giovedì 12 novembre 2009

Di mamme e downshifting


Ho letto un libro molto interessante, Adesso Basta! Lasciare il lavoro e cambiare vita: filosofia e strategia di chi ce l'ha fatta. L'autore di questo libro dal titolo wertmulleriano è Simone Perotti, che in una vita precedente faceva il manager. Poi "ha fatto downshifting", che sembra un'altra di quelle cose fighe in inglese che fanno i milanesi.

Invece Simone ha fatto una cosa molto poco milanese, ha mandato tutto all'aria: lavoro, carriera, prestigio sociale. Una cosa di cui un milanese vero non si capacita. Ora vive di mare e di lavoro delle sue mani. E scrive.

Nel suo libro c'è una critica durissima al "lavorare per consumare", al consumismo ma anche al lavorismo forsennato. La cosa interessante è che questa critica non è ideologica o moralistica, ma è una critica strutturale, una critica che viene da uno che "stava nel sistema". Logici e filosofi sanno che non c'è niente di peggio.

Leggerlo, per una che ha rinunciato al suo "posto sicuro" per non dover lasciare la figlia di 4 mesi con la baby-sitter, e alla quale nessuno (ma proprio nessuno, eh) ha detto "brava, hai fatto bene" è stato davvero salutare.

Mi sono vista davanti tutte le donne che hanno lasciato il lavoro, in tutto o in parte, per stare con i propri figli. E ho pensato che tutte queste donne hanno fatto downshifting, con la differenza che non l'hanno fatto per se stesse, ma per qualcun altro molto piccolo. E con la differenza che molte altre donne le avranno guardate storto, che molte compagne dell'università le tratteranno con condiscendenza, che loro stesse si sentiranno a volte "fuori posto", soprattutto in questa città.

Non erano Top Manager, ma vale lo stesso (mi sembra).

Tutte queste donne, in fondo, costituiscono un problema, per il sistema. Sarà per questo che si parla con tanta ossessione del lavoro-delle-donne-e-Pil? No, non è solo per questo, certo, ci sono una marea di problemi correlati (la dipendenza economica, il costo dei figli, la stabilità coniugale ecc ecc ecc ecc ecc). Ma il dubbio, un po' ti viene.

Insomma, tutte queste donne hanno fatto una scelta ben precisa, e forse è ora che sia restituita loro la dignità di questa scelta - il che, a sentire la Trista Ministra Gelimini, non pare proprio - indipendentemente dal fatto che abbiano "un marito che le mantiene" o meno. E' ora che loro stesse si guardino con occhi nuovi e si facciano dire "brava" da tutti quelli che stanno loro intorno.

Così riflettendo, incappo in questo articolo di Gaby Hinsliff, segnalato da Calamity Jane, nel quale la signora si dilunga per pagine e pagine a spiegare i motivi per i quali ha abbandonato il suo meraviglioso, gratificante e all-the-time job (perché quando una lavora sempre, non si può parlare di full-time). E leggevo questo post di Luisa, di cui mi ha molto colpito la rabbia (ha fatto downshifting, Luisa, ma lei non voleva e per la verità non so se possa esistere un downshifting coatto).

E dunque, dopo aver letto Simone, Gaby e Luisa, la domanda che ora mi attanaglia è questa: il lavoro è diventato un disvalore? Perché capite che alla mia etica lombardo-veneta-cattolica, 'sta cosa crea degli scompensi, e seri, anche. E come si cambia, se tutti coloro che se ne accorgono se ne vanno (perché sempre la mia educazione lombardo-veneta-cattolica mi dice che le cose si cambiano davvero solo "da dentro")? Un altro modo di lavorare è davvero possibile?

A queste domande, davvero, non riesco a dare risposta.
E non ho ancora pagato l'F24.

36 commenti:

Chiara Trabella ha detto...

