto, soprattutto quando i figli sono a casa da scuola)

Arriva la Grande Nonna, in una delle sue giornate creative: questacasafaschifo, quandocambiateildivano, vogliol'acquainbottiglia, dovestalapasta, nonhaiiltèinfré, haimangiatoqualcosachenondovevi, hailacervicale, cosahaimangiato, ibroccolettiinfrigosonocrudi, tiportovialecosedalavare, prendilatachipirina, quellanuovabroccadell'acquaconilfiltroèpericolosa
E tu pensi che 15 km sono il minimo sindacale, avresti dovuto metterne almeno 500, di km, tra te e lei. Però trovi che tutto cià sia estremamente terapeutico, ti fa venire voglia di guarire all'istante.

Pensi a perché cavolo ti sei ammalata il 30 Dicembre, e trovi almeno dieci buone ragioni. Prima tra tutte, l'ardente desiderio di cacciarti sotto il piumone e stare in pace per un pomeriggio almeno, a finire di leggere il tuo libro. Ma chiaramente, anche da malata, questo desiderio non viene esaudito.

E così, con un mal di testa da competizione lasci l'ultimo post del 2009, ripensando a questo anno faticoso e strascicato, se non fosse per questo blog, e per tutte i volti belli e le riflessioni profonde che mi ha permesso di incrociare - e una grande gratitudine nel cuore per tutti coloro che passano da qui.

Buon Anno, davvero (ma davvero davvero).

giovedì 24 dicembre 2009

Buon Natale





"Mamma, ma quando divento piccola Gesù Bambino mi restituisce i ciucci?"

Natale è anche una conquista.

lunedì 21 dicembre 2009

Specchio, specchio delle mie brame, qual è il Blackberry per la precaria del reame?


C'era una volta una mamma precaria.

La mamma precaria stava con un cellulare da 30 €. Prima, stava con un cellulare riciclato dalla suocera.

Voi penserete che questa mamma precaria sia una donna di facili costumi, ma vi sbagliate. Erano sempre loro, i celluari da quattro soldi, che la lasciavano.

Un'estate, si innamorò di un iPhone: era affascinante, non si era mai visto in giro qualcosa simile a lui, quando lo vide era appena sbarcato dagli Stati Uniti e le sembrò bellissimo. Lui le sorrise, e lei rimase incantata. Purtroppo, fu una passione destinata a finire ben presto: lei non poteva permetterselo, e lui se ne andò con il bagnino dell'ultima spiaggia.

Poi comparve lui, il Blackberry. All'inizio lo guardò con sufficienza: che sarà mai? Poi capì che, se lo avesse baciato, si sarebbe trasformato in un bellissimo principe azzurro. Lui sì che era solido, affidabile, senza fronzoli, era lo smartphone da sposare.

Triste e sconsolata, la mamma precaria sedeva davanti al suo PC, meditando sul suo triste destino professionale: quando mai si è vista una precaria con il Blackberry? Ma, all'improvviso, arrivò una mail. Con una proposta di lavoro seria per il 2010.

La mamma precaria, allora, iniziò nuovamente a sperare.

Non aveva scarpette da lasciare in giro (la mamma precaria è attualmente sprovvista di scarpe con il tacco, la poverina, e pensa che prima di conquistare un Blackberry sarebbe meglio ripartire dai fondamentali), e così iniziò ad addentrarsi, scalza, nella giungla delle tariffe.

Alberi di TIM, TIM Flexi, TIMMaxxi, liane Vodafone, succosi frutti H3G: la poverina cercò una mappa, qualche riferimento. Lei non era molto portata per queste cose: aveva da 10 anni una tariffa che non esisteva più, e spendeva davvero poco, in telefonia.

Ad un certo punto incontrò il Blackberry Pearl: era il cugino del principe, le disse che era stato fatto apposta per le donne come lei. Lei tirò dritto, e pensò che questi signori non capivano un'acca, delle donne. Lei voleva il suo principe azzurro.

Si perse nella giungla delle tariffe. E iniziò a pensare che forse era meglio tenersi il vecchio cellulare, almeno fino a quando rimaneva fedele, e andare a prendere un paio di scarpe con il tacco, almeno per Natale. Ma in un angolo del suo cuore, continuava a pensare a lui, al B. Bold. E non sapeva il perché.

Ci sono cose che non ti aspetteresti mai, nella vita. Desiderare un Blackberry è una di queste.

venerdì 18 dicembre 2009

Flashback: una vacanza in Salento


Sto per spegnere il pc, scorro velocemente l'homepage del Corriere prima di andare a dormire. E leggo la notizia dei sette capodogli spiaggiati nel Gargano, con lo stomaco pieno di sacchetti di plastica.



