#donnexdonne, e intendo dire il gruppo su Facebook, è diventato lo spam peggiore nella mia posta, lo dico con affetto e non mi illudo certo che con oggi finisca. Segno di alto interesse e partecipazione, segno che in Rete ci sono tante donne che hanno voglia di stare insieme e confrontarsi. Purtroppo non sono riuscita a seguire tutte le conversazioni, il passaggio di consegne, i banner, i link, i video, gli articoli, le considerazioni su "Se non ora quando?" a Siena. Per cui non chiedetemi se sono d'accordo o cosa ne penso.
#donnexdonne è un progetto ambizioso, e infatti se dovessi proprio mettermi lì, spremere le meningi, pensare e ripensare, rovistare nel fondo della memoria e cercare qualcosa - cosa che peraltro in questo periodo di totale sfinimento non riesco proprio a fare - troverei ben poco che mi appartiene. Anzi, mi verrebbero in mente tutte le facce delle stronze che ho incontrato per strada. O, peggio ancora, di quando la stronza sono stata io.
E dunque, siccome certe cose rimosse stanno bene dove stanno, sono stata lì lì per non scrivere nulla. Fino a quando non mi è venuta in mente la migliore qualità al mondo che le donne posseggono: esistono. Esistono per parlarci. Perché quando a un uomo fai certi discorsi, se ti va bene ti dice che sei matta. Se ti va male ti chiede se sei in sindrome premestruale. Invece con le altre donne ci parli, e questo permette innanzitutto al pensiero di progredire. E non sto dicendo che devono essere per forza tue amiche, o che parlarsi sia sempre un bene: e infatti a volte ti parli, e poi per sei mesi non ti parli più. A volte ci si dice cose che fanno male, a volte no.
C'è uno stile, nel mettersi insieme (anche per tentare di realizzare idee di business), che è altamente deficitario (nei risultati, ci manca spesso quel killer instinct che fa di noi delle vere cacciatrici) ma altamente partecipativo. E questo è il minimo, che poi è stato anche la base di quello che è stato presentato come un massimo, ossia la manifestazione di Siena, "Se non ora quando?"
Ora, io ero a Siena quel sabato e sono passata dalla fantomatica piazza di Sant'Agostino. Sì, ci stavano duemila persone, in effetti. No, sono arrivata quando tutti erano già in fase di smobilitazione (con gli uomini che aspettavano vicino al muretto come una volta aspettavano sui gradini delle chiese, senza entrare). Sì, c'era una bellissima atmosfera di partecipazione (appunto). No, mi sono seduta e mi sono guardata intorno, a vedere le madri cinquantenni che trascinavano le figlie: le madri con quell'aria spavalda e la faccia di quelle che "finalmente si torna ai bei vecchi tempi" e le figlie... Le figlie vestite come le madri. O viceversa. Chissà. Amiche, o donne che sembravano amiche, viaggiare insieme.
Comunque. Quella che mi sono fatta è stata una domanda più radicale, è la domanda del massimo vero, è la domanda che mi è venuta spontanea guardando le facce delle figlie. E cioè: questo stare insieme sarà capace di produrre anche un nuovo pensiero, che sappia partire dai fallimenti di quello precedente? Un nuovo pensiero che sappia superare le secche dell'in-differenza tra maschile e femminile, tanto per citare un argomento che mi sta a cuore (quando sento parlare di ruoli di genere mi viene l'orticaria alle orecchie, e sapete che sono una persona tollerante).
Perché altrimenti tutte le manifestazioni di donne per le donne rischiano di diventare il "solito" ghetto (e io di ghetti, se permettete, me ne intendo). Perché partecipare è bello e poter tutte quante dire la propria è segno di alta democrazia, ma poi? Sappiamo ridare cittadinanza a noi donne e ai nostri uomini (femmine e maschi, non generi costruiti artificialmente in base a chissà quali e quanti stereotipi, che pure nella nostra società ormai abbondano, come una profezia che si autoavvera)? Che, come dire, anche gli uomini hanno i loro problemini - ma se aspettiamo che facciano #uominixuomini...