Io ho l'impressione che il lavoro non stia diventando un disvalore (come si potrebbe? siamo lombardi!), ma che, dopo troppi anni in cui l'unico valore era l'all-the-time job, ora ci si stia ridimensionando. Soprattutto perché molti, a causa della crisi, son caduti col sedere a terra nonostante lavorassero come pazzi, e forse stanno riconsiderando la loro scala delle priorità.
Io, dopo i primi anni passati a vivere per lavorare, sono passata a lavorare per mangiare e ora, forse, sto cominciando a lavorare per vivere: grazie all'università che mi ha assunta e a una capa del personale che ci ha visto bene, ho trovato la mia collocazione, lavoro sodo nel mio orario di lavoro e nulla più, riesco a tornare a casa dalla mia famiglia senza sentirmi né una schiava né una mantenuta dallo stato.
Il fatto è che la soluzione non sta nel diventare tutti statali. Io credo che la soluzione stia nel dare regole molto rigide sia ai datori sia ai dipendenti e spingere sul modello collaborativo per attuarle. Ovvero: che non vinca il modello "se posso ti frego", ma "se posso ti aiuto, perché conviene anche a me".
Sogno? Probabilmente sì.

Costanza ha detto...

bella domanda, me la pongo da tempo. anche io come te ho fatto 'la scelta', e nessuno a dirmi brava, tutt'altro. tutti a dirmi: 'ma sei scema?'.

ecco, io un po' scema mi sono sentita, per un bel po', poi grazie ai blog, alla condivisione di idee con altre mamme, a molta autoanalisi mi sono ripulita della educazione ricevuta. quella che dice: 'fai fai lavora lavora, dai su non fermarti mai'. io mi fermo, voglio fermarmi a pensare alla vita che faccio. soprattutto da quando ho figli, non voglio bermi la vita d'un sorso senza capire nulla di quello che succede giorno dopo giorno. certo, è facile dirlo dal mio punto di vista, da 'mantenuta', perché è questo che sono agli occhi di tutti. non sono una mamma che ha scelto di dare il proprio tempo ai propri figli, sono solo una che ha scelto di stare a casa, agli occhi degli altri. quindi finché non cambierà la mentalità sarò una che non ha voglia di lavorare e che ha scelto la via più comoda.

mammalisa ha detto...

Il commento di ITmom mi ha fatto realizzare perchè, accampando mille scuse, non sia mai più passata a salutare le mie colleghe d'ufficio. L'unica volta che ci andai, con la mia primogenita che aveva 5 mesi, dopo i complimenti rituali alla bimba si produssero in un: "dai, dai, raccontaci bene la tua giornata..." Gulp. Come se non avessi mai sentito le loro filippiche sulle 'mantenute';-( Ma sarà una mentalità tipicamente lombardo-veneta? Mah...

Anonimo ha detto...

lorenza bellissimo commneto il tuo. in molti mi hanno detto cose simili. tanta tanta gente ha avuto un coraggio da leone, per sé, per i figli, per la vita... e si sentivano soli. Invece guarda quanti siamo ad aver detto no con coraggio... molto bello questo. In bocca al lupo!
Simone Perotti

lorenza ha detto...

@Lanterna: ho appena finito di fare una serie di interviste in alcune aziende, e una delle cose che mi ha più colpito è stata l'assoluta arbitrarietà delle regole che vigono nella gestione del personale (cosa che peraltro ho sperimentato sulla mia pelle), c'è una dimensione puramente relazionale che fa sempre la differenza... Il problema diventa allora la capacità di relazione delle persone... Forse un tema sul quale dovremmo riflettere!!
@Itmom: il farsi mantenere era volutamente provocatorio, chiaramente uno stipendio in più, anche quando non ce n'è bisogno, permettere di fare un sacco di cose (macchine, viaggi, vestiti) alle quali altrimenti si rinuncia...

lorenza ha detto...

@mammalisa: anche a me è capitato di portare la piccoletta in ufficio, creando un ESTREMO imbarazzo, non credo sia questione di mentalità, credo sia questione di rigidità, che è un'altra cosa!!
@Simone: grazie a te per il libro e per il commento. Crepi il lupo!!

Paola Liberace ha detto...

