giovedì 30 luglio 2009

Appello condominiale


Presenti:
  • NOI, l'ingegnere invisibile e la pazza che dipinge gli infissi;

  • LA VECCHINA MORIBONDA, vedova di un generale dell'Esercito, accudita dalla badante e dagli infiniti sospiri della Marisa, la portinaia;

  • LA GATTARA, inamovibile con i suoi 20 gatti (avvistato l'arrivo delle ultime casse di cibo, oggi);

  • LA FAMIGLIA NUOVA, ho sentito voci di bambini mentre imprecavo sul balcone;

  • IL GRAN TROMBATORE, avvistata una delle sue conquiste mentre rientravo, ieri pomeriggio. Commento della Marisa: Ecco una delle misssss che si fa il sig. Trombini;

  • LO STUDENTE SPORCACCIONE, aveva una fidanzata che girava invariabilmente nuda per casa. La fidanzata: missing.


Assenti:
  • LA FAMIGLIA CATTOLICA, in montagna dal 15 giugno. Copie dell'Avvenire e di Famiglia Cristiana giacciono nella casella della posta.

  • LA SCIANTOSA DEL QUARTO PIANO e figli, chiaramente una sciantosa non rimane a Milano in queste condizioni. In compenso il marito è stato avvistato con completini running davvero imbarazzanti;

  • GLI OLD-MONEY DEL PRIMO PIANO, Old nel senso di vecchi e Money nel senso che sono ricchi;

  • IL RAGIONERE ALPINISTA e consorte;

  • IL MIO MITO e figli, una che ha sbattuto fuori di casa un orrendo marito che le faceva le corna (beccato in macchina a parlare al cellulare svariate volte). Il marito è stato prontamente rimpiazzato con un allevatore di cani (presumiamo, visto che sono comparsi 5 cani tutti d'un botto);

  • L'ARTISTA IMMORTALE con consorte e figli, tutti chiaramente fuori città a cercare l'ispirazione;

  • LA COPPIA RADICAL-CHIC, giovanissimi e con un incantevole terrazzo. Saranno a Formentera, o a Goa.


Nel nostro palazzo non si va al di là del BuonGiorno e BuonaSera. Ma, in un modo molto milanese, ci vogliamo bene lo stesso.

martedì 28 luglio 2009

Alice nel Paese del Bricolage


Alice cominciava ad essere veramente stufa di quella cameretta ingombra di giochi. Una o due volte aveva provato a immaginare come sarebbe stata, altrimenti. «Che me ne faccio ormai di una cameretta per i bambini senza scrivania?» pensava Alice.

Ma oltre alla scrivania da aggiungere, alla cassettiera-fasciatoio da togliere, al garage delle macchinine e alla cucina da mettere via, alle mensole da cambiare, alla parete vicino alla finestra da sistemare, al nastro decorativo da togliere sa il cielo come, c'erano gli orrendi infissi a cui pensare.

A dire la verità non era possibile pensare molto, perché gli infissi avrebbero dovuto essere cambiati, e Alice si sentiva tutta perplessa: adesso si stava domandando se valesse la pena cambiarli, o semplicemente cercare di sistemarli alla bell'e meglio, quando ecco che improvvisamente le passò proprio davanti un Coniglio del Bricolage con gli occhi rosa. La cosa non sembrò tanto strana, ad Alice.

Pensò che con tre giorni di lavoro avrebbe rimesso a nuovo la cameretta. Un istante dopo Alice si infilava al Castorama dietro di lui: non le venne neanche in mente di chiedersi come avrebbe fatto poi ad uscire da quel posto.

Appena entrata da Castorama, Alice si trasformò in un essere piccolo piccolo: osservava con meraviglia latte, barattoli, viti, stucchi di ogni tipo, pannelli in prosalacippalene per isolare, fogli di sughero a volontà, lana di roccia che le sembrava davvero troppo. Caricò tutto quanto in macchina, e felice si diresse verso casa.

