La prima testata del blog |
C'era una volta un blog, seduto sul sofà, che disse alla sua bella: "Raccontami una storia"
E la storia cominciò.
La storia cominciò, ma poi a un tratto successe che la bella del blog iniziò a perdere le parole.
Una per una: una parola veniva lasciata nello straccio della polvere, una nell'andare a prendere i bimbi a scuola, un'altra in una fine, una quarta al recinto dei cani, la quinta su Instagram, e poi una ancora una parola per un pomeriggio con i figli, e almeno altre dieci su Facebook, una quindicina su Twitter, la trentunesima al bar con le mamme, la trentaduesima e la trentatreesima il primo giorno di scuola, e dalla trentatreesima alla quarantesima a preparare pranzi e cene, la cinquantesima a scrivere, la sessantesima ad ascoltare, e poi ancora altre dieci parole a fare lavatrici, e altre venti a ragionare con se stessa, leggendo quello che intorno a lei tutti opinionavano su Twitter e Facebook, e tante, tante altre parole le perse guardando i suoi figli che crescevano e quello che le accadeva intorno.
E così, la bella del blog rimase pian piano senza parole.
A quel punto, non le rimaneva che canticchiarsi una vecchia canzone: Ho perso le parole/Eppure ce le avevo qua un attimo fa/Dovevo dire cose/Cose che sai, che ti dovevo, che ti dovrei/Ho perso le parole, può darsi che abbia perso solo le mie bugie, si son nascoste bene/Forse però semplicemente non eran mie
Un po' ci era il fatto che la bella, davvero, non trovava il tempo di scrivere. Forse era stato proprio il tempo a portarle via le parole, chi può dirlo. Che la decrescita infelice che tanto bene ci racconta Barbara, ha anche questo inghippo - e potete vedere da voi, come usa bene le parole Barbara.
Poi ci era il fatto che la bella si guardava intorno, ed era perennemente grata ai web e ai social, ma un po' era anche stordita da questo continuo vociare su tutto e tutto e tutto, e iniziava a chiedersi che peso stessero assumendo le parole, proprio quelle che non trovava più, fino a quando è incappata nel martirio mediatico del Beato Guido il Pastaio, reo di aver pronunciato alcune parole pericolose, quelle parole che oggi sono proprio perse, nel senso che non si sa bene che significato avranno tra un po' di tempo e di certo non si sa che significato hanno oggi - e la bella non poteva non pensare a quando le parole latine, pian piano, furono svuotate del loro significato e riempite di significati diversi. E invece assisteva a una parodia dell'isteria del Pensiero Unico, da una parte e dall'altra, e pensava proprio che Twitter aiuta le rivoluzioni, se le persone hanno in testa la rivoluzione. Ma - e se le persone invece hanno in testa solo stereotipi e confusione, e neanche più parole da scambiarsi?
E quindi la bella non era stata una blog star e non sarebbe diventata una social star, questo era poco ma sicuro. Ma il fatto era che c'erano in giro un sacco di parole scritte tanto per scrivere, che non pesavano un quarto di una parola detta per essere vissuta. E forse il problema era tutto lì, lei era troppo presa dalle parole da vivere.
E così la bella aveva in mente delle parole, le erano anche rimaste impigliate nella tastiera, ma poi vide cose come quelle che accadono davanti alle nostre coste, che la lasciarono di nuovo senza parole. E ancora una volta le veniva in mente di grandi movimenti di migranti del passato, che era un tempo in cui così in tanti avevano perso le parole, che sappiamo ben poco di quello che succedeva.
E poi perdeva le parole che le rimanevano ancora da scrivere, perché era tardi e doveva proprio scappare. Era indecisa, se pubblicare questo post o no, e poi schiacciò sul tastino arancione.
E la storia cominciò.
5 commenti:
Già. Però qualche volta è bello che dopo averla vissuta quella parola la si condivida. A me piace leggerti, e questo posto mi ha dato qualcosa di vissuto. Non è necessario avere dei ritmi da testata giornalistica, pensa però che c'è qualche lettore qui a cui fa piacere leggere le tue parole scritte sul blog polveroso.
Grazie Lisa, quel "qualcosa di vissuto" è molto bello e mi fa molto pensare. A furia di social veloci, è proprio il tempo lungo di un tè caldo che a volte ci manca, ed è quello che vorrei fosse questo blog polveroso, in effetti....
Poi le ritrovi, sono fasi
Perchè leggo questo post solo ora? Ah, ecco: perchè mi chiuedevo dove fosse finita milanoelorenza. :-)
Baci.
cominciò?
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