Ciao Lorenza,
anzitutto, lasciatelo dire: brava, hai fatto bene. E non perché tu abbia abdicato al valore del lavoro, che le tue stesse parole dimostrano esserti ancora ben presente: ma perché con la tua scelta, credimi, non hai smesso di porre il problema della conciliazione, con la stessa forza, forse maggiore, che se fossi restata "dentro". Su questo non dubitare.
Conosci forse già il Manifesto per il Lavoro della Libreria delle Donne di Milano ("Sottosopra - Immagina che il lavoro"), che si pone la tua stessa domanda se un altro modo di lavorare sia possibile - e si impone di rispondere di sì. Ecco, forse un altro modo di lavorare in azienda non è ancora possibile (e sto per sperimentarlo di persona, avviandomi kamikazisticamente al secondo rigetto della seconda domanda di part-time): ma non è detto che non lo sia mai. Un altro modo di lavorare tout court, invece, esiste già, e sono molte le persone che lo hanno abbracciato, magari dopo un downshifting. Per intenderci, la Hinsliff non ha affatto smesso di lavorare, visto che scrive a iosa (se vuoi guarda il suo blog, usedtobesomebody.blogspot.com); ma ha smesso di farlo con i ritmi imposti da un ruolo da dipendente che mal si conciliava con la sua stessa competenza giornalistica.
Non credo che sia impossibile concepire, e realizzare, una modalità lavorativa diversa. Ogni scelta ha la sua dignità: quella di allevare i propri figli, a mio modo di vedere, è la più degna di tutte (non sto a rispolverare la solita citazione di Bowlby sul valore poco riconosciuto che ha la produzione di bimbi sani e felici nella propria casa da parte di madri e padri, il cui contributo viene quantificato solo se ascrivibile all'aumento del PIL).
Detto questo, quello che mi sembra una vera indegnità, uno scandalo, un'aberrazione, è che questa per molti, per troppi non sia ancora una scelta: ma una via obbligata data dall'assoluta mancanza di alternative, e dalla distrazione di uno Stato che, invece di prestare al cittadino le sue abilità di palazzinaro proponendogli come unica via d'uscita il ricovero coatto dei figli nei nidi pubblici, dovrebbe fare il suo mestiere - vale a dire, il legislatore; visto che è l'unico che può davvero farlo.

Perdona la lunghezza, e un abbraccio ancora

Paola

emily ha detto...

nn è un disvalore il lavoro, anzi, è che secondo me siamo un po' confusi.
vogliamo la casa in proprietà. le ferie al mare e in montagna, il televisore al plasma e i vestiti nuovi, ma queste cose costano e dobbiamo lavorare.
ma vogliamo stare anche con i nostri figli
e allora ci stracciamo le vesti, voglio uno stato, un sistema, un lavoro che mi eprmetta di lavorare 3 ore al giorno avere un posto di responsabilità e gratificante e guadagnare un mucchio di soldi.
lo so sono terra terra.
ma a me hanno insegnato il peso delle scelte e nn mi incaxx se deciso di mangiare gelato tutti i giorni, nn me la prendo col mondo se mi cresce il sedere.
è un'ingiustizia? no è la vita.
anche a me nn piace l'idea che donne in gamba molto di più dei loro colleghi maschi siano superate nella carriera xkè ad un certo punto sono chiamate ad essere madri, ma è la realtà e la vivo ogni giorno nella mia pelle.
questa settimana ho avuto il piccolo malato: x essere in ufficio ho fatto i salti mortali, sono stata aiutata ma ho finito col lavorare tutte le sere. oggi e domani li passerò in ufficio x recuperare.
nn dico che sia giusto ma nn posso volere avere un'azienda e poi passare la giornata ai giardinetti.
ok lo so che questo tipo di cmmenti attirano le polemiche, ma stamttina nn è giornata!

lorenza ha detto...

