martedì 29 giugno 2010

Di libertà, e responsabilità


La prima a darmi la notizia, questa mattina di ritorno dal tour di accompagnamento figli, non poteva che essere laMarisa: "Ha sentito, signora...?"

Ho capito al volo.

Poi ho letto qua e là, soprattutto questo post di Blimunda.

La mia mente è andata ad una conversazione tra coppie di genitori di cinquenni, fatta proprio poco tempo fa, una sera a cena.

Lui ci racconta di quando si lanciava con il paracadute.
Dell'adrenalina, delle sensazioni, dell'abbassare sempre un po' il limite, dell'aprire il paracadute sempre un po' dopo.

Lei ci racconta che lo ha accompagnato un paio di volte.
Che ogni tanto arrivava, lontana, la notizia di qualcuno che era finito su un albero, un cancello, in un torrente.
Che dopo un po', lei gli ha detto: "O me, o il paracadute".

Lui ha scelto lei.

Ecco, non credo sia questione di moralismo.
Credo sia questione di libertà, e soprattutto di responsabilità.

Non ho una risposta, o una teoria, perché la nostra responsabilità ce la giochiamo ogni giorno, nello sguardo dei nostri figli.

Mio figlio mi insegna


Il piccolo Ing. è stato spedito, senza troppi complimenti, all'oratorio estivo: costi contenuti, solido modello educativo con adolescenti che fanno del volontariato, ritmi sfiancanti, canzoni, solida educazione intergenerazionale 6-13 anni.

Mamma ci è passata, per l'oratorio estivo che al paesello portava il fantasmagorico nome di Città dei Ragazzi, per cui anche piccolo Ing., che al mare con i nonni non ci vuole stare, si gode la canicola milanese insieme ad altri 100 e più marmocchi, insieme ad un suo compagno di classe e (udite, udite) per questa settimana anche insieme a compagna-occhi-di-cerbiatta, di cui piccolo Ing. è segretamente innamorato (senza, chiaramente, essere corrisposto giacché piccolo Ing. si guarda bene dal fare il cascamorto con occhi-di-cerbiatta, essendo un bimbo molto timido e sostanzialmente incapace, ma di questo ci preoccuperemo tra qualche anno).

Oggi sono andata a prenderlo e stavano ballando in cerchio, cantando una canzone tipo "Tacco, punta, tacco", gira, volta e hop! Sono rimasta molto stupita, perché vedere piccolo Ing. ballare è cosa quantomeno insolita.

"Topo, sei bravo a ballare, complimenti!"
"Sai come faccio, mamma? Guardo quelli bravi"

...
...

"Beh, è così che hanno imparato tutti quelli super bravi, sai? Hanno imparato dai più bravi, e poi li hanno superati in bravura. E' una gran cosa, imparare da quelli bravi".

Ammazza quante cose mi insegna, mio figlio.

venerdì 25 giugno 2010

Di Brain Drain e ipocrisia italica


Cavolo.
Mi ero ripromessa di non scriverlo.
A posteriori, soprattutto, quando milioni e milioni di italiani hanno ormai sparso fiumi di inchiostro telematico sull'argomento.

C'era una volta un allenatore.
Era un allenatore molto bravo, e anche piuttosto giovane.
Dopo aver vinto molto, con un club, gli fu proposto un posto in Nazionale.
Non nella sua Nazionale, perché lì non c'era posto: c'erano molti altri allenatori, più vecchi di lui, soprattutto c'era il Gran Decano degli Allenatori, per cui nisba.

L'allenatore, allora, fu chiamato ad allenare un'altra Nazionale, lassù a Nord: perché in Italia era considerato troppo giovane, ma all'estero no.

E quindi l'allenatore partì, e andò ad allenare una Nazionale un po' ammaccata. L'allenatore, come tutti gli italiani competenti all'estero ma non in Patria, si conquistò subito la stima di colleghi ed esperti del settore.

Ora la sua Nazionale è competente, quella italica pare di no, e i quotidiani italiani parlano di "tragedia nazionale".

