mercoledì 26 giugno 2013

Email Etiquette. Otto basilari regole per lavorare via mail

Nessuno, quindici anni fa, ci aveva detto che un giorno ci saremmo strafatti di email. Perché non ci sarebbe stato più il vicino di scrivania ma un gruppo inconsulto di persone sparpagliate ai quattro angoli dell'ufficio, quando va bene, che lavorano sullo stesso progetto.

Le norme civili della buona educazione ci sono state insegnate, più o meno, fin da piccoli (il risultato di tali insegnamenti vacilla paurosamente quando pranzo e ceno con i miei figli, a dirla tutta)

Nessuno, però, si è preoccupato di farci capire che le buone maniere servono, anche e soprattutto, per iscritto. E quindi, quando tra cent'anni scoveranno in qualche server sperduto nel deserti americano le nostre email, penseranno che eravamo dei veri barbari, verbosi da morire e senza la minima educazione.

E così, dopo centinaia e centinaia di mail scritte e lette, ho pensato di fare sintesi in un post dedicato alla Email Etiquette, argomento forse un po' vecchiotto ma (a giudicare da quel che leggo) largamente attuale. Inizio io.

1.Salutate (lo fate, quando incontrate una persona?)
Non è necessario iniziare sempre una mail con "Carissimo" e "Gentilissimo" (termini abusati soprattutto in quegli ambienti in cui ci si accoltella a piè sospinto alle spalle, facendo finta di essere tutti buoni). Basta "Ciao", o (se si è molto incavolati) anche solo il nome della persona alla quale è indirizzata la mail (ti faccio capire che sono incavolato ma mantengo il giusto contegno). La stessa cosa vale in chiusura: quando ve ne andate da un posto, lasciate tutti senza dire niente? La mail è una conversazione, e come tale va gestita.

2. Utilizzate "grazie" e "prego". Fidatevi, non hanno mai ucciso nessuno
Questo rimane in assoluto il punto fondamentale di queste mie imprescindibili riflessioni. Usate la buona educazione, non costa niente. Davvero, è a gratis, credeteci.
E poi, mantenere un tono cordiale, anche se strangolereste chi vi sta scrivendo, aiuta. La buona educazione, in genere, aiuta a superare i differenti punti di vista e permette la convivenza civile. In fondo, pensateci: lavorando via mail potete leggere, iniziare a infuribondirvi, andare in bagno, urlare, e poi risedervi di nuovo al vostro PC e scrivere la mail più gentile e cordiale che vi esca dalla tastiera. In un meeting, non potreste giocarvi questa chance e sareste comunque obbligato a comportavi in un modo socialmente accettabile. Quindi.

3. Imparate a utilizzare i cc. Con parsimonia, e quando serve
L'utilizzo del cc è materia sulla quale si potrebbero scrivere manuali interi di filosofia della condivisione. Non inserite un cc di una persona che non è conosciuta alle altre o che finora non è intervenuta senza spiegare perché l'avete inserita nella conversazione e cosa ci fa lì. Non mettete persone in bcc (triste per chi lo riceve, come essere l'invitato di serie B). Se una mail è indirizzata a voi e a altre 5 persone in cc, rispondete a tutti, non solo al mittente (lo so, ogni tanto scappa. Ma stateci attenti)

4. Dalla mail al telefono, e ritorno
Esplicitate a tutto il gruppo di lavoro se ci sono state delle decisioni prese altrove (al telefono, o un altro meeting, o alla macchinetta del caffè).

5. Precisione, brevità
Le mail non sono il luogo di un comizio o di riflessioni filosofiche, devono essere uno strumento operativo. Inoltre, essere concisi e precisi non esclude il punto 2.
Se dovete scrivere una mail molto lunga, andate per punti (se la mail è indirizzata ai "Carissimi" e "Gentilissimi", scusatevi previamente per la sintesi ma spiegate che è per amore di chiarezza, e tutti si sentiranno estremamente ragguardati)

6. L'ironia. Usatela, ma solo con le persone fidate
Ve lo dice una che usa l'ironia troppo spesso. Purtroppo, il mondo è pieno di gente che scarseggia di senso dell'ironia e tende a prendersi molto sul serio. Usate l'ironia solo dalla quarta mail in poi, e solo con chi avete capito che vi capisce. Altrimenti, sono dolori.