@Paola: mi occupo di conciliazione (da, appunto) 4 anni, ma dopo l'ennesima ricerca sul campo mi chiedo se davvero un altro modo di lavorare sia possibile nell'interno del mondo corporate, non come libero professionista in grado di gestire il proprio orario. La critica da cui parto, poi, è molto radicale perché chiama in causa le ragioni stesse del consumare - lavoro e consumismo, cioè, sono legati a doppio filo. Per quanto riguarda lo Stato beh... le leggi ci sono, il problema semmai è farle applicare, in questo Stato. Sono arrivata perfino a chiedermi se la nostra legge per la tutela della maternità tuteli davvero le donne (ma non è qui, ora, la sede per parlarne!). E' una questione culturale e di rappresentanza sociale, il downshifting (coatto, o meno) delle donne.

lorenza ha detto...

@Silvietta: sono super-curiosa di conoscere la tua opinione!!
@Emily: il problema sta proprio lì: nel capire cosa si vuole davvero. Non sto affatto denigrando le mamme che lavorano (sarei pure ipocrita, oltre che idiota), ma un sistema che ha fatto cortocircuito per cui se decidi di sacrificare un lavoro per tuo figlio sei sostanzialmente una poveretta (e ti assicuro che da queste parti è così, a meno che tu non abbia sposato un petroliere, ma torniamo daccapo). Invece mi sembra necessario restituire dignità a ogni scelta, alla madre che torna a lavorare subito e a quella che decide di fare altrimenti. Chiaramente, entrambe, consapevoli delle responsabilità che comporta ogni scelta (sai quanto amo questa parola, e quanto credo ci sia bisgno di prenderla sul serio?!?). Ricorda però che tu puoi gestire il tuo (tanto) lavoro in autonomia, e questo (nel bene e nel male) è una cosa che un dipendente in genere non può fare - e ti assicuro, da libera professionista, che è la differenza e il problema sostanziale, nella partita della conciliazione famiglia-lavoro. Al di là delle disquisizioni sul consumismo

lorenza ha detto...

vabbe', adesso lascio un commento io. rispondere a questi commenti è stato quanto di più faticoso e gratificante abbia combinato in questi due/tre giorni. grazie.

Chiara Trabella ha detto...

Vorrei rispondere al commento di Emily, sulla questione consumismo. Penso che si debba fare downshifting anche sui consumi, e giustamente (come dice Paola), considerare tra i costi e i benefici non solo ciò che si può monetizzare ma anche ciò che produce benessere e basta. Questo significa che, per carità, quest'anno sono stata la prima a spendere un po' di soldi per la cucina nuova, ma solo perché significava una migliore qualità della vita per la mia famiglia (e ho avuto ragione, per fortuna). Penso che il sistema consumista ci abbia drogati per troppo tempo, nella folle corsa all'aumento del PIL, e che non sappiamo più distinguere ciò che davvero migliora la nostra vita da ciò che invece è solo uno status symbol.
Detto questo, ogni scelta per me ha una sua dignità: se decido che per me cellulare ultimo modello, schermo al plasma e auto costosa sono importanti, lavorerò come una pazza per permettermeli. Se invece decido di rallentare col lavoro, dovrò limitare i consumi voluttuari. Se invece voglio l'uovo e la gallina, sono chiaramente una persona che non ha senso della realtà.

M di MS ha detto...

Ciao Lorenza.
Avevo molte cose da dire, quindi ci ho scritto un post.

lorenza ha detto...

@Lanterna: grazie, ci ho girato intorno senza riuscire a dirlo
@M di Ms: corro a leggerlo!

Laura.ddd ha detto...

grazie per questo post. Anche se non ho fatto downshifting, e forse anche per questo, ho un'acuta e dolorosa consapevolezza del valore del tempo, che dedico o non dedico ai miei figli e al lavoro. Anche perchè, volendo fortemente una soluzione lavorativa che non mi allontani da loro per un tempo che considero al di fuori dei limiti di tolleranza, mi ritrovo ad essere sottoutilizzata relativamente alle mie competenze professionali e anche umane. Si', bisogna che la parola LAVORO venga riduscussa nel suo significato. Occorre trovare una soluzione alternativa all'AUT/AUT, le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie sarebbero già piu' che sufficienti, ma occorre il coraggio di cambiare modello di lavoro (e di consumi).

Mammain3D ha detto...

