martedì 20 dicembre 2011

Pezzettini di Natale

Quest'anno il nostro Natale è in tema dickensiano, A Christmas Carol.
"Mamma, pensi che stanotte possa succedere qualcosa?"
"Mh... No, direi di no. Non è neanche la vigilia di Natale. E cosa potrebbe succedere?"
"Tipo che l'Italia paga il suo debito pubblico!"
"Quello lo vedo difficile topo, dato che sono trent'anni che l'Italia ha il debito pubblico. Ma sarebbe sicuramente molto bello"

Mi sento tanto Emily Cratchit,
qui nella versione Miss Piggy

In questo periodo stiamo evolvendo verso altre forme di musica che non siano Lorenzo.
"Mamma, ma tu conosci anche canzoni antiche?"
"Antiche quanto? Tipo?"
"Tipo L'isola che non c'è"
"Ehm... Sì, conosco anche canzoni antiche"

Mi sento tanto il fantasma del Natale Passato,
eppure non mi pareva di essere così antica

E poi ci sono gli acquisti sbagliati, e chi può dire di avere una stella cometa in bagno?

Ecco, così mi sento tanto scema

giovedì 15 dicembre 2011

A Natale anche Barbie diventa Maestra Zen

Ho sempre adorato i film per bambini. Anche quando avevo ventiequalcos'anni e trascinavo il povero Ing. a vedere film iraniani, cinesi e con i sottotitoli in cirillico in cinema piccoli e scassati nel centro di Milano (cose che, adesso, non vedrei neanche sotto tortura, anche perché mi addormenterei alla seconda scena), anche allora, dicevo, in realtà attingevo le mie perle di saggezza da Mago Merlino, o da Balù, o dall'impareggiabile Lady Cocca. Fin da subito, ho capito che è nei film di Natale, è lì che si raggiungono le vette della vera sapienza.

"Mamma, è BELLISSIMONONHAIIDEALODEVIASSOLUTAMENTEVEDERE".

Mia figlia che mi trascina per la manica davanti alla TV, in uno dei (tanti) pomeriggi in cui siamo solo io e lei , essendo il fratello impegnato in un'imprescindibile session di Lego con l'amico suo. Non sono né Mago Merlino né tantomeno Lady Cocca a suscitare questa forsennata passione, ma è Barbie. Anzi, è il mix di Barbie e Natale, due cose che mandano letteralmente in estasi Piccoletta.

Ed eccoci qui, a vedere Barbie e il Natale Perfetto. E, cari miei, è un manuale di saggezza zen.

Prima regola zen di Barbie.
La vita non va come vorresti, ma come deve andare.
In genere, noi occidentali facciamo programmi, nella vita: ci immaginiamo, e pianifichiamo, le cose in modo che vadano in una certa direzione - che siano perfette. Ma non sempre le cose vanno come vorremmo o come noi pensiamo che dovrebbero andare. E tuttavia, è proprio nelle cose che non vanno come dovrebbero/come noi vorremmo, se ci stiamo dentro, che troviamo la chiave. E starci dentro vuol dire esplorare quei posti nei quali non volevamo stare. Lì c'è la soluzione. Trattasi dei concetti di fede/fiducia, provvidenza per i cristiani e karma per i buddhisti. A livello simbolico, concetti estremamente simili (ok, sparatemi).

Seconda regola zen di Barbie.
Imparare a chiedere è più importante che imparare a fare.
Fare e farcela da sole (e uso il femminile apposta) è una cosa di cui noi donne ci facciamo vanto. E' la cosa sulla quale molto spesso ci incartiamo, anche. Non aggiungo altro perché se ne parla da mesi, sennò finisce che mi annoio da sola, cercate con l'hashtag #donnexdonne. E tuttavia, la collaborazione si impara anche attraverso il conflitto.

Mentre mi beavo di cotanta saggezza, non potevo però fare a meno di notare alcuni particolari ben poco zen.

La mamma lo sa.
L'abbigliamento delle quattro sorelle è assolutamente diseducativo: niente cappello/guanti/sciarpa a dieci sottozero. Se mia figlia va in giro in montagna agghindata in quel modo il giorno dopo ha la polmonite.