Disclaimer:
Dato che sono una scolara disattenta e indisciplinata, so che dovrei (devo, Monica?) mettere tutti i link delle partecipanti, ma per brevità vi rimando a Pontitibetani, impareggiabile organizzatrice di questo web-evento, Facebook o Twitter
#donnexdonne è un progetto ambizioso, e infatti se dovessi proprio mettermi lì, spremere le meningi, pensare e ripensare, rovistare nel fondo della memoria e cercare qualcosa - cosa che peraltro in questo periodo di totale sfinimento non riesco proprio a fare - troverei ben poco che mi appartiene. Anzi, mi verrebbero in mente tutte le facce delle stronze che ho incontrato per strada. O, peggio ancora, di quando la stronza sono stata io.
E dunque, siccome certe cose rimosse stanno bene dove stanno, sono stata lì lì per non scrivere nulla. Fino a quando non mi è venuta in mente la migliore qualità al mondo che le donne posseggono: esistono. Esistono per parlarci. Perché quando a un uomo fai certi discorsi, se ti va bene ti dice che sei matta. Se ti va male ti chiede se sei in sindrome premestruale. Invece con le altre donne ci parli, e questo permette innanzitutto al pensiero di progredire. E non sto dicendo che devono essere per forza tue amiche, o che parlarsi sia sempre un bene: e infatti a volte ti parli, e poi per sei mesi non ti parli più. A volte ci si dice cose che fanno male, a volte no.
C'è uno stile, nel mettersi insieme (anche per tentare di realizzare idee di business), che è altamente deficitario (nei risultati, ci manca spesso quel killer instinct che fa di noi delle vere cacciatrici) ma altamente partecipativo. E questo è il minimo, che poi è stato anche la base di quello che è stato presentato come un massimo, ossia la manifestazione di Siena, "Se non ora quando?"
Ora, io ero a Siena quel sabato e sono passata dalla fantomatica piazza di Sant'Agostino. Sì, ci stavano duemila persone, in effetti. No, sono arrivata quando tutti erano già in fase di smobilitazione (con gli uomini che aspettavano vicino al muretto come una volta aspettavano sui gradini delle chiese, senza entrare). Sì, c'era una bellissima atmosfera di partecipazione (appunto). No, mi sono seduta e mi sono guardata intorno, a vedere le madri cinquantenni che trascinavano le figlie: le madri con quell'aria spavalda e la faccia di quelle che "finalmente si torna ai bei vecchi tempi" e le figlie... Le figlie vestite come le madri. O viceversa. Chissà. Amiche, o donne che sembravano amiche, viaggiare insieme.
Comunque. Quella che mi sono fatta è stata una domanda più radicale, è la domanda del massimo vero, è la domanda che mi è venuta spontanea guardando le facce delle figlie. E cioè: questo stare insieme sarà capace di produrre anche un nuovo pensiero, che sappia partire dai fallimenti di quello precedente? Un nuovo pensiero che sappia superare le secche dell'in-differenza tra maschile e femminile, tanto per citare un argomento che mi sta a cuore (quando sento parlare di ruoli di genere mi viene l'orticaria alle orecchie, e sapete che sono una persona tollerante).
Perché altrimenti tutte le manifestazioni di donne per le donne rischiano di diventare il "solito" ghetto (e io di ghetti, se permettete, me ne intendo). Perché partecipare è bello e poter tutte quante dire la propria è segno di alta democrazia, ma poi? Sappiamo ridare cittadinanza a noi donne e ai nostri uomini (femmine e maschi, non generi costruiti artificialmente in base a chissà quali e quanti stereotipi, che pure nella nostra società ormai abbondano, come una profezia che si autoavvera)? Che, come dire, anche gli uomini hanno i loro problemini - ma se aspettiamo che facciano #uominixuomini...
Disclaimer:
Dato che sono una scolara disattenta e indisciplinata, so che dovrei (devo, Monica?) mettere tutti i link delle partecipanti, ma per brevità vi rimando a Pontitibetani, impareggiabile organizzatrice di questo web-evento, Facebook o Twitter