7. Non cazziate una persona via mail, davanti a tutti
I panni sporchi si lavano in famiglia, e possibilmente a voce. Assistere a scenate via mail è quanto di più pietoso possa succedere (per quelli che leggono, intendo), quasi quanto vedere una coppia che litiga alla cena di Natale. Ci sono luoghi e momenti più appropriati.
Se qualcuno tenta di mettervi in difficoltà via mail davanti a tutto il gruppo di lavoro, risolvete la cosa in privato (anche via mail, ma in privato)

8. Firmatevi
Dopo il "grazie" e il "ciao" dei punti 1 e 2, mettete una cavolo di firma. Soprattutto se scrivere dall'account info@salacippa.it o segreteria@losoio.it, non è detto che chi vi legge, anche se è un plausibile collega, sia a conoscenza della vostra identità. Alla prima mail ci si firma con il nome completo (ed eventualmente il cognome, se scrivere a sconosciuti molto formali), nelle mail successive potete mettere la vostra amata sigla. Non fate sì che le persone vi rispondano chiedendosi "Chissà chi cavolo è".

Voci mancanti cercasi, per davvero,
Grazie, ciao
Lorenza


lunedì 17 giugno 2013

Di nuove mamme (e di vecchie mamme con nuove ansie)



Mi è capitato di incrociare qualche nuova mamma, ultimamente.
E di sentire storie dell'orrore di pediatri che fanno terrorismo psicologico: "E' sicura di avere ancora latte?" "Questo bambino ha gli occhi strani" "Questa bambina ha le gambe storte" "Questo bambino non cresce" (reloaded). E, di fronte alle domande di mamme giustamente allarmate, come risposta un'alzata di spalle e un "Niente, ci vediamo tra una settimana/un mese/un anno".
Le nuove mamme se ne tornano a casa, con il loro bel carico di ansia, e iniziano a scrutare il pargolo.

Mi è capitato di passare dalla pediatra, ultimamente.
Entro in ambulatorio con i due scalmanati che vanno dalla pediatra come andare al parco giochi.
Mentre la prima sale con i sandali sulla bilancia e il secondo si accascia sul lettino, lei mi dà il là: "No ma non è possibile un'altra diagnosi sbagliata da Pronto Soccorso"
Segue pippone sulle diagnosi sbagliate e sulle neomamme che per ogni scemenza chiamano il servizio di PS pediatrico "h24". Servizio pediatrico h24? E perché io non ne so niente?

E poi io la butto lì, mentre una tenta l'arrampicata sulla bilancia e quell'altro le fa lo sgambetto
"Sento racconti preoccupanti di terrorismo psicologico su queste neomamme, però"

Segue conversazione sulle neomamme mentre i due tentano di menarsi, io tento di sbattere fuori dall'ambulatorio una figlia che non deve essere visitata, mentre quell'altro viene colto da irrefrenabile ridarola non appena lo stetoscopio lo sfiora.

Comunque, da questa visita mi sono portata a casa, oltre a un certificato di sana e robusta costituzione e assenza di pidocchi per spedire Junior al campus estivo, che:

1. Le nuove mamme cercano nei pediatri più sostegno di quanto i pediatri non siano disposti a fornire loro. Cercano nei pediatri, che sono ormai gli unici deputati a farlo, la possibilità di essere riconosciute come "brave mamme". E questo ve lo spiega bene anche il libro Il pianto delle mamme di Aurora Mastroleo (sì, ci ho scritto anche io, leggetelo, questa è una marchetta bella e buona ma il post davvero no, e se avete la pazienza di arrivare in fondo lo scoprirete). E' importante sapere di essere delle brave mamme? Sì.