La mattina seguente, Alice si mise al lavoro di buzzo buono. Il Coniglio del Bricolage le aveva assicurato che, ad isolare il cassettone della tapparella, ci si metteva un'ora. Iniziò a prendere le misure, cercò taglierino e seghetto, si mise a tagliare e ad incollare con la colla millechiodi su cemento e legno. Stese i foglio di sughero, tagliò e incollò. Guardò dubbiosa gli spifferi rimasti e pensò che forse avrebbe dovuto prendere anche la lana di roccia. Sospirando, prese lo stucco per vetri, e iniziò a sistemare la finestra. Aprì il pacchetto della carta vetrata per ferro, e la passò sul termosifone, chiedendosi come avrebbe fatto, poi, a togliere tutta la polvere che cadeva dietro il termosifone. Infine, prese il tubetto del silicone e cerò di tappare gli spifferi sotto la finestra. Si chiese se non fosse il caso di fissare anche lo zoccolino, ma poi decise di lasciare perdere.

Cercò di difendersi dalla colla millechiodi, dal silicone e dallo stucco per vetri che si erano incollate alle mani, in strati multipli, e dalla polvere che si era infilata sotto le unghie. Capì che probabilmente doveva tornare al Castorama, ad acquistare lo smalto bianco e grigio per le finestre e le porte, mentre tutte le latte le cadevano addosso dagli scaffali... e si risvegliò seduta al computer: mentre lei acquistava online la scrivania dell'Ikea che le avrebbero portato a casa e montato, un imbianchino nella stanza accanto stava dipingendo la finestra e le aveva lasciato il campione dei colori da mettere alle pareti.

«Oh, che strano sogno ho fatto!» mormorò Alice.

lunedì 27 luglio 2009

Le tre P: poppe, pubblicità, progresso


Ne hanno parlato in tante, da Il corpo delle donne in poi. Oggi ho trovato questa, e sono rimasta letteralmente senza parole, con un'espressione ebete a chiedermi se fosse una pubblicità vera. Probabilmente è un po' vecchiotta, ma comunque sì, è una pubblicità-progresso.


giovedì 23 luglio 2009

Milano, 2009: c'è vita, intorno a noi


In questa bella estate, di sera capita di sentire i grilli cantare. Se lasci le finestre aperte sul cortile della scuola accanto, con i grandi alberi dalle chiome frondose, o quando sei per la strada, ora silenziosa e deserta, senti il loro canto.

E' rumore di pineta e di sere d'estate al mare, in una città che appare improvvisamente ancora più bella, con le sue notti calde e chiare.

In questa bella estate, passando davanti al Parco Sempione in macchina, alle quattro di pomeriggio, capita di sentire anche le cicale: il rumore dei pomeriggi assolati e dei campi gialli delle estati al Sud.

Sono rumori strani e insoliti.
Che però riempiono il cuore di speranza.
E non ditemi che ho i grilli per la testa

lunedì 20 luglio 2009

Ciao bimbi, fate i bravi


Ultima spiaggia, sotto un sole accecante:
"Ma loro ci stanno, con i nonni?" mi chiede mamma-di-due.
"Ehm... beh... Sì, ecco... Sai, in fondo a Milano si annoiano da morire, ormai tutti i loro amici sono partiti, per cui sicuramente qui si divertono di più", tento una risposta almeno un po' veritiera e molto diplomatica, mentre l'amica di casa-loro origlia, facendo finta di prendere il sole sul lettino lì di fianco.

Interno sera, 21:30. Dopo aver controllato con la webcam la situazione, l'ingegnere decide che si può partire: l'autostrada sembra incredibilmente vuota. I bambini ci accompagnano alla macchina per i saluti, il piccolo ingegnere ributta indietro qualche lacrima, la piccoletta mi bacia e abbraccia.

Ciao bimbi, fate i bravi.

Saliamo in macchina, accendiamo la radio: in autostrada c'è coda ovunque.
Ma... E la webcam?

Per fortuna, prima di ritrovarci imbottigliati senza scampo, scendendo verso l'ingresso dell'autostrada, osserviamo la situazione dall'alto: una striscia interminabile, e immobile, di lucine rosse. Un serpentone che lascia ben poche speranze. L'ingegnere decide che si torna indietro.

"Sei sicuro che non vuoi partire domani mattina?", domanda ripetuta almeno dieci volte.
"No", risposta ripetuta, con vari corollari, altrettante volte.
"Ora vedi tua madre come si incavola".

Che per me significa: ora ritorniamo e vedi poi che scene fanno i tuoi figli, che abbiamo già passato quasi incolumi lo strazio dei saluti, e adesso siam di nuovo lì e ricominciamo tutto daccapo. In più, sono stanchi stravolti.

