Sperimentare mi intriga, ripetere copioni mi annoia.
Credo che sia così per la stragrande maggioranza delle persone (anzi no, mi sono accorta che esiste uno zoccolo duro di persone, forse la stragrande maggioranza chissà, che ha assolutamente bisogno di una scrivania, colleghi sempre uguali, routine ordinarie e vite preordinate. Io non ho una scrivania, non ho colleghi ma mi faccio molti nemici e qualche sincero amico, non ho un lavoro e quando una di quelle suddette persone guardò il mio CV, cinque o sei anni fa, la prima cosa che esclamò fu "Ma lei ha cambiato un sacco di lavori!" - vagliela a spiegare tu, l'antropologia della precaria). Comunque.
Tra gli esperimenti che sto conducendo in questo periodo c'è una cosa che mi porterà allo sdoppiamento definitivo della mia già doppia, tripla, quintupla personalità (non è colpa mia, sia ben chiaro, è l'Oroscopo che è così) ma che mi sta divertendo un sacco. Se volessi dare un nome pomposo alla vicenda, potrei chiamarla così: "Studio comparato dell'utilizzo e dei trend dei social network in Italia: Facebook e Twitter. Esperienze di una che non lavora in Rete" (questo bisogna dirlo sennò gli "esperti della Rete" si incazzano).
Due account che ho aperto insieme, uno con nome e cognome e l'altro con il nome del blog. Massiccio utilizzo iniziale di Facebook. Twitter mah, boh, bah. Probabilmente all'inizio ho pensato di essere troppo vecchia per Twitter, che è sostanzialmente anorcoide nell'impostazione grafica e nel concept. Non riuscivo a coglierne il lato social, davvero. Linkato il blog e via andare, questo era il massimo di social che Twitter poteva ottenere da me, distratta frequent-attrice della Rete.
Nel frattempo sono passati due anni (Oddio no, ne sono passati quasi tre! Questa auto-coscienza mi fa venire un capello bianco in più). E.
Facebook è diventato una sorta di social suq, e lo dico da venditrice di tappeti: blogger che diventano libraie, comunicati stampa, attività commerciali di ogni tipo, iniziative buone ma anche no, pagine e pagine di "cose" e - anche, va bene, sì relazioni social (può una relazione essere non-social? Mah, forse sì. Comunque anche questa cosa fa pensare). La discussione si districa tra una folta foresta di offerte simil-commerciali (tipo andare al mercato con la tua amica pretendendo di fare conversazione tra il pescivendolo che tenta di venderti l'orata a prezzo ribassato e il fruttivendolo che ti rifila nel sacchetto il cestino di fragole-primizia che tu non volevi). Per carità, io sono sempre lì. Conversare, si conversa (meno di prima, mi pare). Diciamo che il paesaggio urbano di Facebook (per noi simil-quarantenni, almeno) è molto cambiato in questo ultimo anno.
E poi c'è Twitter. Dove mi sono ritrovata, per caso, con i post unificati sulle #quoterosa (ecco, poi Twitter ha questa cosa degli hashtag che è meravigliosa, io l'adoro come potrei adorare un oggetto di design, è proprio qualcosa che mi richiama al bello della parola). Quella è stata la scintilla che ha segnato il mio sbarco su quest'altro mondo. Dove per la maggior parte ho contatti che non ho su FB. Dove tutto è davvero pubblico (cosa che un po' mi terrorizza e che costringe a pensare bene a quello che scrivi, soprattutto se sailcielo quando hai inserito i feed di twitter su LinkedIn, e poi ti ritrovi in questo guazzabuglio sociale nel quale quello che pensi lo devi pensare sul serio, e se lo scrivi poi lo devi difendere, e devi pensare alle conseguenze di quello che scrivi, forse anche) e qualsiasi scemenza o genialata appare come sul rullo dell'Ansa. Pure conversazioni con persone che non conosci (anzi no, contatti o anche twitteri. Questa cosa dà da pensare, in effetti, di come una persona si trasformi in twittero ma come questa relazione non sia bi-univoca, non è detto che un twittero si trasformi in una persona).
Comunque l'esperimento più divertente è scrivere la stessa cosa su FB e su Twitter. Quando lo faccio, succede spesso che su uno parte la conversazione, sull'altro rimane lettera morta. Dipende dal network nel quale sono inserita? Dipende da quanti annunci semi-commerciali sono apparsi su FB e quante notizie su Twitter? Mah.