2. Le nuove mamme cercano nei pediatri questa conferma, perché non esiste nella nostra società nessun altro che dica loro che sono brave mamme, e oggettivamente oggi dove si impara a fare le mamme? Dove sono le mamme dalle quali imparare? Non ci sono nonne, non ci sono zie, non ci sono conferme dall'esterno, i nuovi papà sono messi come le nuove mamme (sarò un buon padre? o è meglio che sia un buon marito? ma come si fa? devo lavorare di più o di meno? devo lasciarla in pace o mi devo intromettere? Leggete il libro). Bisognerebbe dire che le mamme sono brave per definizione, punto. Tanto più se hanno avuto il coraggio di mettere al mondo un figlio nel nostro paese, nel 2013. A queste donne andrebbe dato un premio a prescindere. Ah sì, dimenticavo le mamme abbandoniche, quelle irresponsabili, quelle immature, quelle che pensano solo a se stesse, e tutta la categoria. Ma quale madre non è abbandonica, irresponsabile, immatura ed egoista, se lo standard sociale è la mamma che non deve chiedere mai?

3. La maternità è diventata, come tutte le nostre vite, una questione più di prestazione che di relazione. Abbiamo cresciuto dei figli così, e forse è ora di darsi una regolata (ah per questo posso consigliarvi Non so niente di te, di Paola Mastrocola).

E così arriviamo alle ansie di noialtre, madri attempate. Che non passiamo la settimana a cambiare il pannolino e pesare al milligrammo perché il pediatra ci dice che "è cresciuto poco" ma siccome siamo mamme prestanti con figli prestanti, li spediamo a fare cose prestanti. Il figlio decenne è stato lasciato ieri al campus estivo a 100 km da casa, voi genitori prestanti gli avete dato il cellulare scassato, che una volta tanto si poteva dargli il cellulare, ma avete fatto la ricaricabile con quell'operatore lì, che non sempre e non dappertutto prende. E ovviamente, lì dove è lui, il cellulare scassato non prende.

Per cui, alle 5.15 di un afoso lunedì mattina, davanti ai vostri occhi spalancati sfilano tutte le peggiori scene di bullismo e violenza che avete immagazzinato in anni e anni di serie TV, film e libri. Vi chiedete perché ne avete visti così tanti, poi, non potevate passare il tempo a leggere la Divina Commedia? (Ah no, pure lì ci sono genitori che molestano e ammazzano i figli, mannaggia). Immaginate il vostro pargolo piccolo e indifeso di fronte a tutta la brutalità del mondo (d'altronde quando avete salutato il ragazzo che fa il guardiano del piano e gli avete detto "Buona settimana" lui vi ha risposto proprio così, "Speriamo") e maledicete in cuor vostro tutti quelli che hanno definito il cellulare un "guinzaglio elettronico" (sa il cielo dove ho letto questa definizione), che avete già capito che è tutta una farsa, che quando serve la tecnologia non funziona mai.

Segue dettagliata analisi immaginifica di ciò che capiterà negli anni a venire, dai 13 ai 20, sempre che il pargolo torni vivo da quella specie di lager di nefandezze nel quale l'avete lasciato due secondi prima.

E così alle 6.35 capisci che l'unica soluzione è darci un taglio. All'ansia che domina questi tempi. E ti viene in mente il film che hai visto giusto sabato sera, Le cinque leggende, che è un meraviglioso film per bambini sulla paura. Ma ti sei detta che di questi tempi dovrebbero proprio farla vedere a tutti, quella scena lì quando sconfiggono il cattivo - e soprattutto come lo sconfiggono.

A questo punto potresti riaddormentarti serena, peccato che sia ora di portare fuori il cane. Che poi inizia la giornata con duemilamiliardi di cose da fare. Che ansia.