Fa caldo.
Il cielo è azzurro, le pinete profumate, e il mare è blu.
Questa terra mi stupisce per la bellezza del suo mare, per la sabbia bianca, per le pinete che digradano verso la spiaggia, per le distese di ulivi e viti. Per il cibo, per il vino e per il sole.

E tutti i giorni, quando arrivo in spiaggia, mi incazzo.
Ma tanto, eh.
Bicchieri di plastica, sacchetti, posate rotte, pacchetti di sigarette, accendini, tappi di bottiglie, bottiglie. Campeggi abusivi nelle pinete. Camper che invadono i promontori. Casette costruite a ridosso delle antiche torri di avvistamento. Pattume abbandonato.

Il Salento è una terra meravigliosa: mentre mi stupivo per la bellezza del mare, e mi incazzavo, pensavo che in qualsiasi altra parte del mondo, il Salento sarebbe diventato famoso come le Maldive, per dire. Che non ha proprio niente da invidiare alle Maldive, e anzi ha una storia da raccontare. In Italia, è soffocato dall'ignoranza di un popolo (quello italico, appunto) convinto del fatto che seminare sacchetti e rifiuti in plastica sia segno distintivo di una ricchezza finalmente raggiunta. Per non parlare del fatto che seminare cemento pare essere segno di distinzione superiore, e costruire palazzi sulla spiaggia una sorta di benemerenza nazionale, oltre che un sacrosanto diritto.

"Mamma, guarda, ti ho preso un tappo!"
In mare c'era sempre qualche pezzo di plastica da portare via, che io prendevo senza pensarci, solo perché mio padre faceva sempre così. E anche la piccoletta, un bel giorno, è uscita dal mare con un tappo di plastica, piccolo regalo in mio onore.

Come vi immaginate questa terra? Se è vero, come disse Danilo Dolci, che ciascuno cresce solo se è sognato, voi come ve li sognate questi luoghi?
(...)
Chiedo alla mia terra se riesce ancora a immaginare di poter scegliere. Le chiedo se è in grado di compiere almeno quel primo gesto di libertà che sta nel riuscire a pensarsi diversa, pensarsi libera. Non rassegnarsi ad accettare come un destino naturale quello che invece è opera degli uomini.

R. Saviano, La bellezza e l'inferno

Leggevo questo, in una delle spiagge più amate, dove (finalmente!!) anche la nostra piccoletta ha superato la paura del mare. Pensavo a noi, ai miei figli, e sì, anche ai capodogli.

lunedì 14 dicembre 2009

La mamma flessibile risponde sempre al telefono


17:45. Con piccoletta aspettiamo che il piccolo esca dalla lezione di scherma nel maleodorante scantinato della ProPatria. La piccoletta guarda, rapita in estasi, un gruppo di liceali che fanno ginnastica artistica.

Squilla il cellulare, è un numero di lavoro.
E' una cosa che devo sbloccare entro domani, un nuovo lavoro, rispondo.

AltroCapodelTelefono, uomo: "Ciao, tutto bene? Mi cercavi?"
Me: "Sì, tutto bene. Dunque, ti cercavo per due cose..."

"MAMMAAAAAAAAAAAA!!!!!!"

AltroCapodelTelefono: "Ah, ma hai una bimba!"
Me: "Ehm... Sì"
Intanto inizio a fare gestacci alla piccoletta: ssshhhhh, vai a vedere le bimbe, adesso no - ormai possiedo tutta una mimica appresa in anni e anni di telefonate con i pupi intorno.
AltroCapodelTelefono: "Quanti anni ha?"
Me: "Quattro"
AltroCapodelTelefono: "Che meravi..."

"Mammaaaaaaaaa MI SCAPPA LA CACCAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!!!"

AltroCapodelTelefono: "Dai, allora sentiamoci domani"

Domani? Domani quando?
Riunione alle 9:30
Festa a scuola del piccolo alle 11:30
Ritorno a casa con piccolo
Festa a scuola della piccoletta alle 16:30
Tre telefonate da fare (di cui due almeno tre volte, prima di riuscire a parlare con la persona che cerco), varie ed eventuali


Me: "No... ehm... Senti, volevo solo chiederti queste cose, dunque allora ho parlato con C, come d'accordo..." Prendo la piccoletta e ci avviamo in bagno, le slaccio i pantaloni, la faccio sedere, le chiudo la porta, parlo e ascolto quello all'Altro Capo.

