domenica 30 maggio 2010
I perché di un blackout (prima che mi mettano in galera)
C'era una volta Una.
Era estate, ed Una aveva due minuti più del solito.
Siccome Una fa le cose senza leggere prima le istruzioni, ha iniziato senza conoscere le regole del gioco, guidata dal suo istinto e dalla sua passione.
Poi, pian piano, ha scoperto i meccanismi, ha conosciuto un sacco di persone interessanti, ha avuto modo di confrontarsi, ha trovato il suo spazio.
Una era proprio contenta, del suo minuscolo spazio, stropicciato e disordinato e da sistemare, proprio come casa sua. Vorrebbe sistemarlo, come vorrebbe sistemare casa, ma il suo blog e la sua casa rimangono sempre uguali.
Poi Una si è ritrovata a fare il giocoliere.
Fosse per lei, avrebbe fatto la casalinga.
Perché lei, di fare il giocoliere, non è proprio capace.
E così, ora Una è strattonata a destra e manca e ha così tanti pensieri per la testa che non riesce più a raccontare nulla di sensato, se mai ci è riuscita.
Almeno fino al prossimo post.
Sempre che prima non mettano Una in galera: per sapere il perché, leggete qui.
Però, in galera, Una si porterà questo da leggere:
Grazie ad Isabella, che ha tratto ispirazione dal blog per fare ad Una questo bel regalo.
In un periodo in cui Una si aspetta (a ragione) solo cazziatoni da tutti, è stato davvero un bel regalo.
mercoledì 19 maggio 2010
Una nonna, e sua nipote
Le nonne sono esseri angelici: compaiono nei momenti di bisogno, lievi e silenziose, ad accudire i nipoti e a portare loro conforto. A prenderli per mano, amorevolmente, all'uscita da scuola, accompagnandoli a casa lungo il viale alberato, con il sole dorato che splende alle loro spalle.
Le nipotine sono essere dolci, amano coccolare i propri nonni, cosa che ormai non fanno più i figli ingrati e spesso litigiosi, a torto, con i loro cari. Le nipotine hanno lunghe chiome dorate, con gli occhioni e la boccuccia, il naso a patata e i codini, vestite sempre come la nonna avrebbe desiderato vestire la propria figlia, senza mai riuscirci.
La Grande Nonna arriva a scuola per lo più in affanno, maledicendo quella svitata di sua figlia che si ostina a voler lavorare, dopo aver messo al mondo le povere creature. Ritira la piccoletta e si avvia a ritirare anche l'amato nipote, alla scuola elementare. Succede però che, nel cortile della scuola del fratello, piccoletta inizi a piangere e strillare in modo inconsulto, per motivi del tutto ignoti alla povera, malcapitata, Grande Nonna.
Una volta raggiunta faticosamente la via di casa a bordo della macchina da 15 posti che la Grande Nonna si ostina a guidare, noncurante dei divieti e del fatto di costituire un pericolo pubblico nel traffico cittadino, piccoletta si placa e le due riacquistano per un momento la loro parvenza angelica, entrambe soddisfatte della pace raggiunta.
Pace provvisoria, perché la piccoletta, una volta accomodata sul divano, mentre guarda la TV, scoppia in un pianto inconsulto condito da abbondanti strilli, a causa del terribile fratello, che ha sfilato da sotto il di lei naso una fetta biscottata con Nutella.
La Grande Nonna, nota per essere quella presenza angelica di cui dicevamo, guarda allora la piccoletta dritta negli occhi e, fra uno strillo e l'altro, la consola con le incommensurabili parole:
"Piccoletta, tu hai dei problemi".
lunedì 17 maggio 2010
Breve conversazione casalinga sulla parità
L'Ing. si lamenta perché io mi lamento sempre.
"Ing., che dici, facciamo cambio di vita? Io mi prendo la tua, tu ti prendi la mia! Tutto compreso!"
"Ma neanche per sogno"
Ecco, appunto.
venerdì 14 maggio 2010
E mo', mamme, rispondete un po' a questo
Sarò breve.
Questo post è una marketta.
Una marketta dalla quale non ci ricavo proprio un bel nulla.
Però leggete bene.
Il Mouvement Mondial des Mères, una di queste ONG molto blasée, nate dopo la Seconda Guerra Mondiale, ha prodotto un questionario online, per un'indagine a livello europeo su maternità e conciliazione famiglia-lavoro.
Si tratta di una quindicina di domande, tra cui anche domande aperte dove potete scrivere quello che volete. Per esempio, c'è una domanda che fa: "Cosa chiedereste ai governanti europei, se poteste?", e voi potete scrivere quello che vi passa per la mente.
Le italiane che hanno risposto finora sono un po' pochine. Possiamo far di meglio, scommetto.
Per cui, senza dubbio e senza indugio, rispondete a questo.
martedì 11 maggio 2010
Caccia al tesoro: e il finale dov'è?!?
Ore 4 (di notte): “Maaaaaaaaaammaaaaaaaaaaa”! Il nano piccolo (altrimenti detto "il nano urlante") chiama. Bollente, febbre (e beh, c’era da aspettarselo, settimana scorsa aveva la febbre il nano grande). Tachipirina e di nuovo a letto a cercare di riprendere sonno.
Ore 7,30: “Maaaaaaamma!” questa sono io, al telefono con la MIA mamma (detta anche "la super nonna"): "Il nano piccolo ha la febbre, devo andare in ufficio, venite?" senza neanche pensare che i nonni potrebbero avere una loro vita normale, prima di trasformarsi in quotidiani super-tati, dalle 4 alle 7 del pomeriggio.
