C'è un immaginario da ricostruire.
Me ne sono accorta qualche giorno fa, quando mio figlio, incuriosito, mi ha chiesto cosa fosse questo libro:
"Sembra Berlusconi", ha commentato lui, guardando il marziano.
C'è proprio un immaginario da ricostruire.
Ho le rughe.
Passo minuti inebetita davanti agli scaffali delle profumerie e dei supermercati, dove le creme antirughe si sono moltiplicate a dismisura, ognuna promette di toglierti quei tremendi segni, del tutto adeguati alla tua età, e strappare un attimo in più di giovinezza. Con il risultato che ho scoperto di aver acquistato la stessa crema di mia suocera: e non so ancora chi delle due ha sbagliato acquisto.
Ho in mente le foto del governo Monti. Non ho pensato che le donne fossero poche. Non ho pensato che fossero brutte. Ho pensato che erano ordinarie, vestite con sobria eleganza. Ho visto che avevano le rughe.
Non ministre dell'ambiente che si riempiono di botox, non ministre "che ci mancheranno" perché era talmente appagante solo restare a guardarle, che tutto il resto non importava. Niente autoreggenti che spuntano da minigonne. Niente collane di perle grosse come noccioline. Niente "falso dimesso".
E io lì, a contemplare gli scaffali delle creme antirughe.
Poi sono arrivate tre donne con le rughe, rughe che significano figli, lavoro, battaglie, convinzioni, studio, accanimento, pensieri, emozioni, sconfitte, vittorie. Donne che hanno lottato per tenersi la loro professione, forse un marito, magari dei figli. Non sono donne che devono sembrare simpatiche e compiacenti, perché sono abituate ad andare per la loro strada (diritta, appunto).
Che non sono Charlotte Rampling o Inès de la Fressange che ti dicono che "le rughe fanno chic" mentre ti contemplano agghindate da una fotografia di Mario Testino.
Poi capita che queste donne vere, ministre vere che sanno quello che dicono, piangano. Per sfinimento, secondo me. Perché volevano fare un'altra cosa e invece no, non si può. Perché bisogna anche essere pragmatici, nella vita, e arrivare a compromessi. Piangono perché sono donne? Evviva. Ve lo dice una che, in pubblico, non è capace di versare mezza lacrima. Ci vuole un gran coraggio, a piangere in pubblico.
Per cui non lamentiamoci se le donne sono poche, ma sosteniamole perché - e finché - sono vere e sono brave. E soprattutto, ci permettono di utilizzare più utilmente il nostro tempo, invece che contemplare gli scaffali delle creme antirughe.
Me ne sono accorta qualche giorno fa, quando mio figlio, incuriosito, mi ha chiesto cosa fosse questo libro:
"Sembra Berlusconi", ha commentato lui, guardando il marziano.
C'è proprio un immaginario da ricostruire.
Ho le rughe.
Passo minuti inebetita davanti agli scaffali delle profumerie e dei supermercati, dove le creme antirughe si sono moltiplicate a dismisura, ognuna promette di toglierti quei tremendi segni, del tutto adeguati alla tua età, e strappare un attimo in più di giovinezza. Con il risultato che ho scoperto di aver acquistato la stessa crema di mia suocera: e non so ancora chi delle due ha sbagliato acquisto.
Ho in mente le foto del governo Monti. Non ho pensato che le donne fossero poche. Non ho pensato che fossero brutte. Ho pensato che erano ordinarie, vestite con sobria eleganza. Ho visto che avevano le rughe.
Ho pensato che fossero donne VERE.
Non ministre dell'ambiente che si riempiono di botox, non ministre "che ci mancheranno" perché era talmente appagante solo restare a guardarle, che tutto il resto non importava. Niente autoreggenti che spuntano da minigonne. Niente collane di perle grosse come noccioline. Niente "falso dimesso".
E io lì, a contemplare gli scaffali delle creme antirughe.
Poi sono arrivate tre donne con le rughe, rughe che significano figli, lavoro, battaglie, convinzioni, studio, accanimento, pensieri, emozioni, sconfitte, vittorie. Donne che hanno lottato per tenersi la loro professione, forse un marito, magari dei figli. Non sono donne che devono sembrare simpatiche e compiacenti, perché sono abituate ad andare per la loro strada (diritta, appunto).