Sostituite la parola allenatore a ricercatore, e vedete che il dicorso non fa una grinza.


martedì 22 giugno 2010

Uomini e Donne (a 4 anni)


Piccoletta, in quest'ultimo periodo, ha la passione per le trecce: treccine, trecce, treccia alla francese.

Piccoletta, quest'anno, è succube del fascino del Piacione della classe: boccoli biondi, grandi occhioni castani, nasino a patata, chiede baci e bacini alle sue predilette (chiaramente, più d'una). Piccoletta e Amica si scannano per ottenere le grazie di Piacione: Amica fa sceneggiate e azioni di forza, Piccoletta lavora nel silenzio e dietro le quinte, favorita da oggettive congiunture astrali (Piacione ha due fratelli della stessa età del Piccolo Ing., dunque accade che Piccoletta e Piacione si ritrovino clandestinamente a qualche festa di bimbi più grandi).

Ieri mattina le ho fatto una piccola treccia su un lato, che lei ha portato orgogliosamente a scuola e ai giardini fino a sera.

A sera l'Ing., osservandola, le chiede:
"Ti hanno detto qualcosa per la treccia?"

"L'ho fatta vedere a Piacione", risponde lei, "Gli ho chiesto: 'Noti qualcosa di diverso?'"

"E lui cosa ti ha risposto?"

"Mi ha risposto: 'No! Cosa c'è di diverso?'"

Piccoletta, hai già capito come funziona.

sabato 19 giugno 2010

Com'è finita


E' finita che ho il gomito bendato, non rotto ma solo dolorante. L'ortopedico mi ha rifilato per 15 giorna una schiuma per capelli dal nome esotico, Artrosilene, da spalmare sul gomito. Le controindiaìcazioni dicono: non esporsi al sole per le seguenti tre settimane. Insomma, forse per il 20 Agosto potrei tentare di prendere un po' di sole.

In questa mia frequentazione intensiva della Grande Sanità Lombarda non ho potuto fare a meno di notare la quantità stupefacente di anziani che popola gli ospedali italiani.

Oggi ero ad un convegno in cui si diceva che nel nostro Paese il 61% della Spesa Sociale va in pensioni. E non hanno citato i costi della vecchiaia italica sulla sanità.

Chiudo gli occhi, e provo ad immaginare: se tutti questi anziani si trasformassero in bambini...

lunedì 14 giugno 2010

Non entrate in quel Pronto Soccorso


Ho capito perché le mamme non si mettono mai i tacchi: perché se ti piomba addosso improvvisamente una quattrenne che decide di lanciarsi dal muretto su di te, in un impeto di amore filiale, e tu indossi un paio di scarpe platform e tacco 10, non hai speranze.

E dato che l'istinto materno resiste pervicacemente anche su platform e tacco 10, nei due secondi di caduta pensi solo a proteggere l'infausta pargola dal pericolo, e quindi tenti un avvitamento carpiato, atterrando sul gomito e sul ginocchio. Ringrazi il cielo di non esserti rotta una caviglia, è vero. Ma ti ritrovi con un gomito dolorante. Per non parlare del fatto che vai in bagno a ripulirti e svieni come una pera cotta.

Gomito rotto? Mah, non sembra.

Il giorno seguente decidi dunque d'andare dalla Grande Ignava, la medica condotta. Tu NON vuoi andare al Pronto Soccorso. Ma con l'Ignava non c'è scampo: "Vada al Pronto Soccorso, così sistema tutto in una volta sola".

E quindi, vai al Pronto Soccorso del Grande Ospedale delle Ossa Rotte, che quello vicino a casa assiste unicamente infanti e puerpere, e di un gomito forse-rotto non se ne fanno proprio un bel niente.

All'orrendo Pronto Soccorso delle Ossa Rotte non si capisce neanche quale sia l'ingresso (forse perché davanti all'ingresso sono piazzati due cartelli luminosi di divieto d'accesso?): tutto ciò non è molto accogliente, né tanto meno bene augurante.

