domenica 31 ottobre 2010

Di punizioni e accerchiamenti


Non so più dove, lessi che mettere i propri figli in punizione è, dal punto di vista educativo, del tutto ininfluente, se non negativo.

I bimbi messi in punizione spesso non sanno neanche perché sono stati messi in punizione e faticano a collegare il gesto colpevole con la punizione che stanno subendo. Inoltre, la punizione (sempre se non ricordo male) diminuisce l'autostima dei bambini.

Personalmente, credo di aver inflitto cinque punizioni ai miei figli in tutta la mia vita.
Per lo più, passo il tempo a minacciare punizioni.
Le punizioni in casa nostra sono del tenore: Non ti faccio giocare con la Wii per tre giorni, ti ritiro il NintendoDS, ti porto via tutti i Lego Harry Potter, ti spengo la TV per una settimana.

Mercoledì è stata appunto giornata di super-punizione, avendo i due pargoli accumulato una serie di urlate sfociate con un sonoro "Siete in punizione, niente TV e Wii per una settimana" dopo che il piccolo aveva fatto lo sgambetto a Piccoletta, facendola ribaltare gambe all'aria contro l'armadio. Nel preciso istante in cui i due angioletti dovevano in teoria essere mitemente seduti a tavoli, mangiando la frutta che la madre stava amorevolmente sbucciando loro.

Le punizioni non sono mai date a caso. In quel caso, andavano a colpire la fonte delle mie più grandi incazzature: perché non c'è come arrivare a casa alle 7 e trovare un figlio davanti alla Tv che gioca alla Wii e che manco ti saluta, e che viene a tavola dopo che l'hai chiamato e minacciato per cinque volte.

Le punizioni sono un grande fallimento, per noi genitori. Io, almeno, lo vivo come tale. E mi chiedo come fare ad insegnare il rispetto delle regole, senza dover strillare per forza.

Peraltro, mi rendo conto dell'irrilevanza delle punizioni.
Mi spegni la TV? Mi guardo un'ora e mezza di cartoni in streaming sul Pc.
Mi togli la Wii? Ricomincio a giocare con il NintendoDS.
Mi togli il Lego? Sto davanti alla TV tutto il giorno.

Sì, decisamente le opzioni sono troppe, e la punizione del tutto irrilevante.
Rimane da capire come fare a farsi ascoltare, senza sgolarsi.

sabato 23 ottobre 2010

Domande di bimbi, e domande di mamme


"Bimbi, domani la mamma è via tutto il giorno per lavoro, quindi..."
"Mamma!"
"Dimmi"
"Ma quand'è che la finisci con 'ste cose?"

Non lo so, amore. A volte non ne posso davvero più - di dover lottare contro il narcisismo, i ricatti, la precarietà, le cose che non condivido, la fatica di dire che non le condivido anche se so che vale zero, le maldicenze, le invidie, la cattiveria e lo schivar bordate, e di non sapere cosa succederà l'anno prossimo, che è anche quello che ti dico quando mi vedi andar via, vedrai che l'anno prossimo la mamma starà a casa molto di più. A volte sono contenta - di poter dire quello che voglio, di vedere progetti con le gambe, di conoscere persone nuove e spesso interessanti. A volte penso solo che devo, e non ci sono alternative. Quindi, tanto vale.

Quando sarai grande, capirai. O almeno spero.


Sul treno è tutto nero, e grigio, tantissimi notebook, pochi giornali, nessun libro. Pochi tacchi, donne o molto più giovani o molto più grandi di me.

Milano-Bologna
"Signore e signori, benvenuti sul Frecciarossa bzzzz bbbbbrrr bllaaaaaa.... Un'iniziativa dedicata a tutte le donne sul sito www.bzzzztzitalia.it"

Bologna-Firenze
"Per tutti i gentili signori in omaggio da parte di Borselli e Gioielli la nuova fragranza Man"

Una ragazzina bionda passa per il corridoio con una borsa di plastica azzurra ricolma di campioncini di profumo, li appoggia con cautela sui tavolini dei miei due vicini, mi guarda con esitazione mentre io continuo a fissare lo schermo del pc se ne va, camminando sulle punte come se non dovesse far rumore.

Ho ripensato alla domanda di mio figlio.
E a quante (poche) mamme lavorano. E se lavorano, quante (poche) mamme viaggiano per lavoro, con quello che tutto questo significa in termini di responsabilità e investimento sul loro percorso professionale. Che per le donne si promuovono iniziative sul Web e per gli uomini sul treno.