Complimenti, proprio un bel post!
Downshifting... quanto mi piace 'sta parola!!! A proposito, anch'io l'ho fatto.

Paola Liberace ha detto...

sono d'accordo, non si può parlare di rivedere le modalità lavorative se non si risale alle basi della società dei consumi, la stessa che da almeno 50 anni ha imposto tempi e modi dell'impegno professionale - per quanto riguarda le donne, più fortemente e precocemente di quanto non abbiano poi fatto le rivendicazioni femministe.

d'accordo anche sulla necessità di trovare una soluzione che non sia il semplice invito a tutti/e ad aprire un'attività in proprio e/o a fare i giornalisti; ma proprio per questo servirebbero leggi che oggi non ci sono, o che non funzionano abbastanza. per quanto che riguarda la maternità, è la stessa componente governativa che ormai denuncia l'insufficienza della l.53/2000 - a tutt'oggi l'unico pronunciamento "ufficiale" sulla flessibilità, attraverso il sibillino art. 9. il dato di fatto è che usufruire del part-time, della delocalizzazione del lavoro, o di misure come la banca delle ore, resta un'upopia confinata a poche realtà "illuminate", che hanno aperto loro le porte in sede di contrattazione aziendale. per quanto ancora questa resterà l'unica alternativa alla flessibilità fai-da-te?
p.

extramammaw ha detto...

Anch'io ho fatto downshifting 10 anni fa. Non mi sono mai pentita, ma è dura perchè mi sembra, almeno dalla mia esperienza, che tutto lo "sbattimento" è comunque sulle nostre spalle. Sta bene che sa inventarsi un lavoro, certo la società non aiuta. Anzi.

Paola ha detto...

by the way:
ancora gaby hinsliff, nell'ultimo post parla di "tirare la cinghia": a proposito di revisione dei consumi.
http://usedtobesomebody.blogspot.com/2009/11/tightening-belt.html?utm_source=twitterfeed&utm_medium=twitter

Paola

lorenza ha detto...

Grazie a tutte. I vostri commenti, e soprattutto le sollecitazioni di Paola, mi hanno suggerito un altro post sull'argomento, spero di riuscire a scriverlo presto, e spero che una discussione così stimolante possa continuare

My ha detto...

cara lorenza, grazie a te per il dibattito a cui hai dato vita.
oltre ad averti linkata in un post inutile, ho inserito il libro nella (kilometrica) letterina a babbo natale

Trasparelena ha detto...

Sono molto d'accordo con quello che scrivi, e vorrei sottolineare che l'"all-the-time job" il più delle volte non lo vogliono le mamme ma le aziende, che il part-time non lo concedono e il tele-lavoro nemmeno.
se lo stato si preoccupa del pil in meno a causa delle donne che non lavorano forse potrebbe incentivare queste forme di lavoro "di compromesso".
che poi una che ha voglia di lavorare quello che fa in 8 ore lo fa pure in 6 e una che non c'ha voglia quello che non fa in tempo a fare in 8 ore non lo fa manco in 14!!

Unknown ha detto...

ci vorrebbe un discorso lunghissimo ma... rispondendo alla tua ultima domanda, credo di sì, un'altro modo di lavorare esiste. Bisogna che ci/vi aiutino a concretizzarlo presto, per il bene di tutti.
ciao
Luca

Ilaria ha detto...

Ciao... questo tuo post mi ha commossa. Ho "visto" mia zia, laureata in filosofia, con un'ottima carriera avviata, che, dopo la prima figlia, ha deciso di fare la mamma (e moglie, e casalinga) a tempo pieno. In tutto ha avuto 5 figli. Col marito hanno ristrutturato da soli una casa in campagna e vivono lì, pressoché autosufficienti (lui però lavora come insegnante); quante volte ho sentito, anche nella mia famiglia, persone dire, con accenti di commiserazione: "Ma con l'impegno per laurearsi (quando non era né facile né scontato come oggi), con quella carriera, lasciare tutto così...". Ma lei è felice, e a chi le ha rivolto questo tipo di frase ha sempre risposto che ha valutato che il lavoro di crescere figli è quello che le piace di più.
Riguardo alla domanda finale... anch'io vengo da una famiglia con quella sana mentalità lombarda di una volta; penso che oggi spesso il lavoro sia un disvalore nel momento in cui non si dà più valore alle persone. In questo periodo sto cercando lavoro: è umiliante, e non dovrebbe essere così. Ti fanno sentire un numero, o un questuante. Ho perso il lavoro precedente dalla mattina alla sera, senza una spiegazione data guardandomi negli occhi. Se questo mondo del lavoro ti considera solo un numero o un automa... che valore c'è? Perché devo dare me stessa a qualcuno che non mi guarda neanche in faccia? Grazie per queste riflessioni :-)