Piove (ma va'?!?), ma ugualmente prendo la bici, anzi la family bike, il nostro camper su due ruote, con cui ogni mattina porto i nani all'asilo, prima di andare in ufficio.
Accompagno il nano grande, e poi via: alla ricerca di un ciclista. Da giorni la family bike ha un freno rotto, oggi che piove posso lasciarla in riparazione.
Primo ciclista, chiuso.
Secondo ciclista, aperto. Appena vede il mio camper su 2 ruote sbianca, ma riacquista professionalità e alla fine si convince che può metterci mano.
"Però, signora, tra 40 minuti deve tornare a prenderla"
"Scusi, piove, scapperei in ufficio con i mezzi, non posso passare a ritirala stasera?" rispondo, guardando con insistenza l’ampio parco bici in deposito sullo spiazzo davanti al negozio.
"Eh no signora, tassativamente tra 40 minuti, la sua bici è troppo ingombrante! Guardi che sennò gliela faccio rottamare, e non scherzo!"
"Aaaaaaargh! Vabbè, vedrò di far passare il nonno" (sempre lui, quello super).
Corro a prendere l’autobus strazuppo di gente strazuppa e chiamo i nonni.
Cellulari staccati, tutti e due.
Noi a casa non abbiamo il telefono fisso, per risparmiare.
Lampo di genio: chiamo i vicini di casa!
Peccato che non ho il numero... Lampo di genio numero due: chiamo marito, è in ufficio dall'alba e può darmi lui, il numero dei vicini.
Marito non risponde (trovatemi un marito che risponde al cellulare, quando avete bisogno di lui, e ve lo ruberò).
L'autobus stracolmo e strazuppo arranca penosamente nel traffico, guardo l'orologio e mi accorgo che è già passata mezz'ora abbondante, io sono in ritardo per la riunione e dei nonni nessuna traccia.
Questo post è stato scritto da Elpa, per raccontarmi una sua mattinata.
Come finirà?
Raccontatecelo voi!
E poi noi vi sveleremo come è andata a finire, per davvero!
mercoledì 5 maggio 2010
C'è un film bellissimo...
C'è un film bellissimo che parla di una città bellissima.
Una città di cui ci si innamora di notte.
Una città dove volano i gabbiani, anche se non è una città di mare.
E' un film perfetto, dal punto di vista formale ed estetico.
E' un film che è una relazione di testa, e non di pancia.
E' un film italiano, con un finale che ho amato tantissimo.
P.S. Il mio amore per il protagonista è durato fino a quando l'ho visto nella pubblicità di una nota marca di detersivi (per piatti, credo, o forse per il bucato). Da quel momento, l'innamoramento è svanito tutto d'un tratto.
domenica 2 maggio 2010
Quello che non sopporto degli italiani all'estero
Capisco che questo post potrebbe essere scritto da uno alto come me, con molti capelli in meno, tre chili di cerone in più, e sicuramente più abituato della sottoscritta a portare i tacchi.
Però.
Però gli italiani devono piantarla di andare all'estero, e parlar male dell'Italia.
Perché gli italiani hanno questo modo molto poco dignitoso di piangere sulle spalle altrui delle proprie disgrazie.
E così, mentre la nostra autostima sprofonda verso lo zero assoluto, l'orgoglio nazionale di tutti gli altri aumenta verso vette insperate ed altezze stratosferiche.
Per esempio.
"Ma come vai da Dortmund a Berlino?", domanda l'incauta italica.
"In treno, 3 ore e mezzo!", risponde gonfiando il petto il giovane tedesco.
"Con un treno veloce?", precisa nuovamente l'incauta.
"Sì, NOI abbiamo i treni veloci!!" e a questo punto spunta sul viso un sorriso d'orgoglio germanico.
Rimango a bocca aperta.
Perché, noi non li abbiamo i treni veloci?!?
"Oh, la sinistra italiana, che sfacelo, che disgrazia! Neanche un'idea, un progetto! Povera Italia!! E come hanno ridotto l'Università italiana, senza soldi, senza fondi!" si dispera la profa italiana, di Armani vestita, con ciuffo fluente e smeraldo al dito. Perché dovete sapere che parlare della sinistra italiana suscita almeno tanta commozione, quanto raccontare le ultime ore di Madre Teresa di Calcutta.
"Oh, Milano, la mia città! Come l'hanno ridotta, come l'hanno mortificata! Una città morta, dal punto di vista culturale!" continua la profa al secondo bicchiere di vino bianco (francese).
Gli astanti, un polacco ed un'austriaca, assumono un'aria contrita e compunta, sfoderano il loro miglior viso da lutto, e al terzo bicchiere di vino e lamentele se ne escono tutti e tre in un comune sospiro di disperazione: "Oh, povera Italia!".
Il polacco e l'austriaca si sarebbero fatti ammazzare, piuttosto che produrre un tale teatrino di disperazione davanti agli altri.
Noi, no. Orgogliosi della nostra disperazione, la sbandieriamo al mondo.
E così tutti pensano che andiamo in giro con il carrettino, viviamo in tre generazioni in una casa di 90 metri quadri, la Kartell sia una sottomarca dell'Ikea, a Milano si producano ancora pneumatici e acciaieria pesante, i docenti universitari siano dei martiri della Patria che combattono contro l'oscurantismo, e la nostra fine sia molto, molto vicina.
L'Italia è povera. Ma per piacere, teniamoci almeno la dignità.
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