Questo post a blog unificati nasce da un'idea e uno scambio di vedute su Twitter e in Rete tra
Monica Cristina Massola,
Stefania Boleso,
Lorenza Rebuzzini,
Manuela Cervetti,
Benedetta Gargiulo,
Maria Cimarelli,
Paola Liberace e
Mariangela Ziller.
Dopo uno stralcio di scambi in Rete
"Non basta essere donne per essere candidate, anche questa è strumentalizzazione"
"Mi piacerebbe molto però se chiedendosi 'Chi c'è di bravo?' venissero in mente donne"
"Il punto è: basta questo per introdurre gente a caso (come avverrà in CdA banche) purché donna?"
"Sono sicura che ci siano donne in gamba pronte per assumere ruoli importanti. Come far avere la chance?"
"Sempre più mi è chiaro che non si tratta di part-time o di conciliazione: che bisogna rivoluzionare il lavoro, nulla di meno"
"Rivoluzionare il lavoro!! E' l'unica. Ma partendo dalle donne (dalle mamme!), non dall'imitazione degli uomini"
(seguendo su Twitter l'hashtag #rivoluzionareillavoro troverete alcune tracce di frasi che ci hanno fatto riflettere...).
Abbiamo pensato di scrivere sugli argomenti delle reali opportunità per le donne nel mondo professionale, come rivoluzionare l'organizzazione attuale del lavoro e la legge attualmente in discussione sulle quote rosa nei CdA.
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Questo post è, come potete facilmente intuire, il seguito di quello
precedente.
Se il mio post dello scorso giovedì era scritto sull'onda della discussione, questo post nasce dallo scambio su Twitter, da un po' di ricerche, da qualche scoperta (poco bella) e da una presa di posizione.
E' in discussione al Senato la proposta di legge "cosiddetta" sulle quote rosa: il
Disegno di Legge 2482 porta in realtà il nome di battesimo di: "Modifiche al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (...) concernenti la parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo delle società quotate in mercati regolamentati". Tiè - vuoi mettere, come sono più nobili i nomi di battesimo.
"Il genere meno rappresentato deve ottenere almeno un terzo degli amministratori eletti", dice il testo del DdL, pena la decadenza immediata dell'intero CdA - cosa che fin da subito ha sollevato qualche perplessità tra gli Amminisitratori Delegati delle banche, che hanno dovuto affrontare l'evento con sorrisi di circostanza e compite
dichiarazioni sull'estremo ritardo in cui l'Italia versa nella parità di genere.
Non si dice, non si fa n.1:
Se le donne al lavoro sono un "male necessario" (come ritiene la stragrande maggioranza degli uomini in Italia, peccato che su questa cosa non si possa fare un sondaggio), le donne nei CdA sono una vera e propria sciagura. O no?
Non si dice, non si fa n.2:
Le quote rosa sono un po' come pagare le tasse, in Italia: va benissimo, ma se lo fai tu va meglio
Così al Senato sono stati presentati 53 emendamenti (52 PdL e 1 IdV) e lo scorso 16 Febbraio Confindustria, ABI e ANIA hanno
pubblicamente chiesto di rivedere il testo di legge, introducendo una maggiore gradualità e rendendolo meno coercitivo (decadenza immediata del CdA in caso non sia presente il 30% delle donne).
Ora, su questo passaggio desidererei fermarmi due secondi.
Non si dice, non si fa n.3:
Per amore di gossip vi dico che le signore dell'AIDDA si sono (giustamente) incazzate.
Credo che questa presa di posizione congiunta delle associazioni imprenditoriali, bancarie e assicurative dovrebbe far riflettere tutte le donne sulla
qualità e possibilità dell'essere rappresentate, eventualmente promosse e casomai difese, nel mondo imprenditoriale e bancario - credo che debba farci seriamente riflettere sul fatto che allora, se le quote rosa
spaventano così tanto, se creano queste reazioni così estreme e un po' scomposte, allora c'è una possibilità vera che possano cambiare qualcosa che finora è stato difeso con le unghie e con i denti. Allora
c'è qualcosa che è stato difeso con le unghie e con i denti.
Non si dice, non si fa n.4:
Attendiamo comunque con ansia di conoscere il Marcegaglia-pensiero, in proposito.
Non sono mai stata una pasionaria delle quote rosa: non ho mai creduto che avrebbero cambiato dall'oggi al domani il mondo del lavoro, né tanto meno evitato il butta-fuori delle donne che decidono di fare un figlio (sappiamo tutti che una donna può essere molto peggio di un uomo, in questo campo), o provocato un uragano di part-time.
Ma, devo essere sincera, il fuoco di fila aperto contro le quote rosa mi ha fatto molto riflettere. Mi sono convinta così che, nel 2011, in un Paese con il tasso di occupazione femminile come quello dell'Italia, questa legge minuscola e semplice (persino io l'ho capita, leggendola) rappresenta una reale possibilità - quantomeno, la possibilità di sovvertire delle logiche del potere talmente cristallizzate da temere anche solo che una piccola crepa possa creare un enorme terremoto - quantomeno la possibilità per le donne di affermare apertamente che sì, echeppalle, il potere lo vogliamo pure noi.
Non si dice, non si fa n. 5:
Perché lo vogliamo, il potere, siamo sicure? O stiamo bene così?
Si dice spesso che le donne non siano capaci di fare massa critica, di organizzarsi tra di loro, di sponsorizzarsi a vicenda e questa è, in definitiva, una delle ragioni per le quali non fanno carriera all'interno delle aziende. Mai verità fu più sacrosanta.
Ma forse anche questa verità appartiene al tempo passato. Forse le donne stanno iniziando a capire e carpire le logiche della collaborazione e del fare lobbying - e forse questo post ne è un piccolo esempio.
In questo ultimo anno mi è capitato di assistere a lunghe discussioni sulla differenza e sull'efficacia dei cambiamenti top-down (i cambiamenti "dall'alto", come quelli imposti da questa legge, per esempio) sia per quelli bottom-up (come il necessario aumento delle donne che lavorano, senza dover per forza diventare amministratore delegato, ma che costituirebbero una base per realizzare quei cambiamenti tanto necessari nel mondo del lavoro).
A me sembra che questa [delle quote rosa, della partecipazione delle donne al mercato del lavoro] sia la classica situazione nella quale entrambi i cambiamenti sono necessari: per avere donne davvero preparate ad entrare nei CdA è necessario avere una "massa critica" di donne che lavorano. Per avere una "massa critica" di donne che lavorano è necessario cambiare regole e cultura, e questo lo possono fare solo le persone che hanno il potere (e il coraggio) di farlo.
Per salvare questa legge calata dall'alto, Lella Golfo e Alessia Mosca (le due prime firmatarie del DdL) hanno chiesto un aiuto "dal basso": fare pressione con un'email al presidente del Senato e al presidente della Commissione Finanze per chiederne l'approvazione del DdL. La trovate sul sito di
Alessia Mosca.
Non sarà una rivoluzione del lavoro, ma servirà a rivoluzionare il lavoro.
P.S. E' stato anche detto che non ci sono donne abbastanza preparate da entrare nei CdA. La Fondazione Belisario ha preparato un
database con oltre 1000 curricula eccellenti al femminile. Che so, nel caso Corrado Passera o Cesare Geronzi ne avessero bisogno.