Paola ha detto...

Aspetto il tuo post! :-)

ps: Trasparelena for president: hai già votato qui: ? http://www.petizionionline.it/petizione/per-il-part-time-alle-madri-lavoratrici/81

Paola

lorenza ha detto...

@My: bello il post, altro che inutile, e speriamo che Babbo Natale ti accontenti (ma sei sicura di non essere stata un po' troppo esosa?!? ;-)
@Trasparelena: è il grosso dibattito in corso d'opera, ne parlavamo anche ieri sera al MomCoaching di Milano (vedere su Veremamme).
@2Gemelle - Luca: bisogna che CI aiutino, non vi aiutino, credo. La differenza è sostanziale, e senza voi "uomini" e "papà" non si potrà andare da nessuna parte, credo.
@Ilaria: grazie a te per queste belle storie, purtroppo l'aspetto più inquietante è proprio la spersonalizzazione... In bocca al lupo per tutto, davvero.

Fosca ha detto...

Ciao,
anche io sono mamma di un bimbo di 2 anni, imprenditrice (dirigo una società di ingegneria) e da un mese mi sono lasciata andare nella prova di vita DOWNSHIFT a modo mio...
Se ti va, fai un salto sul mio blog e leggiti qualche riflessione: mi interessa molto il tuo parere...
Ciao!

chiara ha detto...

Lorenza, ciao, leggo questo post tardi ma ci tenevo a darti la mia esperienza.
Essendo una libera professionista la mia storia rimane un pò a metà, e forse è anche peggio,come dire una professione non concretamente avviata e una mamma, moglie, donna di casa,che a volte c'è al 100x100 e a volte anche nel fine settimana guai a varcare la soglia dello studio.
Questo mi fa sentire precaria a vita.
Però mai mi sono setita mantenuta, è bruttissimo definire così le signore che decidono, per tanti motivi e non solo per i figli, di non lavorare.
Conosco molte amiche che sono in questa situazione pur non avendo figli o avendoli ma già grandi.
Non riterrei queste donne mantenute, in fondo fanno tutto quello che le persone della famiglia che hanno un orario di ufficio vincolante non possono fare.
Non intendo solo la pulizia della casa e i bucati, le responsabilità in una famiglia sono molteplici e non così ridutive, ci sono il prendersi cura dei familiari,lo si fa costantemente anche quando nessuno a l'influenza, ma anche accogliere consigliare seguire ascoltare, tutto ciò assorbe tempo e energia,
occuparsi dell'economia domenstica che non mi sembra cosa da poco, pagamenti, fatture, incarichi...
A tutte coloro che lasciano il lavoro andrebbe stampato un bel GRAZIE!
Il rsto è solo invidia.

lorenza ha detto...

:-) appunto.

acasadiclara ha detto...

eccomi qui anche io un po' in ritardo. la discussione è molto interessante e profonda. io non ho fatto downshifting e mi tengo stretto il mio lavoro nonmoltopagato a tempo pieno e a tempo indeterminato. La questione nella nostra famiglia è essenzialmente economico e senza due stipendi faremmo molta molta fatica. Ammetto che da quando mio marito ha accettato la cattedra di ruolo alle medie sono più tranquilla visto che almeno lui ha ha disposizione un po' più di tempo per stare con i nostri due piccoletti. La mia azienda non dà il part time e non mi ha proposto grandi step di carriera. Mi stimano, ok, ma sto lì dove ho iniziato o poco più. Però lavoro a dieci minuti a piedi da casa e dalle scuole e quando mi chiamano per febbre o altro posso lasciare tutto all'improvviso e tornare dopo aver risolto il problema. Al momento non sono nella possibilità di fare altro. Preferei che mi fosse data la chanche di lavorare part time o una maggiore flessibilità di orario.
Ammiro molto le mamme che scelgono di stare a casa ma ammiro anche quelle che per conservare il proprio posto di lavoro fanno i salti mortali.
Ciao!