C'è un tendone rosso che non è un chiringuito, ma il luogo dove possono sostare le autoambulanze. C'è un ingressino minuscolo, una minuscola sala d'aspetto, una minuscola accettazione: avendolo appena risistemato, hanno chiaramente optato per una scelta minimal. Logico, no, per essere l'Ospedale delle Ossa Rotte più facilmente raggiungibile in città?

Dopo più di mezz'ora passo all'accettazione.
Dopo tre ore dall'accettazione sono ancora accasciata sulla sedia, senza che nessuno si sia degnato di dirmi nulla. Il mio gomito non è stato decretato urgente, quindi davanti a me passano stuoli di zoppi, padri di famiglia con l'anulare insaccato che non vogliono togliersi la fede e allora come si fa, poveri bimbi con fratture più o meno evidenti, una marea di vecchietti che tentano, con più o meno successo, di svenire nella saletta minimal dell'accettazione per passare davanti ai bambini.

Alle 17:35 io e un compagno di sventure (le ultime ruote del carro, giacché abbiamo un età compresa tra i 12 e 55 anni e non sveniamo né zoppichiamo) chiediamo notizie. Al mio compagno di sventura (un personaggio che viaggia con in mano un libro Come diventare filmaker, al confronto il mio tomo in francese su famiglia e lavoro fa ridere i polli) dicono che deve aspettare almeno 5 ore. Decidiamo per la fuga, lamentandoci sonoramente con gli astanti che ancora devono fare l'accettazione. "E' una cosa assolutamente indegna!", "Che mancanza di organizzazione" "Ma che ci mandino in un altro Pronto Soccorso, se non sono in grado!!", "Ditemi voi se il PS delle Ossa Rotte ha una sola sala per le radiografie!!!".

Inizia il compagno di merende
"Come si chiama?"
"Antonio San Gennaro"
"Ah, ma è parente del dott. San Gennaro?"
"Ma secondo lei se io fossi stato parente del dott. San Gennaro, stavo ad aspettare 4 ore senza concludere niente?"
"Ah, ma forse lei sta insinuando che i parenti dei medici passano prima?"

Ci manca solo la querelle parentale nella Sanità Italiana, mi intrometto all'istante: "Ma no, ma no, era una cattiveria del tutto gratuita... Posso firmare anch'io per andarmene?"

Intanto con Antonio San Gennaro commentiamo sottovoce: "Siiiii come se non sapessimo come funzionano gli ospedali"

"Come si chiama?"
"Lorenza La Sventurata"
"Ah, eccola. Allora abbandona?"
Ma che, stavamo giocando a poker?
"Sì, me ne vado"
Voglio andare a casa dai miei figli, ecco cosa voglio.
Osservo che digita qualcosa sullo schermo. Mi avvicino per leggere: La paziente decide di andare via
L'infermiere mi guarda con sguardo di sfida: "Va bene?"
"Mah, sì, più o meno. Buongiorno"

La paziente se ne va con gomito dolorante, esasperata e senza aver visto un medico in quasi 4 ore di attesa. Dato che la paziente reputa avere cose migliori da fare, tra le quali stare con i propri figli. E dato che la paziente reputa vergognoso che i pazienti vengano lasciati pomeriggi interi in sala d'attesa, attendendo chissà che.

Se poi il gomito è rotto, lo scopriremo solo vivendo, ma non grazie all'Ospedale delle Ossa Rotte. Diffidatene.

venerdì 4 giugno 2010

Sbrodolamenti pre-weekend (di scuola e di una mamma incavolata)


Ho letto il post di Jolanda, dopo la sua riunione a scuola. Stavo per scrivere un commento così lungo, che alla fine ho iniziato a scrivere qui.