Che non sono Charlotte Rampling o Inès de la Fressange che ti dicono che "le rughe fanno chic" mentre ti contemplano agghindate da una fotografia di Mario Testino.
Poi capita che queste donne vere, ministre vere che sanno quello che dicono, piangano. Per sfinimento, secondo me. Perché volevano fare un'altra cosa e invece no, non si può. Perché bisogna anche essere pragmatici, nella vita, e arrivare a compromessi. Piangono perché sono donne? Evviva. Ve lo dice una che, in pubblico, non è capace di versare mezza lacrima. Ci vuole un gran coraggio, a piangere in pubblico.
Per cui non lamentiamoci se le donne sono poche, ma sosteniamole perché - e finché - sono vere e sono brave. E soprattutto, ci permettono di utilizzare più utilmente il nostro tempo, invece che contemplare gli scaffali delle creme antirughe.
8 commenti:
Io ho pensato di fronte a quelle lacrime che, se una donna finalmente può piangere in pubblico (e concordo sulla stanchezza e anche lo stress), senza che per questo la sua credibilità sia minata, senza doversi per forza atteggiare a uomo, forse allora il mondo sta cambiando e posso sperare per mia figlia un futuro migliore. Un mondo in cui non sentiremo dire di una donna in gamba che "ha le palle".
Per quanto riguarda le rughe, io le trovo strepitose: soprattutto se sotto c'è un bel viso disteso: è tutta la ricchezza di una vita.
Beh, io non faccio testo. Perché darei un mese del mio stipendio per avere un premier come la Merkel. Non entro nel merito delle scelte politiche della Merkel, ma in quello dell'immagine: una donna che conduce uno Stato senza che nessuno se ne stupisca, con la stessa fermezza e serenità con cui noi donne abbiamo condotto le nostre case per millenni.
Sarà che qui in Lombardia il politico che ha fatto le cose più belle e innovative è stata Maria Teresa d'Austria.
Molto bello il post, molto normale. Ho pensato alla normalità della fatica quando ho visto le lacrime della Fornero, ho detestato i commenti di altre donne che vedono il segno di debolezza. Non cambierà mai niente fino a quando un'altra si arrogherà il diritto di giudicare da una lacrima la tua debolezza. Aggiungo un'altra cosa: la forza di un pianto è molto più incisiva quando quella donna (quella persona) ha una grande preparazione tecnica e un più grande determinazione didattica.
@Amanda Gris: ieri sera ho realizzato come stavamo messi fino a 15 giorni fa. E il pericolo che ci attende ancora dietro l'angolo, e credo che noi donne non dobbiamo farci scippare nuovamente
@Lanterna: ho capito, ti piacciono le donne teutoniche. Sai la cosa bella? Che nessuno si è stupito del fatto che queste "signore" (come saranno state chiamate in 200 mila convegni, al posto di prof. o dott.) sono state messe a fare quello che fanno, perché (semplicemente) sono le più competenti
@Luciebasta: mi dispiacciono molto le polemiche sulla "debolezza" delle donne. Soprattutto perché tutti sanno che sono intrinsecamente false (e fallaci)
grazie, questi sono stati i miei stessi pensieri
Noi arriviamo sempre in ritardo, ma prima o poi arriviamo. Piccoli passi.In coda, in fondo all'Europa, ma arriva un punto in cui non possiamo più esimerci. Forse siamo a quel punto (vedi anche la legge delle quote rosa).
Qualche anno fa comunque sarebbe stato impensabile.
Bellissimo il tuo post e bellissimi anche i commenti. Quello che penso sulle sue lacrime lo sai... Forse perché è successo anche a me di trovarmi in situazioni lavoratove dove avrei voluto commuovermi, e invece ho fatto il muso duro. A quarant'anni apprezzo chi ha il coraggio di fare il contrario.
Lascia perdere, una delle cose che mi fanno più imbestialire del mio lavoro sono le persone che mi chiamano "signorina". Con quel fare un po' paternalistico, come se per il solo fatto di rispondere al telefono fossi una segretaria di quelle degli anni '60, decorative e un po' sceme.
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