Su Facebook si possono condividere i video, su Twitter è più divertente vedere la TV in modalità social. Su Facebook rimane un residuale concetto di privacy (scusate, mi scappa da ridere a scrivere questa parola ma non me ne vengono in mente altre), su Twitter tutto, ma veramente tutto, goes public. Su Facebook stai in un modo, su Twitter in un altro (se ci vuoi stare intendo dire, perché poi ci sono persone che sono ovunque ma da nessuna parte, eh).
Quello che rimane, dunque, è la capacità di usare in modo diverso mezzi diversi (perché viviamo in un'epoca in cui in tanti sono ancora convinti che si possa usare Internet come si usa un volantino pubblicitario) - è anche quella scintilla che fa scattare una relazione, una presenza - un po' casuale, un po' preordinata, un po' che se uno non ha voglia o non è capace non lo fa comunque.
Perché, diciamocelo: per stare sulla Rete ci vuole un fisico bestiale, è una faticaccia psico-fisica, e ogni tanto uno si chiede se per caso gliel'ha ordinato il medico, e che senso ha. Ma poi, sai quanto uno si diverte, anche.
Tra gli esperimenti che sto conducendo in questo periodo c'è una cosa che mi porterà allo sdoppiamento definitivo della mia già doppia, tripla, quintupla personalità (non è colpa mia, sia ben chiaro, è l'Oroscopo che è così) ma che mi sta divertendo un sacco. Se volessi dare un nome pomposo alla vicenda, potrei chiamarla così: "Studio comparato dell'utilizzo e dei trend dei social network in Italia: Facebook e Twitter. Esperienze di una che non lavora in Rete" (questo bisogna dirlo sennò gli "esperti della Rete" si incazzano).
Due account che ho aperto insieme, uno con nome e cognome e l'altro con il nome del blog. Massiccio utilizzo iniziale di Facebook. Twitter mah, boh, bah. Probabilmente all'inizio ho pensato di essere troppo vecchia per Twitter, che è sostanzialmente anorcoide nell'impostazione grafica e nel concept. Non riuscivo a coglierne il lato social, davvero. Linkato il blog e via andare, questo era il massimo di social che Twitter poteva ottenere da me, distratta frequent-attrice della Rete.
Nel frattempo sono passati due anni (Oddio no, ne sono passati quasi tre! Questa auto-coscienza mi fa venire un capello bianco in più). E.
Facebook è diventato una sorta di social suq, e lo dico da venditrice di tappeti: blogger che diventano libraie, comunicati stampa, attività commerciali di ogni tipo, iniziative buone ma anche no, pagine e pagine di "cose" e - anche, va bene, sì relazioni social (può una relazione essere non-social? Mah, forse sì. Comunque anche questa cosa fa pensare). La discussione si districa tra una folta foresta di offerte simil-commerciali (tipo andare al mercato con la tua amica pretendendo di fare conversazione tra il pescivendolo che tenta di venderti l'orata a prezzo ribassato e il fruttivendolo che ti rifila nel sacchetto il cestino di fragole-primizia che tu non volevi). Per carità, io sono sempre lì. Conversare, si conversa (meno di prima, mi pare). Diciamo che il paesaggio urbano di Facebook (per noi simil-quarantenni, almeno) è molto cambiato in questo ultimo anno.
E poi c'è Twitter. Dove mi sono ritrovata, per caso, con i post unificati sulle #quoterosa (ecco, poi Twitter ha questa cosa degli hashtag che è meravigliosa, io l'adoro come potrei adorare un oggetto di design, è proprio qualcosa che mi richiama al bello della parola). Quella è stata la scintilla che ha segnato il mio sbarco su quest'altro mondo. Dove per la maggior parte ho contatti che non ho su FB. Dove tutto è davvero pubblico (cosa che un po' mi terrorizza e che costringe a pensare bene a quello che scrivi, soprattutto se sailcielo quando hai inserito i feed di twitter su LinkedIn, e poi ti ritrovi in questo guazzabuglio sociale nel quale quello che pensi lo devi pensare sul serio, e se lo scrivi poi lo devi difendere, e devi pensare alle conseguenze di quello che scrivi, forse anche) e qualsiasi scemenza o genialata appare come sul rullo dell'Ansa. Pure conversazioni con persone che non conosci (anzi no, contatti o anche twitteri. Questa cosa dà da pensare, in effetti, di come una persona si trasformi in twittero ma come questa relazione non sia bi-univoca, non è detto che un twittero si trasformi in una persona).