E' fine Maggio, e alla scuola di mio figlio organizzano a sorpresa una riunione per decidere delle sorti del modulo: i genitori chiedono di partecipare alla riunione, ma non viene loro permesso di entrare. Mio figlio frequenta un modulo "mite": esce alle 13 due soli giorni alla settimana, martedì e venerdì. Se poi consideriamo che il venerdì è pre-festivo (un cavallo di battaglia della mia pediatra) i pomeriggi da rimpallare sono, alla fine, uno. Peraltro devo essere sincera: lui è sempre stato molto contento di avere questo pomeriggio off e per me era una soluzione sostenibile, ma al pelo: non meno scuola di così.

Ai detrattori del tempo pieno (pochi, per la verità) rispondo con una frase fatta: i tempi sono cambiati. Ai nostri vecchi tempi le madri non lavoravano, c'erano uno stuolo di nonni, zie e soprattutto di BAMBINI. Oggi, in Italia soprattutto, i bimbi sono pochi e, in genere, malvoluti e fastidiosi: urlano, corrono, giocano al pallone. In aree a loro riservate, parchi con recinzioni tipo zoo, perché nei cortili non si può più giocare. Consegnare un bimbo ai pomeriggi a casa vuol dire anche consegnarlo alla solitudine, alla Wii e alla noia. Con genitori troppo indaffarati e troppo soli.

A Dicembre genitori e preside si sono coalizzati chiedendo alle insegnanti di mantenere lo stesso orario per il modulo, e sembrava ce l'avessimo fatta. Poi sono arrivati i tagli di Maggio, ed è stata Caporetto. Cosa succederà, però, lo scopriremo a Settembre

Io guardo la preside, guardo gli insegnanti ed è avvilente. E' avvilente perché non c'è nessuna possibilità di alleanza: i genitori senza parole e senza idee, e le insegnanti trinceate dietro chili di burocrazia e contratti collettivi e altre cose che a molti di noi sembrano l'IperUranio, si chiamano diritti sindacali.

Guardo questo Paese vecchio che sta sistematicamente distruggendo la possibilità di fare futuro di un'intera generazione, per salvare i diritti degli insider, di quelli che hanno una pensione, un posto fisso, una poltrona da difendere con i denti. Guardo noi, che non sappiamo come fare per riprenderci i nostri diritti, e che in fondo non pensiamo che queste cose ci spettino di diritto, ma che siano dei "favori". Guardo una città in cui le manifestazioni non sono più autorizzate, in cui i genitori vengono sistematicamente sbeffeggiati, in cui mi capita di sentir dire: "Beh, sai, MIO figlio.."

Guardo la scuola italiana e mi chiedo perché accanirsi sull'unico pezzo di scuola che funziona, e non sono io a dirlo, sono le statistiche internazionali: gli alunni italiani delle scuole elementari hanno punteggi altissimi. E' dalle medie in poi, che è lo sfacelo. Però continuano a sbucar fuori Università: a Sesto San Giovanni, a Camerino, a Canicattì, a Salacippa. Quanto costa un'Università? Tanto, troppo. Abbiamo un tasso di abbandono scolastico pauroso, insegnanti reclutati come si reclutavano gli spazzini, quando c'erano, e che passano il tempo a lamentarsi, professori ottuagenari il cui solo mantra è: Après moi, le déluge.

Se genitori ed insegnanti riuscissero a mettersi intorno ad un tavolo e a cercare una soluzione, volete non trovarla? Volete che i genitori non sborsino soldi per permettere ai propri figli di seguire un corso di informatica durante l'orario scolastico, o un corso di teatro, o di musica, o una di quelle materie che ora non potranno più fare, durante l'orario scolastico e dentro la scuola, tutti insieme come classe? Non si può, ma non si può neanche proporre, una cosa del genere. Pura follia.

Dove sono le associazioni dei genitori? Quelle che organizzano le feste, ricchi premi e cotillions, combattono per la parità scolastica.... E poi?

E infine, ultima domanda: dov'è il nostro Ministro dell'Istruzione? Nella sua dorata alcova ministeriale, a godersi quale privilegio, giacché quello della maternità lei, poveretta, non può goderselo?