lunedì 22 ottobre 2012

Al lupo, al lupo! Prima Puntata. Il caso omeopatia

Illustrazione di Barbara Vagnozzi

Tempo fa sono stata invitata, insieme ad altre mamme, a trascorrere una mattina in Boiron, l'azienda che produce medicinali omeopatici. Resoconti dettagliati e/o riflessioni sulla mattinata sono qui, qui, qui e ancora qui. E sicuramente su altri blog che in questo momento sto dimenticando.

Senonché, ancora prima di esprimere il mio (fondamentale, direi) pensiero sulla vicenda, sono incappata in un post piuttosto feroce di CosmicMummy. Senza nemmeno aver proferito una sillaba, quindi, sono stata classificata come un'"ingenua". Raccontando l'accaduto, a cena, ho dato il là a una vivace discussione tra la sottoscritta e una fisica che fa ricerca applicata. Le argomentazioni portate dalla mia amica erano perfettamente coerenti con lo standard scientifico di riferimento: la diluizione è eccessiva, è solo zucchero, l'omeopatia non cura niente di serio che possa essere definito malattia. Ergo, è inutile. Quindi, dannosa. Perché poi le persone ingenue (mumble... Dove l'ho già sentito, recentemente, questo termine?) pensano di poter curare i tumori con l'omeopatia, come quello là, ve lo ricordate (come caspita si chiamava?!?). Nessuna evidenza scientifica.

Questo atteggiamento mainstream mi ha fatto molto riflettere, perché a parer mio contiene al proprio interno una serie di assunti errati, e di verità che vengono date per negate.

1. L'omeopatia non cura niente di serio. Vero. Nessuno (mi auguro) tra chi si occupa di omeopatia ha mai affermato il contrario. Con l'omeopatia NON curiamo i tumori, non curiamo la broncopolmonite, non curiamo un sacco di cose. Ma curiamo la tosse, contribuiamo ad alzare le difese immunitarie, alleviamo il mal di pancia dei dentini che crescono o del pomeriggio che arrivano a casa da scuola con quel mal di pancia lì, che non è niente, curiamo gli occhi arrossati, tentiamo di rendere meno fastidiose le punture di zanzara e non so cos'altro perché la mia esperienza si ferma qui. Ho scoperto che con l'omeopatia è possibile aiutare nell'allattamento (e sa il Cielo quanto sia fatico allattare, ma no, non si può dire), nel combattere la nausea da chemio, e altre amenità del genere. La scienza non le considera malattie? Non mi scompongo. D'altronde io sono quella convinta che l'influenza ti viene quando glielo permetti tu, e che la psicoterapia può essere un'alleata nella cura dei tumori. Ma mi piacerebbe sapere allora qual è la definizione scientifica di malattia. Davvero.

2. L'omeopatia è inutile, quindi dannosa, quindi non bisogna parlarne. Più o meno, quello che accade nel nostro Paese. E così arriviamo al motivo per il quale ho intitolato questo post "Al lupo! Al lupo! Prima puntata". Perché in questo post, e nel successivo, affronterò alcune riflessioni innescate dal docu-film Al Quaeda! Al Quaeda! che, come sapete, ho visto la scorsa settimana. Nel libro e nel docu-film vengono ricostruiti i processi di delegittimazione che portano alla diffamazione di un soggetto: nel film c'è un esempio di delegittimazione condotto anche (persino!) attraverso il programma TV Le Velone, e non dico altro. Siamo abituati a considerare la delegittimazione, o la diffamazione, come un attacco esplicito, diretto, a viso scoperto. Ho capito che invece, molto più frequentemente, la delegittimazione sui mezzi di comunicazione non passa solo attraverso le notizie del telegiornale, o i titoloni della prima pagina del quotidiano, ma attraverso la costruzione variegata di un pensiero mainstream nei servizi di cronaca "minore" (chiamiamola così, anche se chi guarda certa TV non si nutre di altro), al programma d'intrattenimento, alla battuta nello show serale, al post anonimo, all'attacco del signor Nessuno. Ne ho dedotto che la vera capacità critica nell'utilizzo e nel consumo dei media, allora, non sta tanto nel soffermarsi sui contenuti ("Sei a favore a contro l'omeopatia?!?" "E' scientifica o no?!?") ma sulla de-costruzione del pensiero corrente, del pensiero mainstream. Qui, come ovunque. (E comunque qui vale la regola: funziona, la uso. Non funziona, cambio. Io che non ho interessi da difendere, non vedo dove stia il problema e la paura.)