Mamma Cattiva ha detto...

Mi dispiace davvero molto arrivare così tardi al commento di questo post prezioso e stimolante. La cosa che mi piace è la pari dignità che dai alla scelta di ognuna, per cui mi sento capita nella mia scelta contro-tendenza, nonostante io stessa viva i richiami del downshifting. Paradossalmente mi trovo in un momento di upshifting e ancora più assurdamente sento gli occhi puntati contro per aver scelto un lavoro over full-time ad apparente dscapito dei miei figli. Non è che noi donne abbiamo (o sentiamo) gli occhi puntati contro qualsiasi scelta noi facciamo, che sia mollare il lavoro per occuparsi della famiglia piuttosto che scegliere di lavorare e quindi avere poco tempo per la famiglia? La soluzione è nell'equilibrio, nella possibilità di non dover scegliere tra il tutto e il niente e questo ci verrà concesso quando tutti, uomini e donne condivideranno le scelte. Solo un cambiamento culturale nell'intendere la famiglia farà la differenza.
E per finire voglio anche io dirti brava. Scemi/e quelli/e che non l'hanno pensato o detto.

lorenza ha detto...

@Mamma Cattiva: sì, penso anch'io che il disagio di sentirsi guardate strano passerà quando la cura dei bimbi sarà considerato un dovere di mamma-e-papà, e questo passa necessariamente anche attraverso una reale parità lavorativa... Di fatto, nelle coppie in cui questo succede (che siano entrambi manager o che lavorino entrambi part-time, poco importa), è già così. Grazie e... ancora un grosso in bocca al lupo per le tue scelte!

Anonimo ha detto...

eh si, lotto ogni giorno contro i sensi di colpa di superdonna supermamma superlavoratrice, lombarda al 100%, incapace di rallentare, fermarsi, OZIARE. A casa in maternità mi sentivo in colpa ogni volta che passavo la mattina a godermi una lunghissima passeggiata con carrozzina nel parco; ora mi sento in colpa perchè non posso accompagnare e prendere tutti i giorni i miei tre bimbi, facendo la mamma-che-chiacchiera-fuori-da-scuola/asilo. Vivo un caos emotivo e mentale su cosa voglio e cosa sia meglio per me e quindi per i miei cuccioli ... e questo post intelligente e acuto ha illuminato impietosamente tutti i miei sensi di colpa!

yummymummy ha detto...

cara lorenza, sono una mamma come te, blogger anche io, che ha fatto la stessa scelta!!! e nemmeno per me c'è stato un "brava!!!" ma solo tanti "ma che sei scema??!!". Ero all'apice della mia carriera!!! Sono romana ma anche qui la mentalità è la stessa: se lavori sei qualcuno perchè produci e consumi... altrimenti sei meno di zero!!!
sono felice di averti trovata!!!
il mio blog è http://yummymummyematteo.blogspot.com

Silvietta ha detto...
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LaStancaSylvie ha detto...

Io sono una figlia che non è cresciuta con la propria madre, perché lavorava. Sempre. Mai ad una recita, mai ad una partita di pallavolo, mai ai colloqui con i professori, mai ad accompagnarmi da qualche parte. A volte non la vedevo per giorni perché tornava tardissimo e io già dormivo. Questo mi ha creato molto vuoto dentro, non poter condividere con lei certe cose ci ha allontanato. Del resto, lei era costretta perché era una mamma single, ma se avesse avuto scelta e avesse preferito la carriera, nel mio cuore non glielo avrei perdonato. Io spero di riuscire a fare downshifting!!
LaStancaSylvie