Ecco, sarò io che son fissata. Ma l'ho trovato un po' discriminante.

Ed ecco la mia domanda di mamma: era meglio che mi desse il campioncino di Man, o che infilassero nella borsa anche qualche fragranza di Woman, casomai ci fossero signore da omaggiare (evento chiaramente considerato talmente improbabile da non meritare neanche attenzione)? Delle due, ad ogni buon conto, almeno una.

E non venitemi a raccontare che è colpa della ragazza con i capelli biondi.

venerdì 15 ottobre 2010

Appunti sparsi, quasi un diario


Muoversi a Milano in macchina: c'è da diventare pazzi.
Ecco spiegato perché il mondo è pieno di pazzi.

Arriva il teleriscaldamento.
Peccato che ci siano già anche i lavori per il parcheggio sotterraneo, quelli per le strisce blu, per il trasloco del quarto piano.
Non ci facciamo mancare mai niente.

Camminando per strada, mi sono accorta di essere diventata il target di riferimento dei sessantenni.
Il che implica che l'Ing. va in giro a guardare le ventenni.
Per fortuna in questo periodo è con le stampelle, immobilizzato e a casa.

Ho capito cosa manca davvero alle donne per far carriera: il narcisismo. 
Infatti Narciso era un uomo, se ci pensate bene.
Ma su questa cosa sarà necessario tornare con calma.

Insomma, anche questa settimana non è passata invano.

martedì 12 ottobre 2010

Stop, Stay and Smile (le tre S di me stessa medesima, post fancazzista per ritrovare il sorriso)


Avrei potuto scrivere un post lugubre sulla reputazione dell'Italia all'estero (si sarebbe intitolato "L'ultima volta che sono stata fiera di essere italiana").

Avrei potuto scrivere un post molto più pensato sulla questione di genere, di cui Genitoricrescono si sta occupando in questo mese.

Avrei infine potuto sbrodolare lungamente su quanto è difficile essere donna a questo mondo, su quanto è difficile stare al mondo tout court, su quanto è difficile continuare ad essere civili con certi pediatri, su quanto è difficile vivere in una città in cui decidono che tre cantieri sotto casa, in fondo, non fanno la differenza per parcheggiare la macchina.

Invece, per fortuna vostra, mi è stato assegnato un HappyPremio da MammaMoglieDonna, che ringrazio DAVVERO TANTO :)  per avermi costretto a guardare le cose da un'angolatura diversa. Dato che il periodo, come si può intuire, non è dei migliori, in questo premio tenterò di rispolvererare la mia migliore fancazzitudine, non aspettatevi niente di serio. Poi, un bel dì, scriverò un post serissimo sulla doppia personalità delle blogger.

Quindi, vi scriverò le 10 cose che, spremendo quel che rimane delle mie meningi, mi piacciono di più.

  1. Leggere un libro sotto il piumone mentre fuori piove
  2. Prendere il sole in faccia senza pensare alle rughe che avanzano
  3. Leggere un libro al Piccolo Ing. accoccolato con la testa sulla mia spalla
  4. Fare shopping con Piccoletta
  5. Fare un regalo piccolo, inaspettato e azzeccato
  6. Fare un regalo grande ad una persona a cui voglio bene
  7. Ridere con l'Ing.
  8. Appassionarmi ad un nuovo progetto
  9. Guardare e ascoltare i miei figli mentre giocano
  10. Guardare un film tutti insieme sul divano di casa

E rilancio il premio a:



Tutte blogger che mi rendono molto Happy (insieme a molte altre, of course, alle quali il premio arriverà di certo molto presto!)


martedì 5 ottobre 2010

Un giorno. Noi che avevamo vent'anni negli Anni Novanta (Reloaded)

C'è un libro, che ho letto quest'estate (e sembra un secolo fa), del quale non riesco a scrivere, perché nessuna parola mi sembra appropriata.

Un commento molto figo potrebbe essere:
Una storia d'amore scritta dal miglior allievo di Nick Hornby

E' vero, Un giorno di David Nicholls è una bella storia d'amore. Ma i sentimenti e i pensieri che ho lasciato attaccati a quelle pagine non sono solo quelli di una storia d'amore, sono quelli di una generazione intera, la nostra.