Un'adulta ci pensa.
Non ho mai dato molto peso alla polemica sulla bambola Barbie come iper-stereotipo e strumento che incide sulla costruzione dell'immaginario del fisico delle ragazze (e sulle conseguenze in campo psicologico-alimentare). Perché Barbie è una bambola, e dunque un essere immoto e privo di vita che, come tale, rimane nell'immaginazione. Vedere però Barbie trasportata sullo schermo con due metri di gambe magrissime, pantaloni attillati, vitini da vespa (come si diceva una volta), ancheggiamenti, mi ha fatto un certo effetto. Non posso negare che uno strano senso di inquietudine si è impossessato di me: perché queste che vediamo nel film non sono bambole, sono esseri moventi e parlanti, nella testa di una bambina. E questa cosa mi ha dato un po' da pensare, devo essere sincera, anche perché mi sono accorta che molti altri film di Barbie sono in costume, e quindi questo aspetto non emerge in alcun modo.

"Chi è il tuo personaggio preferito del film, mamma?"
"Mah... Non saprei... Il tuo?"
"Il mio Skipper!"

Ah ah. Voi vi ricordate di Skipper come della bionda bimba con i codini. No care mie, è cresciuta, è castana con le ciocche viola, compone musica e canta, è una nerd pazzesca e ha un videoblog.

Sorrdo.
"Sì, anche la mia. E poi anche la mamma ha un blog"
"DAVVVVEEEEEERO?!?"

lunedì 5 dicembre 2011

Le donne con le rughe (e con le lacrime)


C'è un immaginario da ricostruire.

Me ne sono accorta qualche giorno fa, quando mio figlio, incuriosito, mi ha chiesto cosa fosse questo libro:

"Sembra Berlusconi", ha commentato lui, guardando il marziano.
C'è proprio un immaginario da ricostruire.

Ho le rughe.
Passo minuti inebetita davanti agli scaffali delle profumerie e dei supermercati, dove le creme antirughe si sono moltiplicate a dismisura, ognuna promette di toglierti quei tremendi segni, del tutto adeguati alla tua età, e strappare un attimo in più di giovinezza. Con il risultato che ho scoperto di aver acquistato la stessa crema di mia suocera: e non so ancora chi delle due ha sbagliato acquisto.

Ho in mente le foto del governo Monti. Non ho pensato che le donne fossero poche. Non ho pensato che fossero brutte. Ho pensato che erano ordinarie, vestite con sobria eleganza. Ho visto che avevano le rughe.

Ho pensato che fossero donne VERE

Non ministre dell'ambiente che si riempiono di botox, non ministre "che ci mancheranno" perché era talmente appagante solo restare a guardarle, che tutto il resto non importava. Niente autoreggenti che spuntano da minigonne. Niente collane di perle grosse come noccioline. Niente "falso dimesso".

E io lì, a contemplare gli scaffali delle creme antirughe.

Poi sono arrivate tre donne con le rughe, rughe che significano figli, lavoro, battaglie, convinzioni, studio, accanimento, pensieri, emozioni, sconfitte, vittorie. Donne che hanno lottato per tenersi la loro professione, forse un marito, magari dei figli. Non sono donne che devono sembrare simpatiche e compiacenti, perché sono abituate ad andare per la loro strada (diritta, appunto).

Che non sono Charlotte Rampling o Inès de la Fressange che ti dicono che "le rughe fanno chic" mentre ti contemplano agghindate da una fotografia di Mario Testino.

Poi capita che queste donne vere, ministre vere che sanno quello che dicono, piangano. Per sfinimento, secondo me. Perché volevano fare un'altra cosa e invece no, non si può. Perché bisogna anche essere pragmatici, nella vita, e arrivare a compromessi. Piangono perché sono donne? Evviva. Ve lo dice una che, in pubblico, non è capace di versare mezza lacrima. Ci vuole un gran coraggio, a piangere in pubblico.

Per cui non lamentiamoci se le donne sono poche, ma sosteniamole perché - e finché - sono vere e sono brave. E soprattutto, ci permettono di utilizzare più utilmente il nostro tempo, invece che contemplare gli scaffali delle creme antirughe.