"Cucù!!"
"Siamo ancora qui!!"
I nani stanno guardando la TV. Dopo un po' spegniamo, giochiamo con i Lego, pigiama, denti. Ed è allora che il piccolo ingegnere scoppia in un pianto dirotto, a singhiozzi.
"Ma tu a Milano me l'avevi promesso!!"
"Cosa?!?"
"Che poi .... (tira su con il naso) non sentivo (singulto) la nostalgia..."
"Ma amore, mi hai detto tu a Milano che volevi venire, poi pensa in spiaggia come ti diverti... Allora facciamo così: che ogni volta che senti la nostalgia della mamma disegni un cuore sul tuo diario, ok?"
"No, ti chiamo con il cellulare dei nonni"

Ok, io sono sempre la solita romanticona ottocentesca.

Poi, tra un "calmati" e un "vedrai", l'illuminazione: "Guarda che anche tu mi mancherai un sacco, cosa credi?". A quel puntoil piccolo ingegnere si calma, almeno un po'.

La piccoletta, che dal canto suo strillava "Voglio anch'io i capelli della mamma!!!!" a quel punto capisce la manfrina e attacca con un irresistibile:
"Mamma, sento già la tua mancanza!!!!".

Abbiamo perso il controllo della situazione. Tentiamo di farli addormentare, ma in queste condizioni è un'impresa disperata, fino a quando decido che allora partiamo. Il nonno capisce, spegne la TV e arriva a controllare la situazione.

Ore 22:39. Ci salutiamo di nuovo, chiudono la porta dietro i loro mille "Ciao!" e ce ne andiamo. Verso la macchina:
"Te l'avevo detto, che sarebbe finita così!!"
"Ma quando?!? Non mi hai detto proprio niente!!"
Tento una difesa disperata, e intanto mi rendo conto che sì, forse un "tua madre si incazza" non era proprio un messaggio trasparente.

Ore 2. Siamo a Milano, mi trascino verso il letto (nonostante abbia dormito per buona parte del viaggio). L'ingegnere tira su la tapparella e va a controllare le sue piante. Nella stanza accanto, nessun bimbo da andare a controlare.

A colazione leggo il manuale del genitore autorevole, alla ricerca di una qualche risposta. Vero che questo strazio è normale e, in fondo, sano, e che non dura più di una mezz'ora prima di addormentarsi, e che stare al mare con i nonni per qualche giorno può solo essere una bella esperienza, per due bambini? Non ho trovato risposta.

lunedì 13 luglio 2009

Il papà di Giovanna: post spoiler (ma aiutatemi a capire)


In questo bel weekend romagnolo ho letto un romanzo che mi ha molto affascinato e mi ha coinvolto emotivamente: Il papà di Giovanna, di Pupi Avati, una sorta di sceneggiatura dell'omonimo film che, a questo punto, voglio assolutamente vedere!

1938. Michele Casali è professore di disegno in un liceo classico bolognese, Giovanna è la sua figlia un po' strana, Delia la moglie che non lo ama. Giovanna uccide Marcella, esponente di una delle famiglie più nobili e benestanti della città, per gelosia. Per salvarla dal carcere, le danno l'infermità mentale (e in effetti, molto lucida non appare). Viene così rinchiusa nel manicomio di Reggio Emilia, da dove uscirà solo alla fine della guerra.

A questo punto inizia un sottile gioco di specchi e rimandi: il padre ha nutrito ambizioni esagerate nei confronti della figlia, illudendola di essere come tutte le altre? Sì, indubbiamente. Ma si scopre che la causa della nevrosi della ragazza è la madre, bellissima e non-accudente, innamorata del vicino di casa (nonché amico di Michele, testimone di nozze e padrino della figlia).

... Sempre colpa della mamma, comunque.

Giovanna, come in Shakespeare, è il pazzo che vede e dice la verità nascosta agli occhi e sulle bocche di tutti.

Michele è una figura tragica e ingenua, ma capace di un amore e di una dedizione assoluti nei confronti della figlia, che chiede sempre della madre (mai più vista, da quando è stata rinchiusa nel manicomio). Dalia è una donna incapace di affrontare la figlia malata, alla ricerca perenne di una propria felicità.

