Martedì, piove. Rientro a casa alle 13 con il piccolo. Apro la porta di casa, entro, metto l'ombrello nel portaombrelli, appoggio le cose. Il piccolo non entra, come al solito: uno dei passatempi preferiti dei miei figli è gironzolare e nascondersi sul pianerottolo.
Esco a cercarlo, lo trovo sulle scale con il cappuccio della felpa tirato in su. Mi avvicino e lo chiamo per entrare, è di schiena. Lo giro e mi accorgo che sta piangendo. "Perché piangi?!?", gli alzo il viso e vedo... Colare un sacco di sangue.
Ok, niente panico.
Lo prendo in braccio, lo porto in bagno cercando di non sgocciolare sangue ovunque (che sennò mi tocca anche pensare al parquet), lo pulisco, e quando togliamo tutto il sangue vedo che ha un taglio, non molto grosso ma profondo, in testa, all'altezza dell'attaccatura dei capelli. A parte il taglio, mi sembra che stia benone, e che si sia spaventato più per il sangue che per la botta.
E' andato a sbattere contro l'angolo di una colonna del muro del pianerottolo, una cosa che sta lì più o meno da 70 anni.
Lo calmo, lo coccolo, asciughiamo il sangue che cola.
Non so che fare.
Mi viene in mente di una compagna di classe del piccolo che si era fatta male al sopracciglio. La mamma mi raccontava che aveva perso un sacco di sangue ma che il marito, medico (fisiatra), una volta considerata la ferita e visto che smetteva di sanguinare, non l'aveva portata a mettere i punti.
Temporeggio, mettiamo il ghiaccio (che oltre al taglio c'è anche la botta), mangia, lo medico di nuovo, gli metto il cerotto.
Chiamo la pediatra, sono le 14:15, dovrebbe essere in studio. Non risponde.
Toh, che strano.
Alla fine mi sembra stia bene, usciamo a prendere la piccola, e a fare un sacco di commissioni (lenzuola di quando hai disfatto i letti e ti sei accorta che le uniche altre lenzuola sono ancora a lavare e/o a stirare, chi lo sa, spesa di quando hai finito anche la carta igienica, cartoleria del secondo giorno di scuola, il tutto sotto la pioggia). Arriviamo a casa, ceniamo, incrocio l'ingegnere, esco di nuovo.
All'alba di mezzanotte, l'ingegnere mi fa:
"Ma esistono anche i cerotti fatti apposta per rimarginare le ferite, li vendono in farmacia"
"Ah"
Mercoledì mattina. Mi alambicco su quando portarlo in farmacia: di mattina no, il pomeriggio deve andare dal suo amico a giocare, quando riesco ad uscire dalla casa del suo amico sono le sette passate, è tardissimo, sta bene, torniamo a casa.
Mercoledì sera guardiamo la ferita: una ciocca di capelli si è incollata alla ferita, provo a toglierla tamponando con un batuffolo di cotone imbevuto di alcol, ma la ferita fa ancora male e il piccolo scappa. L'ingegnere inizia a dire che bisogna toglierla, chiaramente ormai ci vuole un intervento semi-chirurgico.
Mentre guarda The Mentalist, con una che è ricoverata all'ospedale, mi dice:
"Vedi?!? Quelli sono i cerotti che ti dicevo!"
Giovedì mattina, oggi, chiamo la pediatra.
Le spiego la faccenda e lei mi dice:
a. che per i capelli non succede niente, di lasciarli dove stanno
b. che fare i punti o mettere la colla (la colla?!?) ormai non serve a niente, tanto dopo 3 giorni (veramente è un giorno è mezzo) il processo di cicatrizzazione è già iniziato
c. che bisognava prendere i lembi della ferita e accostarli subito
d. che "gli rimarrà il segno..."
"Quindi, dovevo portarlo al pronto soccorso a mettere i punti?"
"Eh sì, signora, era meglio. Ma ormai è inutile"
L'ineluttabilità del mio sbaglio mi schiaccia, e pian piano il senso di colpa e di incapacità si impadroniscono del mio stomaco e della mia testa. Senso di colpa perché la maggior parte dei miei pensieri è occupata da un lavoro che devo chiudere questa settimana, e al quale sto cercando di dare un senso compiuto: ieri ero talmente felice di avere ben 7 ore filate per poter lavorare, per la prima volta da circa un mese e mezzo, che non ho pensato a nient'altro. E quindi penso a me, non a mio figlio. Senso di inadeguatezza perché sono una madre che non è capace di soccorrere il proprio figlio, sebbene solo leggermente ferito, che non l'ha portato né al pronto soccorso né in farmacia, che gli lascerà per tutta la vita la cicatrice della sua incapacità e della sua superficialità. Ora chiaramente si affacciano alla mia mente le ipotesi più funeste: infezioni, tetano, di tutto.
Penso allo sbrego che ha sul naso, frutto di una lotta con i peluches dell'IKEA a casa di un suo amico: ecco, anche in quel caso ho lasciato che la ferita si chiudesse da sé, e infatti ha ancora il segno dopo 9 mesi...
Due cicatrici. E non ha ancora sette anni. Ed è tutta colpa mia. Due cicatrici, per non parlare di quelle che non si vedono.