2. La medicina è una scienza. Io non so quando la medicina sia diventata una scienza, dato che per molti secoli è stata un'arte. Ma su questo concetto di "medicina come scienza" vorrei soffermarmi due secondi. Perché, in proposito, ho una grossa domanda che mi frulla in testa da quando sono stata coinvolta in questa vicenda di mamme ingenue che pensano di scroccare il pranzo alla Boiron e poi farla franca.
E la mia domanda è proprio questa: la medicina è una scienza - una scienza esatta? O, meglio, come può la medicina essere una scienza esatta, quando lo stesso standard ottiene effetti differenti su due pazienti diversi? E' uno dei due pazienti che è "sbagliato"? Avendo vissuto sulla mia pelle l'incapacità, da parte dei medici, di affrontare il fallimento dei propri sforzi, e l'incapacità di accompagnare una persona verso la fine della propria vita, invece che accanirsi contro la malattia, questa domanda mi frulla in testa da un bel po', ma solo ora ho avuto l'occasione di tirarla fuori. Quindi, cari amici medici e non, fatevi sotto. Che io una risposta la cerco davvero.

venerdì 19 ottobre 2012

Come mi gira: tanto per cominciare


Regalo di compleanno: rivedere dopo sette anni un'amica, e pranzare insieme come se ci fossimo viste il giorno prima, e ritrovarsi in una visione e in un giudizio. Regalo di compleanno: rivedere dopo sette anni un'amica, e ricevere una trottola in regalo. Una trottola di legno, verde.

Una trottola che non so come far girare, fino a quando mia figlia non mi fa vedere come si fa.

E quindi da quando ho compiuto gli anni, feroce ponte verso il 2013 e verso i quaranta, penso a "come mi gira".

Mi gira che se a vent'anni cerchi risposte, a trenta ti smazzi le risposte che hai trovato, a quasi quaranta inizi ad apprezzare lo stare nelle domande, senza fretta di trovare risposte. Si dice anche: la saggezza della vecchiaia.

Mi gira che non ho più voglia di persone che fanno marketing di se stesse all'aperitivo o a cena. Si chiama anche: seleziona meglio le persone con cui uscire.

Mi gira che osservo, e imparo dalle donne che incontro e che apprezzo. E imparo un sacco. Archivia alla voce: le mie personal guru (ricordati di dirlo loro).

Mi gira che se ho le ossa rotte, ho le ossa rotte. E delle mie incazzature, non sono io la diretta responsabile: è chi mi fa incazzare. E mi gira che, mentre chiacchiero con un'amica e distruggo una bustina del tè, posso ammettere a me stessa, tranquillamente, che quella cosa lì mi fa proprio incazzare. Ancora. Ma come, non doveva essermi passata?!?! Non dovevo averla elaborata?!?

Mi gira che vado a vedere la proiezione di Al Quaeda! Al Quaeda! ed esco con più domande che risposte. E mi sembra di essere l'unica perplessa, in sala, ma fa niente. Sorrido. Archivia alla voce: docu-film da rivedere, comunque ben fatto, un argomento che riprenderò su queste pagine.

Mi gira che qui è in atto una mattanza di quarantenni - e quelli che hanno fatto carriera, perché hanno fatto carriera - e quelli che sono precari, perché sono precari - e nessuno ne parla. La storia dirà: LA generazione sfigata, uccisa dai genitori al governo e scaricata dai maestri occupati a difendere solo se stessi. Sentitamente ringraziamo.

Mi gira che cerco di fare discorsi diplomatici, ma chi mi conosce mi dice che la mia faccia mi tradisce. E la mia faccia mi tradisce sempre. Archivia alla voce: tanto vale dire quello che penso.

E poi mi gira che c'è bisogno di spazio per girare, ma di mani che ti tengono lì per non cadere. E questa cosa, scritta così, l'avrei scritta uguale vent'anni fa.