lunedì 11 gennaio 2010

Riflessioni di una massaia postmoderna sul futuro del web (e intanto l'Ing. continua a smanettare sulla Wii, tra un po' ci farà anche il caffé)


Dieci anni fa.

Dieci anni fa esatti mettevo piede nella prima (ed ultima) web agency nella quale ho lavorato. Era tutto arancione e c'erano quadri per terra, scatoloni e tv, e un gran casino. Erò lì per un colloquio, facevo l'insegnante in una scuola privata di Saronno. Dal paleolitico allo sbarco sulla luna, insomma.

Arrivò il PM, e mi chiesi se per lavorare in una web agency bisognava andare in giro come se si avesse appena finito di montare un campeggio.

Il colloquio iniziò con:
"Hai visto il sito?"
"Veramente no, non ho il PC"

Proseguì con:
"Hai mai scritto per Internet?"
"Veramente no"

E finì con:
"Anche la mia fidanzata abita al Paesello, si chiama Carola"
"Ah! Veramente, non la conosco".

Mi presero.
Per disperazione, ma mi presero.
Inutile dire che fui il miglior acquisto del mese di gennaio.
Il PM andò avanti a chiamarmi Roberta per almeno due settimane, e quando smisi di rispondergli imparò il mio nome. Quando chiamavo gli uffici stampa, e dicevo che scrivevo per un sito, un mutismo di almeno di 2 minuti era prassi normale. Qualcuno riattaccava.

Oggi passavo davanti ad un'edicola e guardavo le locandine della nuova, incredibile idea promozionale del Corriere: il Brain Trainer. Una vena di malinconia e un pensiero: "Ma ormai la carta stampata è destinata a rincorrere idee create altrove?" Postilla: "Che senso ha rincorrere cose che si fanno meglio con altri mezzi?"

Oggi, Gianni Riotta scrive su IlSole24Ore un lungo articolo dedicato a Jaron Lanier, "guru del web e firma di Wired" (un classico, tzsé).

Lanier critica l'indifferenza che ormai regna sovrana: possibile che il parere di Amartya Sen valga tanto quanto il mio?
No, chiaramente no.

Possibile che il web sia infestato di scalmanati che insultano gratuitamente?
Succede, ma anche no.

E qui si gioca il grosso della partita: in questo pot-pourri in salsa web, la verità "sgocciolerà via", come teme Jaron Lanier?

Sono fuori da un po', dal dibattito filosofico, per sapere come sta la verità. Agli inizi del Novecento, tuttavia, la verità non se la cavava tanto bene, e il Web 2.0 era di là da venire. E infatti la conclusione pacificatoria di Riotta è: "gli esperti e l'informazione di qualità parlano ai cittadini, e i cittadini fanno sentire la propria voce senza rancori e follie anonime". Amen.

La differenza allora non sta nello "sgocciolare" della verità "in sé", ma nell'essere persone (e soprattutto nell'educare persone) capaci di distinguere la differenza.

Ma ho una domanda, alla quale francamente non so dare risposta.
Siamo sicuri che la verità sia una questione pertinente del Web 2.0?
(Io propendo più per il no, che il Web 2.0 è uno strumento, e come tale va considerato, senza pretendere di caricarlo di poteri taumaturgici oppure senza denigrarlo a ogni piè sospinto, decretandone il declino ogni due giorni, come fanno i media mainstreaming) (Però, non lo so)

4 commenti:

supermambanana ha detto...

e' come se a uno che canta bene gli si dicesse che e' tutto merito del microfono

Paola ha detto...

Propendo fortissimamente anch'io (che di verità, e di tutto il resto del filosoficume spacciato in questi circoli ovviamente viziosi, ne ho avuto per anni, da averne abbastanza).
Paola

Fosca ha detto...

Propendo propendo..Pure io propendo per il NO, certamente.

MammaNews ha detto...

Ciao Lorenza, anche io mi occupo da una decina di anni di contenuti per il web e un po’ condivido quello che dice Lanier . E’ vero come dici che la sfida è fare in modo che le persone siano in grado di distinguere ciò che è di qualità da ciò che non lo è (e a volte anzi è proprio una bufala) ma non è facile e il web 2.0 non aiuta. Tutti scrivono tutto e si sentono portatori di verità e contenuti. Può essere lecito e difficilmente si tornerà indietro, ma la qualità è a rischio ed è certamente vero che il web, come la tv, è un po’ lo specchio dei tempi che vedono la cultura e la qualità dei contenuti (siano video o testo) navigare in cattive acque. Dico insomma che per uno o due blog che rappresentano davvero una voce nuova e qualitativa, ce ne sono altri cento che non fanno che cavalcare il nulla e il banale, che per un editore di Wikipedia realmente competente che offre ad una teoria una visione nuova ce ne sono altri cento che poco sanno o magari sono mossi da altri interessi. A questo punto meglio una vera enciclopedia dove la qualità del contenuto è data dalla riconosciuta autorevolezza dell’esperto che l’ha scritta. Ciao Francesca