Em e Dex si conoscono alla festa di laurea. E' un amore di un attimo, ma il libro dura vent'anni (e non vi posso raccontare come)

Lui le posò una mano leggera sulla nuca e nello stesso istante lei gli appoggiò una mano leggera sul fianco, e si baciarono lì per strada in mezzo alla gente che correva a casa nella luce estiva, il bacio più dolce che avrebbero mai provato nella loro vita. Ecco dove inizia tutto. Tutto parte da qui, oggi. E poi finì.


Cento anni fa (ma anche cinquanta) la storia sarebbe stata così: lui e lei si incontrano, si innamorano, ma lei deve sposare un altro/lui deve partire per la guerra. E quindi lei si oppone alle convenzioni/ma lui si ammala e muore, oppure lei si sposa/lui parte/lei rimane vedova/lui ritorna dalle Indie/lei e lui si sposano. Madame Bovary, per dire, non è mica stato un best-seller per niente.

E in fondo anche le nostre madri, e forse un po' noi, siamo cresciute a questa scuola di letteratura romantica. Invece qui no.

Ma il bello è che Em e Dex, i protagonisti del libro che a Milano sarebbero stati Lollo e Mati, anzi lollo e mati perché questi che avevano vent'anni negli anni novanta scrivono tutto minuscolo, siamo un po' tutti noi. Che oggi ci sbirciamo nello specchio e contiamo le rughe e, non importa se abbiamo alle spalle dieci fidanzati o tre figli, ma ci stupiamo, in fondo, di essere qui. Di come è andata, di come poteva andare, delle cose che non abbiamo mai iniziato e di quelle che abbiamo finito.

Ma, e non importa se abbiamo avuto cento fidanzati o cinque figli, se siamo scappati lontano oppure se la nostra vita appare solida e nitida, non rinunciamo alla possibilità di cambiare, e spesso non lo chiediamo neanche noi, di cambiare. E' che ci capita, e noi lo lasciamo capitare, e non è un fattuale, è un esistenziale. E' l'esistenziale del Carpe Diem (chi a 17 anni non si prese una cotta per Robert Sean Leonard ne L'attimo fuggente per poi ritrovarselo nel 2010 a fare da spalla a Dr. House?) e del Vivi ogni giorno come se fosse l'ultimo: ma nessuno ci ha mai spiegato che non tutti gli attimi sono uguali, e così ogni tanto ci siamo incasinati, e ci incasiniamo ancora.

Siamo un po' quelli della generazione del Non è tempo per noi, e raramente canzone fu più azzeccata: eterni adolescenti? Mah, forse. Ma forse è solo un po' più sottile, la differenza.

Tempo fa lessi L'Italia non è un Paese per giovani, nel quale l'autore, Alessandro Rosina, lancia un'accusa molto pesante nei confronti dei trentenni/quarantenni di oggi, ritenendoli una "generazione persa", una generazione che in fondo non ha concluso nulla: non ha fatto rivoluzioni (ci credo, ci hanno rotto le palle con il Sessantotto da quando avevamo sei anni a quando ne abbiamo compiuti 35), non hanno saputo conquistarsi posizioni di prestigio o di potere (è vero, siam sempre qui ad aspettare che ci dicano: "Prego, avanti, tocca a lei") sono completamente assenti dalla politica (vedi sopra alla voce Sessantotto, temo).

Beh, non è piacevole sentirsi bollati come perdenti, anche se questa (forse) sarà una verità storica. Ma avere una laurea in filosofia medievale serve anche a questo: a relativizzare le definizioni storiche. Il Medioevo è stato bollato per secoli come epoca "oscura e tenebrosa", e invece è stata un'epoca ricca e feconda, dal punto di vista intellettuale e artistico. Basta guardare La Spada nella Roccia, per rendersene conto.

D'altronde, anche leggendo Un giorno, mi sono resa conto di come siamo una generazione che ha dovuto affrontare (con superficialità, con leggerezza, con un profondo disincanto ma anche con molta fatica) un nuovo modo (dentro e fuori) di stare al mondo (e, per favore, non veniteci a raccontare che "anche noi del Sessantotto...").

Ma noi potremmo definirici la generazione di mezzo. Quelli che vi hanno portato fin qui, signori.

La salvezza del mondo verrà (come sostiene Rosina e i demografi e sondaggisti Oltreoceano) dalla Millenium Generation, da quelli che hanno vent'anni nel 2010 e che hanno votato Obama? Non lo so.

Bisognerebbe chiederlo ai menestrelli di oggi, dato che quelli di vent'anni fa ci avevano azzeccato.
Per ora, i miei figli ascoltano solo Jovanotti, anche "Mamma, quel disco del Millenovecento..."