La telefonata procede, ma al terzo "No, ma guarda sentiamoci domani" mi accorgo che intorno a me c'è una baraonda pazzesca: cinque atlete decenni in tutini sberluccicanti sono entrate urlando come delle iene nel bagno.

Tengo duro: "Figurati, non c'è problema", non mollo l'osso, arriviamo al punto due mentre pulisco la piccoletta dalla cacca, le tiro su i pantaloni - ma non oso tirare lo sciacquone in diretta telefonica. La piccoletta corre fuori dal bagno con i pantaloni slacciati e io le corro dietro. Appuntamento fissato.

Me: "Allora ci sentiamo domani"
AltroCapodelTelefono:"Ok, a domani, ciao!"
Me: "Ciao!".

Quelli che stanno all'altro capo del telefono si inquietano sempre, per le penose condizioni in cui tu sei messa mentre interloquisci con loro, non importa che tu sia a casa o alla ProPatria: un bimbo a cui scappa la cacca, due fratelli che si menano a sangue, uno che cade e si spacca un sopracciglio, mentre tu sei al telefono per lavoro, lo trovi sempre.

Appena squilla il telefono, si scatena l'inferno. E' una legge matematica, non c'è niente di cui inquietarsi, uomini e donne che sedete in uffici silenziosi ed ovattati.

Fateci questo favore, non metteteci nelle condizioni di doverci preocccupare anche per voi, mentre vi parliamo e con l'unica mano libera tentiamo di soffocare il figlio urlante, mentre con il piede passiamo lo straccio per raccogliere il latte versato. E' tutto sotto controllo.

domenica 13 dicembre 2009

Shopping natalizio e celebrities de' noantri


"Sei ripetitiva" mi apostrofa la Grande Nonna.
Per la centesima volta, all'ingresso del Disney Store, me ne esco con la solita frase: "Ma possibile che, con tutto quello che fatturano, non possano affittare un negozio più grande?".

Il Disney Store di Corso Vittorio Emanuele è un bugigattolo stretto e lungo che rigurgita merchandising Disney e, alle 13:30 di giovedì 10 dicembre, mamme e nonne assatanate votate alla causa natalizia dei propri pargoli. Oltre alle immancabili sedicenni.

Mentre mi arrabatto nella sezione Principesse, vengo travolta da tre ragazzine.

"Quant'è figo mammamia! Andiamo a vederlo da vicino!!"

Non posso fare a meno di girarmi ad osservare l'oggetto di tali attenzioni. Pensavo a qualche ragazzetto con i capelli impomatati stile High School Musical, e mi ritrovo davanti a Paolo Kessisoglu.

Beh, bello è davvero bello. Intanto, c'ha un fisico della madonnina, per avere 40 anni (avrà 40 anni, no?). Ha delle bellissime mani (porta la fede.... Avete presente la tipica domanda: "cosa guardi in un uomo?!?"). Ma soprattutto: è vestito benissimo. Pantaloni di velluto a costine beige, blazer, sciarpa grigia in tono con il casco (Paolo K. gira in motorino, nel caso interessi), un paio di sneaker scamosciate di una marca così trendy che la sottoscritta, chiaramente, non conosce.

Per non parlare del fatto che sta al Disney Store a scegliere il vestito da Principessa per la (presunta) figlia.

La Grande Nonna, che non ha la più pallida idea di chi sia Paolo K. e comunque, quando si tratta dei nipoti, non guarda in faccia a nessuno, gli sfila da sotto il naso l'ultima pelliccetta di Aurora e ce ne andiamo.

Più o meno lo stesso posto, più o meno la stessa ora, sabato.
Arranco a passo spedito dietro all'Ing. nel nostro sabato di shopping natalizio, siamo in Via dell'Orso. A metà via vediamo una coda molto british, con tanto di transenne. Un fiume di gente.
"Ma cosa c'è?"
"Mah, saranno quelli in fila per entrare nel negozio di Abercrombie&Fitch"
(sappiamo che lo hanno aperto, sappiamo delle code e dei modelli all'ingresso, ma non sappiamo di preciso dove stia, questo posto balzato in testa alle cronache locali)
"Non ci VOGLIO credere. Ci sarà una mostra"
"Credici, caro!"
"Ma figurati..."
(l'Ing. è sempre troppo ottimista, sulle sorti dell'umanità, ma soprattutto per lui abiti, scarpe e gioielli sono di una tale insignificanza, che l'arrivo degli alieni gli sembrerebbe più plausibile di una coda davanti a un negozio di vestiti)

Mentre mi avvicino all'ingresso e intravedo da sopra le teste un modello a torso nudo con addosso una pelliccia, mi si para davanti Zunino IlCostruttore.