1953. Michele e Giovanna, tornati a Bologna, vanno al cinema insieme. All'entrata vedono una donna, in compagnia di un signore molto elegante, inconfutabilmente Delia. Giovanna, a metà del primo tempo, si alza a va a cercare la madre nel palco riservato, da dove viene prontamente allontanata. Mentre sta per andarsene con Michele, Delia li raggiunge. Giovanna le dice (finalmente) che lei non ha bisogno della madre. Le due si sorridono.

Così termina il romanzo, non so come si concluda il film.

Ho terminato la lettura in corsa, con il cuore in gola, e sono rimasta sospesa.
Lì, come una scema, a chiedermi: "... e quindi?"
C'è futuro o non c'è?
C'è guarigione?
C'è una madre, finalmente?

Amo i finali sospesi. Ma questo, davvero, non l'ho capito.

martedì 7 luglio 2009

C'è del buono in Style Piccoli. Di etica, marketing e gabelle



Ieri ho trovato nella casella della posta Style Piccoli.

Cos'è Style (prontuario per chi non legge il Corriere della Sera). Style è un magazine del Corriere, un mensile-maschile di target decisamente alto, direi il più snob della categoria (in confronto GQ sembra roba da carrettieri): in sole 100 paginone patinate, ti dimostra che se non porti al polso un orologio da 20.000 €, non sei nessuno. La prima volta Style uscì come allegato gratuito . La seconda volta era a pagamento, "a libera scelta". La terza, è diventato un supplemento "obbligatorio", a pagamento: se l'ultimo venerdì del mese vuoi comprare il Corriere, ti becchi anche Style - oppure lo paghi e per protesta lo lasci all'edicolante, come mi è capitato di vedere.

Ora c'è Style Piccoli, dedicato ai bimbi e alle loro mamme.


Scarto l'involucro di plastica, e trovo una sagoma per fare una scatolina, un salvadanaio, firmata Tiffany (sì, quello della colazione, ovvero la gioielleria).

C'è anche una letterina d'accompagnamento, in cui si spiega alle mamme che il magazine ha pensato ai bambini dell'Abruzzo e che bisogna insegnare ai nostri bimbi a donare. Per cui: i bimbi che metteranno i loro soldini nella scatolina e la porteranno in uno dei negozi Tiffany di Milano, Roma, Bologna e Firenze il 22 settembre, riceveranno in cambio un quaderno, ovviamente firmato Tiffany&Co. Parola di Diamante (!) D'Alessio, direttore, che conclude la sua letterina così: tutto a fin di bene!

E dunque.
Tu vuoi aiutare i bambini dell'Abruzzo.
Va bene, bravo.
Vuoi insegnare ai bambini l'importanza del donare.
Caspita, don Lorenzo Milani ti fa un baffo.
E cosa fai?
Fai fare ai bambini un salvadanaio. Non di quelli, che ne so, del CESVI, di Medecins Sans Frontières, della Croce Rossa, toh. No, di Tiffany.

Non posso fare a meno di immaginarmi il bimbo, che ha messo le sue monetine nel salvadanaio, entrare da Tiffany con la sua scatolina: teche di cristallo, gioielli, arredi raffinati, atmosfera ovattata, commesse con piega perfetta, trucco leggero e tailleur. Che deposita la sua scatolina da Tiffany.

Cosa imparano davvero, i nostri bambini?
Che è bello aiutare i bambini dell'Abruzzo, questi sconosciuti che nessuno vede mai? O piuttosto che Tiffany è un "bel posto"?

Che so. Potevano organizzare una festa, uno spettacolo, la prima di Harry Potter in cinque città. No. Il salvadanaio da portare in gioielleria.

"Mamma, cos'è?"
"E' un salvadanaio, tesoro, di Tiffany"
"E ci metto i miei soldini?"
"Sì"
"E cos'è Tiffany?"
"E' una gioiellieria, un posto dove fanno gioielli bellissimi".

Mi sono davvero arrabbiata: per l'ipocrisia, per la mancanza di senso della realtà, per l'incompetenza e per la sfacciataggine nell'utilizzare tragedie e buona fede e bambini... per cosa, poi? Per farsi dire "bravi"? Per far vedere che "anche noi c'eravamo", perché, si sa, "non puoi non esserci"? Il gioco vale la candela?

Ma siccome non volevo scrivere un post ingiusto su un giornale senza neanche averlo letto, me lo sono sfogliato da cima a fondo: devo essere sincera, ci sono un sacco di informazioni utili (tipo scuole estive a 160 €, il prezzo più alto registrato finora, indirizzi sui villaggi dove tengono a bada i marmocchi, ristoranti, bei servizi (dico sul serio, ndr) di moda bimbi).