Comunque l'esperimento più divertente è scrivere la stessa cosa su FB e su Twitter. Quando lo faccio, succede spesso che su uno parte la conversazione, sull'altro rimane lettera morta. Dipende dal network nel quale sono inserita? Dipende da quanti annunci semi-commerciali sono apparsi su FB e quante notizie su Twitter? Mah.
Su Facebook si possono condividere i video, su Twitter è più divertente vedere la TV in modalità social. Su Facebook rimane un residuale concetto di privacy (scusate, mi scappa da ridere a scrivere questa parola ma non me ne vengono in mente altre), su Twitter tutto, ma veramente tutto, goes public. Su Facebook stai in un modo, su Twitter in un altro (se ci vuoi stare intendo dire, perché poi ci sono persone che sono ovunque ma da nessuna parte, eh).
Quello che rimane, dunque, è la capacità di usare in modo diverso mezzi diversi (perché viviamo in un'epoca in cui in tanti sono ancora convinti che si possa usare Internet come si usa un volantino pubblicitario) - è anche quella scintilla che fa scattare una relazione, una presenza - un po' casuale, un po' preordinata, un po' che se uno non ha voglia o non è capace non lo fa comunque.
Perché, diciamocelo: per stare sulla Rete ci vuole un fisico bestiale, è una faticaccia psico-fisica, e ogni tanto uno si chiede se per caso gliel'ha ordinato il medico, e che senso ha. Ma poi, sai quanto uno si diverte, anche.
9 commenti:
stesse riflessioni che faccio io.
su FB ho due account (uno col mio nome e uno del blog) però twitter ora mi sembra più "vero".
Mi chiedo se Twitter sia solo più giovane, e quindi con una (nostra) capacità diversa di esserci, maturata con l'esperienza e l'utilizzo di Facebook. O mi chiedo se l'impostazione proprio diversa crei una sorta di diverso auto-controllo (o controllo social(e))
Io forse sono una quasi quarantenne vecchia dentro perchè preferisco Facebook a Twitter...non so ma passo più tempo di là che di qua, mi sembra più reale mentre su Twitter io avverto il mantenersi delle distanze...non ci ho capito niente vero?????
Mah, veramente non c'è niente da capire!! Sono un po' di pensieri sparsi sulla presenza sul Web e sui modi diversi di usare due cose diverse... Mi interessa sapere il vostro parere, la vostra esperienza, e capire se quello che ho scritto può avere un qualche senso oppure no!
Ciao Lorenza,
io ho utilizzato molto FB, mi ha mostrato, se così si può dire, le bellezze e le potenzialità della rete. Ultimamente però Twitter sta prendendo il sopravvento.
Cosa mi piace? La possibilità di dialogare con persone che condividono i miei interessi e le mie curiosità. Non siamo amici, magari non ci incontreremo neanche mai, però so che con molti di loro c'è un sentire comune, un'affinità elettiva se mi permetti il termine. E quindi sotto alcuni aspetti li sento più vicini a me degli amici di FB.
Ci sono dei momenti, tipo commentare in diretta i programmi televisivi, che sono impagabili.
E poi Twitter mi sta insegnando anche tante cose sul mio lavoro; è un'enciclopedia in continuo divenire sulla quale i alcuni momenti vorrei riuscire a passare più tempo.
belle queste riflessioni, ma forse io ho abbandonato twitter proprio quando è esploso, e mi sono persa un pezzo. però a tutto non arrivo, e da lì mi sono tirata fuori. Ho sbagliato? Bò...
Twitter mi piace sempre di più. Ha il pregio della sintesi. E poi adoro le hashtag, aiutano più delle faccine ad inventarti uno stato d'animo invece che annunciare solo il topic.
Ciao,
post davvero interessanti!
mi piace molto questo blog!
anche noi abbiamo da poco aperto un nuovo blog dedicato al mondo dei bambini, spero possiate trovare argomenti che vi interessano!
a presto
Happy Blog
concordo.
sull'uso di fecebook e sulla passione per gli hastag e per la tv (vista ma anche no) letta attraverso i commenti.
si twitter mi pare più social e apre davvero porte e portoni sul mondo che cambia. le rivoluzioni di egitto e libia le ho viste nascere e crescere su twitter e anche il dramma di fukushima,
mentre facebook (si) pigreggia molto.
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