Sembra uscito da un film americano Anni Trenta: sguardo torvo, abito scuro, camicia bianca, caravatta nera, un cappotto cammello lunghissimo appoggiato sulle spalle. E un sigaro Avana lungo 15 centimentri in bocca. E' altissimo (ma com'è che sono tutti così alti, nella realtà?) e (cosa che non leggerete da nessuna altra parte, perché sono cose che non si dicono) zoppica vistosamente. E' diretto al negozio, non credo si metterà in coda, però.

L'Ing. è rimasto un po' più indietro.
"Sai chi ti è appena passato sotto il naso?"
"Chi, quello che mi ha dato una spallata con il sigaro?"
"Sì, Zunino IlCostruttore"
"Ma tu lo conosci?"
"No"
"E come fai a dire che è lui?"
"Ma Ing., è su tutti i giornali..."

Il bilancio dello shopping natalizio di questa settimana si conclude dunque con:
celebrities avvistate: 2
regali acquistati: 2
regali ancora mancanti: 10 circa
kg persi arrancando a 2000 all'ora dietro all'Ing: 1
romantiche colazioni da Brek con l'Ing: 1
sosta forzata dell'Ing. davanti alla vetrina di Pomellato: 1
visita forzata della sottoscritta al Darty di San Babila: 1
idee regalo rubatemi dalla Grande Nonna: 2
tempo per acquistare gli altri regali in settimana: 0
tempo per acquistare gli altri regali nel prossimo weekend: 0
ansia per il Natale che si avvicina: 1000.

mercoledì 9 dicembre 2009

In Sant'Ambrogio


Un anno fa, circa. Pomeriggio d'inverno, trascinati dalla Grande Nonna che doveva assolutamente acquistare un paio di pantaloni decenti per il piccolo ing. in via San Vittore. Il piccolo protesta sonoramente (come qualsiasi essere di sesso maschile trascinato inopinatamente a fare shopping dopo una giornata di duro lavoro).

"Dài, ti porto a vedere un posto bellissimo!"

Ci sono posti che mi riconciliano con il mondo, e soprattutto con Milano: uno di questi posti è la Basilica di Sant'Ambrogio. Già da quando scendi i tre scalini per entrare nel grande cortile, è tutta un'altra storia. Per quanto riguarda il piccolo, la tiritera sulla colonna dove il diavolo è rimasto incastrato aveva sortito qualche effetto, ma nella cripta abbiamo raggiunto il clou: quando ha visto lo scheletro di Sant'Ambrogio, il suddetto piccolo è rimasto folgorato. Peccato che non si potesse scendere a fare il giro dell'urna.

"Solo il giorno di Sant'Ambrogio!" ci avvisa il custode. E all'Immacolata, ha poi scoperto la mamma tour-operator.

Ieri, il ritorno a Milano è stato oculatamente deciso in modo da assolvere a questo imprescindibile dovere genitoriale: portare il piccolo, che nel frattempo è passato da Darth Vader a Indiana Jones, costruendo una sua personale sintesi ("da grande voglio fare lo scienziato archeologo") a vedere la salma di Ambrogio.

Arriviamo in Basilica alle cinque, e c'è un gran via vai di gente, bancarelle nel cortile, la Messa che sta per iniziare, cartelli di "Entrata" e "Uscita" e un gran numero di turisti.

Entro pensando al post di Mammasterdam e alla Chiesa di Milano, e scendiamo in cripta.

"Vedi, quello bianco è Ambrogio e questi altri due signori vestiti di rosso si chiamano Protasio e Gervasio" dico alla piccoletta.

"Ah, abbiamo anche scoperto come si chiamano!" sento alle mie spalle con accento modenese: un gruppo di trentenni in gita. Non posso fare a meno di girarmi a guardare chi ha detto 'sta cosa, e loro mi ricambiano con sguardi come a dire: "Beh, che c'è da stupirsi se siam qui e non sappiamo manco chi sono?"

Ci sono un sacco di italiani che pascolano, che entrano dalla parte sbagliata e pretendono di fare il giro al contrario (è un cunicolo, non puoi andare controcorrente), turisti distratti che non si fermano neanche a leggere i cartelli.

E, abbastanza stupefacente per me, ci sono un sacco di immigrati: cingalesi per lo più, ma anche filippini e qualche sudamericano.

E pregano. Pregano davanti allo scheletro di sant'Ambrogio, come ormai lo chiamiamo in famiglia.