A un certo punto, dopo aver notato un servizio fotografico di Costantino Ruspoli (strano che il fotografo non si chiamasse Giuseppe Brambilla) sulle "Belle famiglie italiane", una cosa che farebbe la felicità di molti ma che a me, di primo acchito, fa venire il latte alle ginocchia, a pagina 32 (guarda un po' di fianco c'è una pubblicità di Tiffany!), ho trovato il pensiero forte che cercavo per salvare questo giornale.
... Le bambine esageratamente attratte dalle paillettes dappertutto, dalle Winx sulle scarpe e da una preadolescenza strappona, dovrebbero studiare a scuola il senso filosofico dello stile di Coco Chanel, che non era né bacchettona né timida né priva di grandi amori contrastati, (...), Coco non si è negata mai nulla tranne la tamarraggine (i grassetti sono miei).

Ecco, c'è del buono in questo giornale, bisogna solo cercarlo.
(E poi salvare gli indirizzi, buttare il tutto, scrivere un post e non pensarci più, se possibile, a parte continuare a chiedersi quale sia il senso filosofico dello stile di Chanel da far studiare alle nostre figlie).


giovedì 2 luglio 2009

La Pura Verità: com'è che siamo arrivati a questo punto


Grazie, grazie davvero, a tutte coloro che mi hanno offerto una casa o una sistemazione, e anche solo un pensiero o un aiuto, dai Navigli in poi.

In questi giorni i bimbi si sono talmente annoiati che hanno acconsentito ad andare dai nonni al mare, per un paio di settimane, senza mamma e papà "tutto il tempo", come dice la piccoletta. Per cui, allo stato attuale delle cose, dobbiamo traghettare questo pietoso mese di luglio fino al 18, sperando tra l'altro che i nonni, ancora ignari, acconsentano all'augusta presenza dei nipotini.

In questi giorni mi sono chiesta "com'è che siamo arrivati a questo punto" (domanda che mi faccio spesso, ultimamente). E la Pura Verità è che sono due mesi che ci giro intorno, semza riuscire a prendere una decisione, ossia: decidere se passare dallo stato di semi-occupata allo stato di disoccupata totale. Due mesi fa (e un mese fa) pensavo che avrei salutato il mio main contractor entro luglio, dedicando i mesi estivi al pargolame, alla causa delle sacre vacanze estive e a quattro settimane sparate di mare con bimbi e nonni.

Immaginavo il discorso della vita, a quando farlo, al peso che mi sarei tolta.

Ed eccomi qui, giovedì sera, con un articolo di 25.000 caratteri da consegnare domani, chiaramente non finito (ma ho l'alibi lavorativo, questa volta). E con un altro pezzo che avevo fatto cadere nel dimenticatoio, e che questa settimana mi è stato richiesto di nuovo.

"Loe, non si può andare avanti così. Stai raschiando il fondo del barile. Il tuo main contractor del piffero ti dà due soldi, ti manda a destra e a manca, senza budget e senza nessuna titolarità, a far da tappabuchi, tu non acquisti nessuna professionalità, perdi un sacco di tempo e un altro lavoro non lo troverai mai, di questo passo. Licenziati. Mal che vada, torni ad insegnare religione"

"Hai ragione, diavoletto"

"Lore, ma tu non vuoi per niente tornare ad insegnare!!! Ti faceva schifo, e poi non sei capace!!! E poi chi ti dice che trovi un altro lavoro?!? Vedi che, anche quest'anno, hai trovato degli agganci per fare altro, e poi magari questa volta fatti furba, aspetta un attimo, aspetta di vedere cosa succede, sai che adesso c'è in ballo questo altro progetto, aspetta almeno fino a settembre, no? E poi, diciamocelo: tu non puoi permetterti il lusso di rimanere disoccupata".

"Hai ragione, angioletto"

E così, eccoci qui.
Ora sapete la Pura Verità.
E sapete anche com'è che una mamma, mediamente, considera l'estate una iattura più o meno fino al ventesimo anno di vita dei propri figli.
Ma forse non sapete che una mamma, a questo punto, aspetta di diventare nonna, per portarsi i nipoti al mare in santissima pace.