Chissà cosa dirà, in che lingua, questa donna a Sant'Ambrogio, mentre la folla le scorre accanto. Chissà cosa penserà Ambrogio, che non voleva neanche fare il vescovo, nella vita.

venerdì 4 dicembre 2009

Che (brutta) aria che tira a Milano


Non condivido le premesse (finiamola di dire che Milano è la capitale economica, per favore), ma ecco un'inchiesta, agghiacciante in alcuni passaggi, andata in onda su CurrentTV il 2 Dicembre.


giovedì 3 dicembre 2009

Per te spegnerei il sole a mezzogiorno


"Ma no, amore, non ti preoccupare, vedrai che si sistema tutto... Lo sai che per te spegnerei il sole a mezzogiorno... ... ... Piccola, questa mattina alzarmi e lasciarti sotto le lenzuola è stato così difficile... Tutto il tempo in ufficio pensavo a te.... .... .... Beh, ti lascio se sei sui mezzi, no, sono a metà strada, sono a Turro... No, lo so che parlare sui mezzi non è piacevole... No, leggono... Amore mio, a presto".

Seduta in metropolitana, volevo (davvero, VOLEVO!) leggere il mio inquietante romanzo sul caso e i fantasmi interiori, ma non ho potuto fare a meno di essere sviata dalla voce soave del mio vicino spilungone con il cappello di lana calato fin sugli occhi.

"Per te spegnerei il sole a mezzogiorno" non me l'ha mai detto nessuno, tantomeno da un cellulare in metropolitana.

Probabilmente sarei scoppiata a ridere in faccia al malcapitato (che non è carino, lo so, e forse è per questo che nessuno me l'ha mai detto).

Forse mi sono persa qualcosa?

martedì 1 dicembre 2009

Pot-pourri novembrino: di Giuliette, Abbracci spezzati e matrimoni (in crisi, ma anche no)


NON LEGGETE QUESTO POST se volete andare a vedere l'ultimo film di Almodòvar, sennò poi ve la prendete con me, e avete pure ragione.

Il fatto gli è che Novembre è il mese in cui la notte, il freddo e i ritmi mentali più lenti prendono il sopravvento. E sta alla fine dell'anno, che è un periodo in cui ti viene, bene o male, da fare i bilanci, e non solo perché ti tocca pagare le tasse. Ma si sa che quando ti metti a fare i bilanci, i bilanci sono sempre in negativo, per lo più.

Il fatto gli è che Novembre è il mese della semina. Rimasi stupefatta, quando la mia ginceologa mi disse che è uno dei mesi più fertili in assoluto, per le donne - e infatti un sacco di bambini nascono ad agosto, o giù di lì. Pensai a quanto l'uomo vive di ritmi profondi e ancestrali, in queste città un po' deliranti. Non ho seminato bimbi, ma molti pensieri, e numerosi stati d'animo. Nuove chiarezze, ripensamenti, poche soluzioni e persone che non ci sono più nella mia vita e che di notte fanno capolino nei miei sogni (stanotte però erano tutti incazzati con me, caspita).

Il fatto gli è che vai a vedere Almodòvar. Gli abbracci spezzati è un bel film d'amore, un po' banale forse, ma ti rendi conto che nel nostro immaginario collettivo il grande amore, da Shakespeare in poi, è l'amore che non hai mai vissuto: è la storia che non è mai iniziata, o che è finita sul più bello. Ma questo NON è il grande amore: il grande amore è quello che passa sopra la solitudine, la noia, i giorni, le pentole che gli avresti volentieri tirato in testa, la voglia di scappare eppure rimanere, il non capirsi, il mollare la spugna e poi riprovarci, se non altro perché sei responsabile di qualcosa nei confronti dei tuoi figli. C'è un bel libro nella mia libreria, che non ho ancora letto, si intitola Se Giulietta e Romeo fossero invecchiati insieme: sai che palle, se fossero invecchiati insieme, non è che ci si può fare un film. Epperò torni a casa dal cinema con un grande senso di gratitudine per l'Ing., per aver saputo esserci, e per questa storia che è il matrimonio, che non si sa mai come va a finire, però è terribilmente vera, e bella.

Il fatto gli è, infine, che vai ad una festa con amici senza prole, e ti accorgi di non essere affatto guarita: hai avuto l'ennesima ricaduta nella tua Sindrome da Peter Pan. E quindi l'Ing. deve trascinarti via per i capelli, perché tu faresti tranquillamente le 4 del mattino. E allora tutta quella gratitudine, per un po' te la dimentichi.

Dicembre inizia, e sarà mese di ponti, salti mortali, regali, Jingle, feste di compleanno per il piccolo, feste a scuola, chilometriche vacanze di Natale, luci e nessuna cupezza novembrina.